BLOG DI BRUNO VERGANI

Radiografie appese a un filo, condivisione di un percorso artistico

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Venerdì, 06 Aprile 2018 18:14

Ora et labora

«Incominciamo a vivere realmente solo alla fine della filosofia, sulla sua rovina, quando abbiamo compreso la sua terribile nullità, e quanto inutile sia stato ricorrere ad essa, poiché non ci è di alcun aiuto» (E. M. Cioran, Précis de décomposition).

Mi è piaciuto questo liberarsi dal massimalismo della filosofia, così ho provato a onorare l’invito mentre la mattina imbiancavo a calce e nel pomeriggio zappavo l’orto, ma in quell’azione-pensiero la filosofia ritornava gloriosa. Irrilevante se zappa o libro, la dinamica assomiglia all’Ora et labora: prega lavorando e lavora pregando; pensa-lavorando-lavora-pensando. 

Alle ortiche si può gettare la professione del filosofo e pure tutta la storia della filosofia - plausibile che Cioran si riferisse a ciò - ma se è vita non può cessare neppure cestinando la vita, perché anche questo sarebbe moto filosofico. Arzigogolato ma filosofico.

Pubblicato in Frammenti Autobiografici
Domenica, 01 Aprile 2018 17:32

Pasqua

Sovrano è il libero agente con potere di causare possibilità e fini voluti; condizionato è invece ciò di cui possibilità ed esiti dipendono da altro, buona o cattiva sorte o un dio che risorge per aggiustare le cose.

Concetti piuttosto astratti: in questo mondo la sovranità illimitata non esiste se non come delirio e, se escludiamo l'evento del morire[1], non è poi frequente la figura del condizionato assoluto.

Normalmente siamo signori con sovranità limitata talvolta con ampio, talora più ristretto, spazio di manovra personale (imputabilità-libertà), nel quale siamo autori del nostro soccombere o sorgere.

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1 Anche qui, senza necessità di tirare in ballo il soprannaturale, disponiamo di spazi personali di manovra. Mi riferisco alla Ars moriendi rispetto alla quale il naturalismo coltiva “una plausibile familiarità” (Orlando Franceschelli).

Pubblicato in Frammenti Autobiografici
Venerdì, 30 Marzo 2018 10:54

Sversamento

Nell’atto del percepire la persona incontra il mondo, il punto del rendez-vous è preciso, eppure a parità di mondo (circostanza) la percezione varia da persona a persona.

Inevitabilmente interpretiamo soggettivamente il dato di fatto perché percepiamo attrezzati da individuali esperienze acquisite da lungo tempo, che tendiamo a replicare anche in situazioni inedite. Talora vediamo attraverso vere e proprie credenze che imbevono il dato di realtà, a volte alleggerendolo per pascerci d’illusioni, il più delle volte gravandolo di pesi che già albergano in noi, ma estranei alla contingenza.

Attraverso condutture del sottosuolo Amrita e liquami migrano nella circostanza reale impregnandola. Come l’occhio non può vedersi non è semplice chiudere il rubinetto per interrompere lo sversamento, meglio essere almeno in due, visto che tubi e scolo siamo noi stessi.

Pubblicato in Filosofia di strada
Mercoledì, 28 Marzo 2018 16:17

Il Sublime

Nel dire comune il sublime indica uno stato così elevato che non si va più di corpo, perché lassù ogni materia vira in sostanza aeriforme e celestiale, dall’estetica incantevole. Invece etimologicamente il sublime fotografa uno stato strano ed enigmatico: il trovarsi sulla soglia di un portale eccelso. Come siamo arrivati davanti a quella porta? Cosa ci affascina oltre? E perché mai ci piace stare là con un piede fuori e uno dentro?

La tradizione filosofica ha risolto l’enigma: oltre la soglia non c’è proprio niente di bello, ma solo terrore e dolore ed è proprio questo orrendo che ci attrae e piace. Dinamica inesplicabile eppure confermata dalle tragedie classiche dove l’attrazione è direttamente proporzionale alla truculenza; dal successo di pubblico dei film di guerra, horror e catastrofici; ne è prova anche l’assembramento di curiosi sul ciclista schiacciato dal tram; indizio il numero di visualizzazioni dei video di tsunami asiatici o di decapitazioni mediorientali su YouTube.

Uno star lì da turisti, protetti dalla circostanza che la faccenda durerà solo un po’ e poi si tornerà come sempre a casa, sani e salvi. Risulta piacevole simulare un incontro ravvicinato con la propria morte - espressa dalla morte dei nostri simili, dalla forza della natura, dall’infinito, dalle sterminate galassie - e uscirne indenni. C’è qualcosa di contiguo alla perversione che prova piacere della sofferenza altrui, ma non è sadismo è il sublime: autocompiacimento estetico d'esserci, inspiegabilmente, ancora.

Pubblicato in Filosofia di strada
Domenica, 25 Marzo 2018 17:59

I coatti

La selezione naturale non favorisce i gagliardi ma chi si adatta conformandosi a un sommo funzionamento, insomma i coatti.

