Lectio Magistralis & plastico empirismo
Oggi ho ascoltato Serge Latouche preciso nel criticare il mito della crescita e puntuale nel decolonizzare l'economicismo sviluppista incistato nell'immaginario degli occidentali come me.
Tutto sommato un po' c'ero arrivato da solo proprio ieri, seppure ancora sprovvisto della bella Lectio Magistralis di Latouche, mentre guidavo nel centro di Palermo provenendo dalla misurata quiete della contrada rurale pugliese, dove vivo e lavoro quasi sereno:
nel percorrere neanche cinque chilometri in più di tre quarti d'ora, tra diecimila auto ammucchiate in manco un ettaro con dentro individui imprigionati e moto e motorini con sopra facce di gloriosa insoddisfazione impegnati a quasi investire pedoni piuttosto incazzati, avevo già un po' subodorato, un po' sospettato, un po' intuito, che probabilmente in questa fattispecie di sviluppo, forse, qualcosa non funzioni proprio al meglio.
Boa constrictor
Chissà com’è che più un argomento è perfettamente logico e più procura un retrogusto un po’ asfittico? Leggere un saggio tutto poggiato su una ferrea logica può stringerti fino a soffocarti.
Forse utile, di tanto in tanto, interpretare la logica al pari di una stravagante divinità mitica da non prendere troppo sul serio.
Articolare
Muovere le articolazioni come pure articolare dicendo precisi.
Camminare, dire, nuotare, cantare, remare: differenti manifestazioni della medesima personale iniziativa di pensiero.
E il moto di cuore che batte, e la peristalsi gastrointestinale che nel sonno profondo digerisce la cena? Non so fino a che punto articolazione personale o di qualche Altro, oppure mero autonomo funzionamento, ma chiunque sia o non sia l'artefice risulta piuttosto affidabile.
Professioni
La professione di promotore finanziario e quella d’esperto in demonologia giudaica un po’ si somigliano, l’agricoltore verticale è invece altra faccenda, però manco lui sta tanto bene.
Consenso
Oggi per prodotto artistico che “funziona” sovente s’intende quello abile nell’implementare opere che appassionino e coinvolgano all’istante un inerte fruitore intrattenendolo.
“Utente” che si lasca prendere in presa diretta senza necessità di lavoro, noncurante di indagare, enucleare e identificare l’impulso che lo eccita e trascina per analizzarlo, smontarlo, elaborarlo e riarticolarlo come fanno i bambini se gli dai un orologio con cui giocare.
Il Regno
Rendiconto vocazionale autobiografico frammisto e connesso all’analisi storica dell’implementarsi della Chiesa cristiana dopo l’Ascensione al cielo di Gesù di Nazareth narrata dai Vangeli, attraverso l’indagine storiografica, l’ermeneutica, l’esegesi e anche la romanzata personale riscrittura degli Atti degli Apostoli, Lettere e Apocalisse. Una cinquantina di pagine riportano citazioni di tali testi e altrettante appaiono ripetitive, ma per il resto «Il Regno» di Emmanuel Carrère è un libro incalzante, ben scritto in prima persona che, per estesi tratti delle 428 pagine, incolla il lettore al testo nel suo mischiare micro e macro storie come fa la vita.
Eppure terminato il libro lo si scorda presto, proprio come accade nei film americani d’azione che incollano allo schermo ma subito dimenticati, come mai?:
attraverso audaci straniamenti, piacevoli azzardati paragoni, accenni sacrali porno mistici, battute argute, estemporanee eppure congrue citazioni, spregiudicati parallelismi storici e autobiografici, stringi, stringi, il libro dice nel merito il noto e anche l’ovvio articolando che i Vangeli non sono stati scritti in presa diretta; che la peculiarità del cristianesimo non è una dottrina ma una narrazione; che le favole possono anche veicolare verità cruciali; che a Gesù come a Ulisse talvolta gli piaceva di più essere uomo che Dio; che è accaduto uno scostamento tra il pensiero di Gesù e il formarsi istituzionale della Chiesa nascente e che san Paolo fosse un po' esaltato; che in tale contesto di iniziali incrostazioni e stratificazioni l’indagine deve cogliere quanto Gesù ha realmente annunciato nel merito; che il cristianesimo è narrazione abile nell’affrontare il male e il dolore.
