Smisuranze
Anni fa dopo sei ore d’intervento chirurgico al risveglio avevo più anestesia in corpo che sangue e la coscienza andava e veniva in un istante, come quando si accende e spegne la lampadina del soggiorno. Quando si spegneva, nello sparire vedevo che con me si dissolveva l’intero universo, quando si accendeva, prima tornavo io e immediatamente dopo di me tutto quanto. Avevo, così, dedotto che l’universo esisteva grazie a me e non il contrario.
In quella psicotropa alterazione probabilmente1 esageravo in personale smisuranza al rialzo eppure, siccome di norma il soggetto vale più di un granello di polvere, neppure mi convince l’imperversante smisuranza al ribasso del valutarmi un puntino nell’universo; artificioso rimpicciolimento prodotto e sostenuto da una vaga emozione invece che da precisa, completa, osservazione e ordinato criterio di misura. Peraltro, a ben vedere, tale estrema piccolezza risulta più vicina alla dismisura che al sano senso del limite: soggetto che si dice piccolo mentre, in sottotesto, si vorrebbe immenso. Con tutte le possibili inutili comparazioni (a che pro chi ce l’ha più grande?) perchè la necessità di raffrontarsi e competere con l’universo? Meglio, indifferenti e alle personali e alle cosmiche dimensioni, eco-coalizzarsi rapidi.
1 Ho scritto probabilmente invece che evidentemente perché più di qualcuno, e non solo brocchi New Age, visitano precisi quei territori, Hegel in testa:
«In questo semplice intuire se stesso entro l'Altro, l'esser-altro non è dunque posto come tale; è la differenza a quel modo che nel puro pensare essa immediatamente non è differenza alcuna; è il riconoscere dell'amore in cui i due non si opponevano secondo la loro essenza.» (Fenomenologia dello spirito, La religione disvelata, 'Lo spirito nella sua alienazione; il regno del Figlio')
SOS
Sulla fontana in piazza è comparsa una scritta:
«IO ODIO TUTTI»
Invocazione di aiuto, segnale di urgente richiesta di soccorso lanciata nottetempo con la bomboletta spray perchè sia raccolta da qualcuno di passaggio, uno qualsiasi, dunque da tutti.
Pensiero debole
Più cresceva la sua diffidenza riguardo la possibilità di una verità unica e assoluta e più apprezzava il pensiero di molti, uno scetticismo che invece di renderlo isolato e imperturbabile lo portava a coinvolgersi, così al risveglio era un po’ freudiano, dopo colazione naturalista e nel leggere dell’approvazione del Jobs act reagiva trasformandosi per dieci minuti in marxista per poi diventare esistenzialista e un po’ idealista. L’importante era che riuscisse a mettere qualcosa di buono e nutriente sotto i denti da ruminare, elaborare.
Giunta sera aveva trascorso la giornata abbracciando - più o meno consapevolmente - due o tre religioni oltre a numerose e differenti filosofie, anche agli antipodi. Una sorta di ecumenismo filosofico; un universalismo pluralistico che scorgeva nel pensiero di chi l’aveva preceduto verità costantemente parziali eppure sempre effettive.
Metodiche di rilevamento
C’è approssimazione e un po’ di prepotenza nel collocare le persone all’interno di gruppi sociali codificati. Tra i gruppi più strambi la fantasiosa fascia del cosiddetto “profilo socio-economico-culturale” categoria evidentemente astratta inabile nel cogliere reali valorose espressioni culturali in contesti socio-economici svantaggiati e tangibili miserie culturali in contesti opulenti. Eppure, così, misurano.
Singolare che tale bislacco profilo sociale sia presente nel gergo scolastico - non tanto negli studenti e docenti, ma nel Ministero dell’istruzione e connessa burocrazia - e in quello dei pubblicitari indaffarati con l’Auditel.
Chissà come avrebbero "misurato" il signor Spinoza tornitore di lenti, l’ispettore doganale Melville, l’assicuratore contro gli infortuni Kafka, il corrispondente commerciale Pessoa?
Profilo socio-economico-culturale basso? Medio? Alto?
Teorie d’immortalità. Top ten.
1 Individuale anima immortale che continua nell’aldilà;
2 Perdurare nella stirpe travalicando il punto morte nella consegna di cromosomi alla progenie;
3 Essere agilmente rimpiazzato dagli altri nel trionfo della specie sull’individuo;
4 Individuale fama che persiste nel tempo;
5 Personale pensiero, o atto artistico, imperituro;
6 Eterno al di qua mediante sostituzione di corpo (metempsicosi);
7 Perenne al di qua nel fondersi con la natura;
8 ‘O scarafone: emulazione dello scarafaggio che simula d’esser già morto per non essere ucciso;
9 ‘O scarafone mistico: diluizione in vita dell’io mortale che si scioglie in un gruppo di appartenenza e/o in un imperituro ideale, e in versione religiosa mistico-quietistica e in versione ideologico marxista;
10 (New entry!) Interpretarsi, nella fisica dei quanti, a molti mondi.
Deontologie
Artigiani, commercianti e titolari d’impresa piccola o grande che sia, normalmente schivano di sparlare in piazza, specialmente coi clienti, di colleghi e concorrenti, scorgendo in tali maldicenze preciso indizio di miseria professionale in chi le proferisce. Così, anche se presenti rancori ricorrenti e tenaci, evitano perlopiù la pubblica denigrazione dei compagni di mestiere per lasciarla a qualche bottegaio di paese che tenta di accaparrarsi clienti sminuendo la concorrenza invece di incrementare personali competenze.
