Bruno Vergani
Radiografie appese a un filo. Condivisione di un percorso artistico, davanti al baratro con angoscia parzialmente controllata.
Nel profondo qualcosa manca?
In un mio testo teatrale avevo scritto:
«Orfano scendo nella voragine, giù fino al lago di dolore, per contemplare i relitti che galleggiano nel silenzio. Nessun uomo, nessun animale, nessun dio. Là è il mio posto.»
«Nel profondo qualcosa manca» avevo poi scritto nella autobiografia e da lì mi ero attardato a raccontare. Il poeta aveva fatto di più:
«... Qualunque cosa tu dica o faccia
c’è un grido dentro:
non è per questo, non è per questo!
E così tutto rimanda
a una segreta domanda…
Nell’imminenza di Dio
la vita fa man bassa
sulle riserve caduche,
mentre ciascuno si afferra
a un suo bene che gli grida: addio!» (Clemente Rebora)
Schopenhauer annotava:
«Nessun oggetto del volere, una volta conseguito, può dare appagamento durevole, che più non muti: bensì rassomiglia soltanto all'elemosina, la quale gettata al mendico prolunga oggi la sua vita per continuare domani il suo tormento.»
(Il mondo come volontà e rappresentazione, § 38.)
“Nel profondo qualcosa manca”, ovvero sofferenza, permette Religione e una certa Estetica, ma nell’autobiografia non lo scriverei più, non perché ho trovato la “Cosa”, ma perché non credo più che ci sia. Roba de “La Settimana Enigmistica” con la vignetta mancante di qualcosa rispetto a un ipotetico Ideale in “Aguzzate la vista” e “Che cosa manca?”; con Mistero che si svela nel percorso ascetico di “Che cosa apparirà?” e “La pista cifrata”. Pseudo Oggetto, inutile Rebus, mero fantasma implementato da teorica mancanza che poggia, sprofondando, su rappresentazioni invece che su motivi.
resilienza all’evento
Concluso in Belgio uno studio antropologico sull’assuefazione alla morte.
L’Université libre de Louvain ha analizzato il comportamento di 21 titolari di imprese funebri e di 32 custodi di cimiteri impegnati nel settore da almeno 20 anni, in occasione della morte di familiari e amici.
L’indagine ha riscontrato, rispetto alla media della popolazione, maggior accettazione e resilienza all’evento luttuoso, di persone prossime, negli addetti ai lavori. Il professor Vincent Delobbe docente di antropologia supervisore dell’indagine, ha riferito che lo studio ha avuto mero taglio sociologico, non psicologico, in quanto il dolore soggettivo non è oggettivamente quantificabile.
Ho inserito la notizia pseudoscientifica nella sezione “Brevi racconti” di questo blog, in quanto fiction che mi son inventata or ora.
Tutto sommato plausibile: le morti reali sono evento ben diverso dalla inesistente entità Morte riportata nell'immagine: “Il Cavaliere, la morte e il diavolo” incisione di Albrecht Dürer, 1513.
Misura
Oggi chi scrive, non di rado, tende a comprimere la parola twittandola o si attarda a dilatarla in un corpulento romanzo, ingombrante e fragile come il polisterolo espanso.
Circondati da nani rattrappiti e giganti barbosi inevitabile un po’ di nostalgia per i bei corpi di un tempo, quelli sodi, quelli col numero di pagine equilibrato, quelli col giusto rappporto materia-sostanza, quelli come Il Libretto Rosso di Mao Tse-Tung e il Vangelo di Giovanni.
Nomi propri femminili
Annunziata; Immacolata; Concetta (Concepita); Genuflessa; Catena; Crocifissa; Addolorata.
A parte Genuflessa e Catena ne conosco con questi nomi. Concepita è introversa e nel tentativo di pulire il marchio frequenta uno psicologo, Crocifissa è più solare e si fa chiamare Chiara.
L’accusa di “pedoclastia” di Sergio Martella, insita nel racconto cristiano, è forse eccessiva e anche parziale, ma ogni volta che mi imbatto in qualche Crocifissa me la vado a rileggere con interesse.
Sacro Olivo
Osservo il vecchio olivo in mezzo al piazzale. Ho visto amici morire e l’albero perdurare loro. Lo avverto nella sua sacralità, apatica all’epilogo altrui, un po’ crudele: continuerà esserci quando io non ci sarò più.
