Bruno Vergani
Radiografie appese a un filo. Condivisione di un percorso artistico, davanti al baratro con angoscia parzialmente controllata.
Super Attak
Non si schioda. Manco una volta che Dio riconosca falsa una propria precedente affermazione così da smentirla. Sempre uguale a come era prima Dio è noioso. Nei racconti biblici talvolta si adira ma poi gli passa e gravita ancora nella sua immacolata fissità.
Un vero peccato che la tradizione cattolica abbia ficcato, a Gesù di Nazareth, Dio al posto dell’io; nell’incistargli l’onnipotente lo hanno condannato a impotenza: poco interessante uno capace di mutare l’acqua in vino ma incapace di mutare sé stesso in progressione.
Eppure nel leggere i Vangeli, qua e là, il protagonista appare pensante, originale, imprevedibile, autonomo, umano, come se due storie opposte convivessero, ambigue, nella medesima narrazione: quella di un Dio che ha preso corpo e va in giro a fare miracoli e quella di un uomo rivoluzionario che apprezza essere tale indifferente, anzi ostile, a qualsiasi divinizzazione.
Storie che andrebbero separate, ma mica è facile. Troppi strati di incenso appiccicoso da rimuovere più tenaci del POWER FLEX della Loctite, quello per «Incollaggi flessibili sufficientemente forti da sopportare le condizioni più estreme.»
Empirismo eretico
Banale valutare la ricchezza di un popolo misurando quantità e qualità delle automobili di un Paese,
più interessante coglierne la levatura sbirciando come le guidano.
Vittorio Corona, «Bugatti», 1922.
il Donatario
Forse ognuno ha quello che si merita e lui era lì per accettare un terreno in dono. Ascoltava il notaio citare monotono numeri di particelle e cognomi di confinanti, ma improvvisa la svolta: sente il suo nome seguito da un
«che con animo grato accetta».
Sarebbe bastato un «che accetta» per formalizzare la donazione, che bisogno c’era dell’animo grato?
Passi “grato” che tanto assomiglia a “gratis”, ma scrivere “animo” che tanto assomiglia a “anima” in una formula giuridica è davvero roba pericolosa; un mix di omelia mariana e sermone di Seneca che gli appioppavano di rito senza manco chiedergli come si sentisse per davvero.
Ma lui era un tipo conciliante e aveva fatto finta di niente.
“La Vierge au Donataire” Francois Beisson
Posture
Nel considerare l’attacco, sopra le righe, di Telmo Pievani nei confronti di Vito Mancuso pubblicato recentemente su MicroMega e nel leggere la correlata risposta, ho pensato: «Pievani è invidioso perché appare in televisione meno di Mancuso.»
Lì per lì ho cestinato la considerazione valutandola spiritosa, poi universalizzandola l’ho trovata meno bislacca di quel che appare.
Per spiegare toni e contenuti incomprensibilmente astiosi di persone di pensiero su tematiche tanto cruciali che esigerebbero, pur nel confronto, patto di implicita umana alleanza con l’interlocutore, utile l’osservazione di Freud:
«l'Io si sente a disagio, incontra limiti al proprio potere nella sua stessa casa, nella psiche. Questi ospiti stranieri sembrano addirittura più potenti dei pensieri sottomessi all'Io e tengono testa ai mezzi di cui dispone la volontà.»
Come essere immuni da sé stessi? Mica esiste la logica immacolata avulsa dal soggetto, esistono invece posture e imposture con connesse ipoteche ideologiche. Siccome non di rado sono coperte e giustificate da erudite competenze mica è facile enuclearle. Buon metodo per iniziare è leggere la biografia di ogni autore, lì alberga - in qualche modo - la “posizione”, la brace che scalda e procura piacere o che rancorosa innesca superflue fiammate.
constrictor
In un testo teatrale avevo scritto:
«Ma la vipera è sempre lì nascosta nelle budella.»
E’ faccenda antica e universale - Freud il più lucido nell’enuclearla - detta Angoscia:
Stralcio de «L’origine delle lingue indoeuropee: struttura e genesi della lingua madre del sanscrito, del greco e del latino», Rendich Franco. Rendich Franco Editore
Finale di partita
Era uno strano. Non gli sarebbe piaciuto morire pregando una mamma celeste, non riusciva a immaginare modo più stupido per congedarsi dal mondo. Nell’epilogo avrebbe preferito almanaccare di essere lui Dio stesso, in subordine gli sarebbe andato bene anche addormentarsi con gli alcaloidi dell’oppio in un mix neoplatonico, mistico e induista insieme: Plotino, Maestro Eckhart e Veda, emulsionati nel suo apparato psicosomatico dalla morfina.
