BLOG DI BRUNO VERGANI

Radiografie appese a un filo, condivisione di un percorso artistico

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Giovedì, 20 Marzo 2025 16:38

L’equivoco

Scritto da 

Ho trovato una certa affinità tra la metafisica di Spinoza e alcune tradizioni filosofico-spirituali orientali, in particolare l’Advaita Vedanta. Entrambe cercano di conciliare due piani apparentemente inconciliabili: l’esperienza finita e temporale dell’individuo con una realtà eterna, necessaria e impersonale, che lo precede e lo contiene.

Nell’Advaita Vedanta, la realtà ultima (Brahman) è unica e onnipervadente, mentre l’individuo (jiva) ne è solo un riflesso inconsistente, motto ricorrente dei vedantini è l’espressione “nessuno nasce, nessuno muore” quindi si è, impersonalmente, eterni. Per Spinoza, la realtà ultima è Dio, o Sostanza, o Natura, che è causa di sé e si esprime nelle sue manifestazioni finite e mutevoli (i modi). In entrambe le visioni, la liberazione -moksha per l’Advaita, beatitudo per Spinoza- dipende dalla consapevolezza di come stanno davvero le cose, ovvero dal non confondere ciò che è finito e impermanente con ciò che è assoluto e infinito, e viceversa.

A noi sembra una condizione piuttosto tragica e poco beata. In entrambe le concezioni, l’immortalità è inconciliabile con un io che si percepisce autonomo e separato dal funzionamento naturale che lo precede, produce e contiene. Ci troviamo in un paradosso costitutivo, nel contempo costituiti da una forza naturale impersonale e da un io culturale senza il quale non potremmo funzionare nel nostro mondo. Il punto è che la forza naturale e impersonale che ci fa, tende continuamente a essere e a perpetuarsi così, non appena nasciamo, la potenza biologica che ci costituisce decreta: “Sii!”. E noi, da un lato, ottemperiamo a questo imperativo naturale, esistendo, conservandoci e riproducendoci; dall’altro, a differenza degli altri animali, costruiamo -chissà perché?- un processo di individuazione serrato, così radicale da separarci dalla sostanza universale che ci ha generati. A quel punto la spinta naturale e impersonale all’essere, si trasforma nel desiderio individuale di immortalità. Equivoco inesorabile. Il resto è storia (delle religioni e della metafisica).

 

Ultima modifica il Venerdì, 21 Marzo 2025 00:12

2 commenti

  • Link al commento Maria Giovedì, 20 Marzo 2025 21:21 inviato da Maria

    Caro Bruno, da vecchia prof. esterno i complimenti per la tua scrittura: ottimi forma e contenuto. Buon tutto.

    Rapporto
  • Link al commento Salvatore Sabato, 22 Marzo 2025 18:26 inviato da Salvatore

    Anch'io mi associo a quanto espresso da Maria: scrittura chiarissima ed efficace. Il punto è proprio questo: siamo assolutamente insignificanti come (io) oppure contribuiamo al tutto (o Uno, o Brahman, o Natura, ecc)? La Natura è completamente indifferente e, di conseguenza, lo dobbiamo essere pure noi, oppure uno spirito di condivisione ci accomuna (il piccolo con il grande)?
    Grazie, Bruno

    Rapporto

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