Non causa di noi stessi siamo costituiti da miseria, pertanto gerarchicamente incardinati con grado subalterno nella natura che, invece, regna causa di sé. Così, per essere e per potere, ci dobbiamo inglobare nel grande sovrastante funzionamento obbedendo alle sue fagocitanti leggi. Se le cose stanno così, che tale grande funzionamento sia la Natura, un’accademia militare o una Chiesa, poco cambia, perché il nostro potere (libertà) può attuarsi solo ottemperando un imperativo altro e alto.

Basta guardarsi in giro per osservare l’imperversare di un “naturalismo religioso” che, nonostante l’ateismo proclamato dai suoi autori, o meglio l’agnosticismo che oggi fa tanto fighi, impregna il naturale di soprannaturale, emulando i precetti dei monoteismi. Nel leggere un libro di naturalismo sociologico, pubblicato di recente, avevo provato a sostituire “Natura” con “Maria Vergine Immacolata” e il testo accettava l’inserimento senza lamentarsi e senza mostrare sbavature stilistiche. Qualcosa non va.

Vedo due possibilità per emanciparci da questa confusione, la prima è di sostituire quel “adattarsi” con “allearsi”, nonostante la persistenza di retrogusto biblico è già qualcosa. La seconda è non separare la persona dalla Natura, ovvero io, tu, lui, siamo natura: chi cura un giardino sa che la bellezza di una pianta lo spinge a duplicarla e il buon sapore di un frutto a raccoglierlo così da spargerne i semi, insomma appartenenza, nella fattispecie eco-appartenenza. Ma, anche qui, non ci discostiamo poi tanto dalle religioni, cristianesimo cattolico in primis, visto che “appartenenza” è lemma, oltreché strutturale dell' 'ndràngheta, squisitamente ecclesiastico. Si potrebbe obiettare che le narrazioni religiose hanno attinto, a piene mani, dalla natura e che, dunque, i due "fronti" si compenetrano, perlomeno culturalmente. Vero, ma il punto mi sembra un altro: la selezione naturale, più spietata di un inquisitore del medioevo, non contempla il libero arbitrio - del quale homo sapiens detiene il copyright - per questo il rapporto della libertà personale con la natura persiste problematico, come quello del disgraziato cane, libero e potente nello spazio concesso dalla lunghezza della sua catena.

Non ci rimane che sguinzagliarci cercando, caso per caso, di volta in volta, circoscritte personali possibilità (spazi) da indagare e provare, per incontrare una giusta misura della nostra libertà e potere con il resto dell’universo.

Pubblicato in Sacro&Profano
Domenica, 18 Marzo 2018 12:32

Breve invito all’eremitaggio comunitario

Due le possibilità: o opera un arcano Principio che fa la storia, oppure una società è storicamente determinata da ogni persona che la costituisce.

In entrambi i casi siamo fottuti.

Pubblicato in Pensieri Improvvisi
Giovedì, 15 Marzo 2018 16:29

Eoni

Il Demiurgo siamo noi che attingiamo dal Caos e diciamo questo è bene e questo è male, questo è proprio brutto ma quest’altro è bello, questo è poco quello è troppo, questo è equo quello è iniquo, qui il basso là l'alto.

Forse in questo nostro (arbitrario) fare ordine per non inciampare al buio aggiustiamo un po’ di universo.

Pubblicato in Pensieri Improvvisi
Martedì, 13 Marzo 2018 11:27

Analisi filologica

L’espressione “ammazzare il tempo” esprime, implicitamente, intenti suicidari.

Pubblicato in Pensieri Improvvisi
Lunedì, 12 Marzo 2018 18:34

Amminoacidi

Ispiri, bevi, ingurgiti e aria, acqua e cibo producono energia corporea. Il processo è noto e non differisce da quello di una stufa a legna accesa in soggiorno. Che permane misterioso è come due noci ingurgitate da homo sapiens producano pensiero.

“Cosa” fa apparire il pensiero da un paio di amminoacidi? Che il pensiero già alberghi, bruto e in potenza, negli elementi che ingoiamo e si sprigioni nel metabolizzarli? Oppure quegli aminoacidi sono carburanti che attivano altre sostanze e meccanismi? Comunque sia un dato è certo, senza l'apporto di aria-acqua-cibo il pensiero s’interrompe, ma permane un problema, Il problema:

nel processo fisiologico produttivo di pensiero, a parità di mattoni essenziali utilizzati e correlati residui escrementizi espulsi, c’è chi libera l’energia prodotta sparando cazzate e chi capolavori. Cazzate e capolavori nient’altro che codici culturali come tali non scientifici? Prendiamo nota preferendo andare oltre: plausibile che il pensiero non derivi da un processo e sia tutt’altro che un funzionamento? Disponiamo di una scienza per tale regno?

Pubblicato in Filosofia di strada
Sabato, 10 Marzo 2018 11:04

Dry the balls

La scienza proclama che non esistono superlativi assoluti ma solo relativi.

«Luigi è bravissimo!» è affermazione errata e fantastica, quella giusta e reale è semmai: «Luigi in questo momento è il più bravo della sua classe.»

Corretto quanto asfittico, puntuale quanto frigido, esatto quanto noioso. E fu così che per respirare abbiamo inventato storie. E per cura e per legittima difesa.

 

 

Pubblicato in Pensieri Improvvisi

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