E’ che, in quel momento, non avvertiva sostanziale differenza nel morire a cinquant’anni, sessanta, novanta o subito. Morire, sicuramente morire, così rilevante farlo un po’ dopo o un po’ prima?
Aveva già dato, meritava congedo, eppure se gli fosse accaduto di vivere a lungo avrebbe ancora accettato di riparare la serratura della porta di casa, di lavare l’automobile, tagliare il prato, fare la spesa, seguire la prevedibile cronaca politica stravaccato sul divano, ma per poterlo fare non stava a prostrarsi ai dogmi medicali d’occidente, colonscopie per diagnosticargli un cancro in fase iniziale nelle budella e TAC ai polmoni per i fumatori come lui.
Tutto sommato avvertiva senso e dignità nel vivere ancora per compiere il suo incompiuto percorso di pensiero, eppure proprio quel percorso lo invitava a guardare e abbracciare sorella morte. Il pensiero andava in quella direzione, in quei territori, lì lo conduceva e lo invitava a giocare la partita.
Santo letargo
L’otorino guardava fisso il mio mal di faccia. «Lei ha la Sindrome di Charlin» e mi aveva prescritto tre mesi di flunarizina. Man mano che il mal di faccia si estingueva un torpore si impossessava di me: notte e giorno, in qualsiasi posizione, ovunque mi trovassi, rapido mi addormentavo per sognare, un po’ come Gesù che sulla barca nella tempesta «se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva»1.
Peccato: se non avessi avuto il negozio da aprire avrei sognato a oltranza. Oltre che per lavorare interrompevo i sogni per nutrirmi. Ingrassavo. Lardo immacolato.
Lavoro impegnativo il sognare anche lì puoi fare cazzate, però meno inibito puoi osare preciso, risanare beghe passate, uccidere brutte storie con inediti pensieri e poi nel santo letargo non ti usuri le ginocchia. Duri tanto. Duri bene.
1 Marco 4,38
Gatti e nipoti
Ho venti gatti. Nell’osservarne le differenze vedo individualità e un po’ mi viene da diffidare di tutto quello che ho sentito dire sull’istinto.
Ho due nipoti. Nell’osservarne l’imprevedibilità, l’estrosità, la libertà, l’apertura e la chiusura, l’originalità, la capacità di imprendere e di spiazzare, di tenere il broncio e di non tenerlo, l’evidente differenza tra loro, lucido diffido di tutto quello che ho sentito dire sull’istinto.
Anche se, tutto sommato, potrebbe essere scritta una storia felina, la storia umana appare tanto più articolata e originale da chiedersi tutti, lontani da gineprai di “anelli mancanti”, da giudizi di superiorità o inferiorità, da diatribe tra atei e religiosi, il motivo dell’umana stravolgente specificità. Territori poco frequentati, deserti colonizzati da confessioni religiose. Peccato.
Immagine: «Dino e l’ombra 1», Andrea Martinelli.
Divina “cosificazione”
Vale per le religioni, vale senza religione quando qualcuno ti dice che sei “grande”:
più ci penso e più mi convinco che ogni divinizzazione equivale a reificazione.
Statistica sapienziale
Scegliamo libri e giornali da leggere, film, programmi televisivi e anche pagine da visitare in rete. Anche gli amici li selezioniamo per personale affinità di pensiero e sentire.
Eppure in questa sana appartenenza mica possiamo davvero percepire il mondo: per sentirgli il polso occorre frequentare casualmente persone, meglio se numerose, che grazie al non essere scelte rappresentino senza inquinamenti la totalità.
Privilegiato è l’insegnante che non sceglie gli studenti delle sue classi e neppure i colleghi, anche chi conduce un negozio al dettaglio è avvantaggiato insieme agli impiegati delle Poste addetti al pubblico, ma al primo posto c’è l’algerino che da tre decenni vende fazzoletti al semaforo, roba da conferimento immediato e meritato di laurea honoris causa in sociologia.