Osservo peraltro un sistematico trucco narrativo: Carrère salta sovente a piè pari da Pietro, Paolo, Luca, Filippo, al Vaticano e ai cristiani di oggi come se in mezzo non fosse accaduto nulla, producendo nel lettore sgomento per il terzo di mondo che segue, ai nostri giorni, una religione ancestrale implementata da una provinciale, insignificante, molto bizzarra setta mediorientale, senza dettagliare lo svilupparsi graduale di duemila anni della storia della Chiesa incistata nello svolgersi storico occidentale che l'Autore omette per non anestetizzare l' "effetto speciale" di spiazzamento che intende procurare.
C’è un qualcosa di altezzoso nell’Autore implicito nel suo scrivere, lo vedo lì un po’ narciso con la faccia da ateo devoto che si aspetta dal lettore wow a raffica che a me, nel merito, non sono venuti. Però per lo stile e il “montaggio” narrativo lo ringrazio: spregiudicato, coraggioso, autorizzarsi da sé.
Emmanuel Carrère
Il Regno
Adelphi
Tempo
I fisici moderni scrivono equazioni assolute e universali omettendo il fattore tempo e funzionano.
Hanno appurato che il tempo è un micro fenomeno particolare, variabile, locale; mera convenzione-misurazione prodotta dall'accadimento circoscritto di un paio di enti in diretta relazione.
Dunque fenomeno parziale, periferico, provinciale, eppure per chi sta lì significante e reale. Non male: ogni volta che ci diamo un appuntamento siamo letteralmente creatori.
Vocazione
Apro a caso Goethe “Gli anni di apprendistato di Wilhelm Meister” e vedo il giovane protagonista che libero da impegni e legami acquista, con l'aiuto dei familiari, un teatro per onorare la sua vocazione di attore e drammaturgo.
Immagino un suo compaesano coetaneo potenziale buon attore e drammaturgo che invece di comprarsi un teatro fa il garzone di bottega per sostenere la madre vedova. Orfano garzone così prigioniero della circostanza da rinunciare alla personale vocazione-soddisfazione? Può darsi - come sostiene un certo cattolicesimo - che la sua vocazione sia quella di bottegaio con madre a carico, o forse aveva ragione Marx nel suo fronteggiare divari di opportunità, eppure nel realsocialismo è andata a finire che gli attori e drammaturghi più valorosi sono stati i dissidenti.
La vocazione talora si smarrisce in condizioni difficili, talvolta si ritrova nelle favorevoli, talora si chiarisce e rafforza nelle costrizioni, talvolta si perde in condizioni troppo vantaggiose. Complessa la vocazione di Wilhelm Meister, complessa la vocazione del garzone. Tortuosa eppure inequivocabile solo loro possono conoscerla: una bussola interna indica la direzione, da quella parte distinguibile all’istante soddisfazione di una qualità precisa.
Tesi, antitesi, sintesi
Ci sono filosofie teoretiche che si focalizzano sulla conoscenza e potenzialità del soggetto un po’ indifferenti alla fattispecie delle sue circostanze, oppure che affrontano dirette, attraverso la prassi, le specifiche condizioni al fine di redimere chi ci sta dentro.
Vedo nel messaggio evangelico una valorosa sintesi dei due approcci.
Esempio plastico di medesimo atto in differente circostanza:
Ontopatrigno
«Se Dio è possibile, allora esiste necessariamente».1
Se i miei figli mi descrivessero così mi preoccuperei un po’, e di loro e di me.
1 «Così Dio solo (o l'Essere necessario) ha questo privilegio che deve esistere se è possibile.» Leibniz, Monadologie, Articolo 45.