BLOG DI BRUNO VERGANI

Radiografie appese a un filo, condivisione di un percorso artistico

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Giovedì, 02 Aprile 2015 09:17

L’Aforisma

Sovente l'atto linguistico aforistico tenta di eludere la fallacia senza passare dalla gattabuia del logicismo. Talvolta ci riesce.

Pubblicato in Pensieri Improvvisi
Giovedì, 26 Marzo 2015 09:23

Il cazzotto

Giudicare l’altro invadendo la sua giurisdizione per misurarlo paragonandolo ad un soggettivo, presupposto, prefabbricato, fisso, profilo qualitativo standard, invece di considerarlo con riguardo fluttuando, è mettergli le mani addosso.

Pubblicato in Pensieri Improvvisi
Domenica, 22 Marzo 2015 15:20

Self made man?

Se la compiuta realizzazione individuale dipendesse unicamente dalla personale iniziativa e responsabilità, dati statistici riscontrerebbero pari indice medio di soddisfazione in soggetti nati in Lussemburgo con corporatura statuaria in possesso di paterna eredità milionaria e storpi nati in Liberia da genitori denutriti. Siccome i conti non tornano avvantaggiati e svantaggiati sentenziano che la forza più dirompente e gloriosa è la casualità.

Pubblicato in Pensieri Improvvisi
Martedì, 17 Marzo 2015 08:55

Equidistante posizionamento

«La mia libertà finisce dove comincia la vostra.»

La regola evoca un po’ il funzionamento di nidiate d’istrici e un po’ l’osservanza della distanza di sicurezza variabile tra veicoli in movimento del codice stradale.

Pubblicato in Pensieri Improvvisi
Domenica, 15 Marzo 2015 10:12

La verifica

Un reparto di oncologia pediatrica è una minima parte di mondo, eppure giudizio universale: basta farci entrare qualsiasi pensiero, concezione, verdetto, affermazione e osservare se si paralizza e collassa, oppure “tiene” in esattezza, veridicità, legittimità, anche lì.

Pubblicato in Pensieri Improvvisi
Sabato, 14 Marzo 2015 19:15

Amico?

Ho indizi precisi che non c’è amicizia se non si lavora liberamente e proficuamente insieme. Può accadere frequentazione, incontro formale o indifferente, intrattenimento, emozione e finanche affetto, ma non amicizia.

Mica è necessario costruire insieme una cattedrale, basta che collaboriamo in libertà anche semplicemente dialogando così da affinare il personale pensiero elaborando quello dell’altro, potando ulivi o impastando farina assieme, implementando e sviluppando progetti, edificando eventi d’arte e pensiero, fabbricando vita.

Pubblicato in Pensieri Improvvisi
Venerdì, 13 Marzo 2015 10:04

Il negoziante

In quei giorni la sua mesta apprensione per il calo di fatturato permaneva nel raccogliersi in sé, ma quando qualcuno entrava in negozio sembrava cessare. Poteva entrare un prossimo caro che non comprava nulla, o un cliente sconosciuto che chiedeva solo informazioni, eppure anche in assenza di legami emotivi e d’incasso l’umano corpo vivente dell’altro agiva istantaneo in lui, una sorta di stimolazione biochimica che lo emancipava dalla tristezza. Nondimeno in quella estemporanea redenzione percepiva l’altro insidiare la sua autoconservazione e così, per difesa, si raccoglieva in sé.
Moti inconsapevoli d’attrazione e repulsione per l’altro compresenti e interconnessi. Squilibrato? Forse. Eppure la compartecipazione simultanea di contrasti è necessaria al funzionamento degli atomi, alle meccaniche celesti, alla vita stessa.

L’uomo è più libero di elettroni e astri che girano e permangono in equilibrio attraendosi e respingendosi nel contempo, tuttavia come può rivelarsi pericolosa la scissione atomica appare insidiosa anche la morale incapace di prendere atto dell’inevitabile e naturale dinamica della inscindibile attrazione-repulsione. Morale che le separa per esaltarle divise, singole, cronologicamente disgiunte, autonome e purissime: sacra e assoluta attrazione contrapposta a sacra e assoluta repulsione. Tutto sommato “femminicidi” di provincia e guerre mondiali originano dall’incapacità di compromesso, di naturale bilanciamento e sintesi di compresenti forze opposte. Forse più sano il negoziante.