Ieri sera ho sfogliato una storia della filosofia letta l’anno scorso. Il lemma più copioso? Ontologia? Verità? Metafisica? Storia? Natura? No. Il termine più ripetuto nell’intero libro risulta -a occhio- “pittoresco”, utilizzato dal filosofo autore a commento della maggior parte di tutti gli altri filosofi. L’Autore lenisce sospetti di soggettiva megalomania onorando la grecità nel suo insieme oltre a palesare stima per qualche filosofo posteriore e collocando, in alcuni passaggi, lui stesso nella cerchia dei pittoreschi.
Il volume nel dipanare 2.500 anni di storia filosofica rendiconta di proficue alleanze e sinergie tra qualche filosofo, alternate da pubbliche, copiose, sistematiche e reciproche contumelie fra tutti gli altri. Cose alte da quelle parti. Chissà? Probabilmente lassù vige, per tanti, altra deontologia.
Il trafiletto
Testimonianze di sopravissuti ai lager nazisti riferiscono di kapos che li colpivano a vanvera: uno si quattro no, poi due si in rapida successione e sei no. Succede ancora nei reparti di oncologia pediatrica e quando il salto di corsia di un autoarticolato sfracella chi passa in quel preciso istante proprio lì invece che un altro. Se quella mattina prima di partire gli fosse caduto il tappo del dentifricio nel lavabo avrebbe perso quei trenta secondi per recuperarlo e partito dopo sarebbe rimasto vivo ancora un po’.
La Polstrada con ordine razionale aveva indagato sull’incidente diagnosticando precise causalità lineari: eccesso di velocità del Tir e colpo di sonno dell’autista così, dal barbiere, i compaesani informati delle cause dell’accidente da un trafiletto di cronaca locale con a lato l’oscena foto del cadavere col lenzuolo sopra, avevano l’impressione di tenere la situazione sotto controllo: quella perfetta integrazione di ogni parte nel tutto anestetizzava la casualità elargendo sensazione di immortalità e poi, di fatto, la storia andava avanti anche senza quello lì: mica era invalidato il suo progresso, il suo costante sviluppo.
Lui era rimasto perplesso, lui era schiattato a capocchia e quella interpretazione mica lo convinceva. Non se l’è presa più del necessario, aveva il senso della misura e aveva appreso da tempo a non controllare: nato senza averlo chiesto, da genitori non scelti, in un paese inaspettato, con una sorella maggiore non richiesta e un nome che non avrebbe voluto anche se poi si è abituato.
Trasformato in un trafiletto non è entrato nella Storia e numerosi filosofi, al pari di giornalisti di provincia, permangono indifferenti alla sua vicenda universale. Giacché a me l'esposizione all'imponderabile interessa forse meglio che non perda più tempo con loro.
L'Incipit
Forse la filosofia ha avuto due inizi:
quella del primo uomo con davanti l’amato amico morto che ha cercato soluzione al proprio dolore creando cosmogonie, oppure quella del primo uomo che sfruttato da un altro ha reagito analizzando le cause della sua condizione escogitando soluzioni.
Però non possiamo escludere che nella prima ipotesi l’amico sia stato ammazzato da un rivale e i due inizi si siano unificati.
Cronaca locale
Italia sud orientale, inizio di febbraio, villa comunale. Vecchio pensionato su panchina da una parte. Vecchio pensionato con nipotina dall’altra.
Il primo immobile e mesto, il secondo soddisfatto lavoratore nel laboratorio di ricerca operativa e opificio di trasformazione fondato e diretto dalla nipotina.
Forse meglio se lo avesse implementato lui il laboratorio senza sottostare a chicchessia, ma va bene anche così.
La fotografia
Rudolf Steiner affermava che a ventuno anni la persona è completamente formata e definita. Avevo più o meno venticinque anni quando frequentavo Steiner e l’antroposofia e quella teoria, che mi precludeva ulteriori possibilità di crescita, non mi aveva convinto. Consideravo che verso i vent'anni ossa, muscoli e neuroni, interrompevano sì lo sviluppo per iniziare una lentissima agonia, ma "Io" no.
Negli anni a seguire quella ipotesi mi girava intorno e nell’osservare una mia foto di quando avevo venti anni (non è quella pubblicata, quello è un altro) mi ci ritrovavo appieno anche se ero invecchiato, scorgendoci dentro il nucleo autentico della mia natura. E' anche capitato che nell’incontrare un qualche giovane talvolta lo marchiavo con un: «permarrà così» nel suo porsi nel mondo. Probabilmente più erudito, forse più saggio, o più stanco oppure deluso, ma lo stile sarà quello.
Inique le fotografie di ventenni se sentenziano ben riusciti e malriusciti a vita, eppure incontravo indizi a conferma della teoria a iniziare dai registi che danno quasi sempre il meglio nei primi film e poi i poeti e i filosofi e gli scienziati che esprimono, seppur in nuce, tutta la personale potenza nelle opere giovanili.
Ieri sera nello sfogliare i Saggi di Montaigne - Libro I, Capitolo LVII « Dell’Età » - incontro un modo di dire della Francia del 500: « Se la spina non punge quando nasce, è difficile che punga mai. ». E Montaigne mica lo contesta, anzi lo esalta spietato:
« Quanto a me, penso che a vent’anni i nostri animi si siano ormai sviluppati quanto devono esserlo, e promettano quanto potranno. Mai un animo che non abbia dato a quell’età testimonianza ben evidente della sua forza, ne dètte la prova in seguito. Le qualità e le virtù naturali mostrano entro quel termine, o mai, quello che hanno di vigoroso e di bello. »
Termine perentorio definito da casualità, da vocazione, da libertà, da DNA, o da un mix dei quattro?
Non mi preoccupo, ormai l’ho oltrepassato.