Eppure, soggettivamente, prima che nascessi l’olivo non c’era per davvero: come darmi prova che mi sopravvivrà? Delirio? Forse si, eppure nell’esserci e pensare abbiamo, ogni momento, potere di fare accadere l’Universo o di ridurlo in cenere.
Sacro asteggiare
All’asilo facevano asteggiare su un foglio a quadrettoni, più le asticelle erano equidistanti e ritte - ben conformi alle indicazioni dell’educatore - più eri giudicato bravo.
Vero che - per sua intrinseca sistematizzazione - lo scrivere può favorire, più del parlare, ordinamento di pensiero, quindi della persona, ma tutto sommato la scrittura e anche la parola sono meri strumenti: omesso il soggetto non esistono più.
Per le faccende sacre, talvolta per le accademiche, tale gerarchia si ribalta. Brutta storia.
Itinerari serpottiani
Palermo, ora di pranzo, varco la soglia dell’Oratorio: tutto è bianco, centinaia di angioletti, puttini e amorini in plastici avviluppamenti fanno capolino fra ghirlande di fiori e io considero l'Artista che li ha pensati e fatti. Mi aiuto ricordando annotazioni di teologi e critici d’arte che lo esaltano, ma un misterioso suggeritore interno irrompe, chissà da dove, e mi dice preciso:
«L’Autore è un pedofilo.»
Faccio finta di non sentire e in mezzo a centinaia di culetti nivei cerco qualche faccia. Ne scorgo numerose, ce ne sono tante anche se meno dei culi.
Lì il misterioso suggeritore interno si rimanifesta impetuoso:
«Non hai scampo! Hanno la faccia come il culo. Si sa, puttini, angioletti e amorini hanno sempre chiappe invece di gote.»
Faccio ancora finta di non sentirlo. Ma chi è? Esprime mie inconsapevoli proiezioni assolutamente estranee all’Autore o invece è pensiero lucido che fa centro?
Vita di un commesso viaggiatore
A14, Foggia nord. Il rappresentante di biscotti guarda fisso il motore della sua auto in panne, nulla sa di meccanica e l’auto non procede.
Da dove viene tutto? Lui chi è? Perché c’è? Nulla sa eppur funziona. Davvero strano.
San Giorgio e il Drago
Innanzi a mali estremi individuare, catturare e sanzionare i responsabili talvolta circoscrive la sofferenza delle vittime. Anche individuare le cause della tragedia e annotarne misura lenisce talvolta la sofferenza, ma che fare quando il reo della devastazione è inafferrabile?
Evadono la punizione i rei giudicati incapaci di intendere e di volere; evadono qualsivoglia sanzione anche i morti per suicidio, pur colpevoli diretti della sofferenza procurata ai prossimi. Uomini che come uragani o tumori colpiscono a caso con motivazioni non agilmente attingibili.
Di fronte all’inaccessibile rimane la narrazione a circoscrivere e consolare: territori fantastici dove la vita continua dopo la morte, Far West celesti dove, in qualche maniera, si pareggiano i conti. La fiaba inizia già in questa vita, quando i mali diventano “il Male”, cosicché un qualche Dio benevolo possa perlomeno affrontarlo.
Percorsi da rispettare: non accada di contestarli proponendo, inconsapevolmente, altre fiabe meno belle.
Tecniche consolatorie
Shoah, Gulag, genocidio del popolo armeno, dei pellerossa. Vittime dell’Apartheid in Sud Africa, Hiroshima e Nagasaki, Afghanistan, Cambogia. Desaparecidos sudamericani, massacri in Ruanda, Etiopia, Congo. Il sacrificio umano della religione azteca che continua nella guerra dei cartelli messicani della droga…
Per sciogliere l’ "agghiacciamento" un po’ aiuta relativizzare gli eventi circoscrivendoli, pensando la Terra - con tutto quello che gli succede sopra - giacere in uno dei bracci periferici della Via Lattea, dove le distanze sono espresse in migliaia di anni luce. Talvolta stempera l’orrore pensare vittima e carnefice entrambi neonati. Anche diventare vegetariani, emancipandosi da subdoli nazismi personali, aiuta.
A ben vedere il miglior rimedio sta nel considerare sorella morte, quella che fa cessare all’istante la sofferenza della vittima raggiungendo, indi, anche il carnefice per regalarci parvenza di equità.
Eppure il male continua come se fosse immortale. Roba da scriverlo con la maiuscola riconoscendogli entità autonoma, potente e misteriosa. I cattolici lo fanno e a me viene la tentazione di imitarli.