Pubblicato in Filosofia di strada
Sabato, 07 Marzo 2015 17:41

Ingenue, colpevoli, ricette per la vita

Ambiente, condizione presente e circostanza sono, tutto sommato, sinonimi. L’Io rema nelle circostanze, chi in un pantani, chi in laghi tersi o inquinati, chi in torrenti, chi in tutti e tre magari con estemporanee incursioni oceaniche o improvvisi sprofondamenti in fogne. Nella circostanza ci si trova a capocchia, talvolta di proposito, il più delle volte si è proprio lì per un mix di personale e altrui causalità e imponderabile casualità. Circostanze favorevoli e ostili, modificabili e immodificabili. Nelle immodificabili è sempre possibile emancipazione modificando l’Io invece della condizione: totale sovvertimento della circostanza può essere procurato da suicidio, come pure anestetizzato da rassegnazione o resistenza, come anche da azione che utilizza la condizione, favorevole o ostile, come opportunità.

Leopardi nello Zibaldone scrive:

«Non possiamo sapere, né congetturare di che cosa sia capace la natura umana messa in circostante favorevoli.» (1)

La frase è suggestiva ma mi chiedo "messa" da chi? Dal caso? Da un Dio? Dall’umana natura medesima? Umana impotenza nelle prime due ipotesi, improbabile personale onnipotenza nella terza. Noncuranti di ipotesi più puntuale e saggio:

«Io sono io e la mia circostanza e se non salvo questa non salvo neppure me» (2).

Lavoro complesso e arduo salvare la propria circostanza, compito assolutamente personale e così impegnativo che è meglio diffidare di coloro sempre impegnati nel salvare la circostanza altrui invece della propria con incursioni per indurre gli altri a fare o non fare qualcosa. Le prescrizioni vanno bene per il Viagra e le ricette servono per cucinare, qui inutili e naif le disposizioni di terzi.

1 Sintesi di un brano dello Zibaldone da G.B. Contri, Una Logica chiamata uomo, Sic Edizioni.
2 José Ortega y Gasset , Meditazioni del Chisciotte.

Pubblicato in Filosofia di strada
Giovedì, 05 Marzo 2015 12:33

L’impiegata

Osservava l’impiegata che gli compilava l’ISEE, un pezzo di carta dove misurando proprietà e redditi sentenziano per iscritto se sei ricco o povero. Siccome era uno strano la immaginava, nel contempo, mandare il primo vagito e cadavere nella bara mentre, fra i due accadimenti, riportava gli estratti catastali e le giacenze medie di conti correnti altrui. Neonata grassottella, impiegata di mezz’età grassottella, vecchia cadavere grassottella. Nei tre momenti, oltre allo stazionario soprappeso, ravvisava il lei costante serenità. Da dove perveniva? D’improvviso una possibile spiegazione:

«C’è solo un errore innato, ed è quello di credere che noi esistiamo per essere felici.» [1]

Forse la serenità dell’impiegata derivava da emancipazione dall’innato errore di credere d'esistere per essere felici, una sorta di rassegnazione, di distacco, di pacata accettazione della misera condizione umana, ma più la osservava e meno la vedeva rassegnata, distaccata e pacata: nel suo lavorare esprimeva piacere, coinvolgimento, precisione e azione in faccende in apparenza contingenti e strette, eppure segmenti di laboriosa attività che sommati elargivano soddisfazione a tutta la sua esistenza.

Probabilmente non esistiamo per essere costantemente felici ma, di azione in azione, di volta in volta, soddisfatti. Esistiamo, dunque, per lavorare.

1 A. Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione, Supplementi al quarto libro, Bur, Milano, 2002, p. 890.

Pubblicato in Filosofia di strada
Martedì, 03 Marzo 2015 10:25

Ammirazione

Guardo il telegiornale della sera con vicino la vecchia gatta, da due giorni rifiuta di mangiare ed è fredda, scende dal divano ma le zampe anteriori non reggono e va giù di testa. La raddrizzo, lenta ma determinata va verso la porta, apro e la osservo allontanarsi verso la macchia di terebinti dove senza frignare vuole andare a morire.

Avverto in me dispiacere mischiato a un’altra sensazione che fatico a precisare, d’un botto la riconosco: è stima.

Pubblicato in Frammenti Autobiografici

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