La povera crista che tutto sgretolò
"Ancora oggi, le renne della tundra trasportano tribù di nomadi
che percorrono migliaia di chilometri in un anno...
E a vederli mi sembrano felici,
ti sembrano felici?" (Franco Battiato, Caffè de la Paix, EMI 1993)
Il teologo Raimon Panikkar (1918-2010), nato a Barcellona da madre catalana cattolica e padre indiano induista, filosofo, sacerdote cattolico, scrittore, docente, mistico, guida spirituale e fautore dell'incontro tra le religioni, è stato autore di oltre 60 libri e di diverse centinaia di articoli. Nella sua lunga e intensa vita quale sarà stata la rivelazione più grande che, uno così, può aver avuto? Una rivelazione teologica, oppure sacramentale, magari filosofica, ovvero una illuminazione mistica? Niente di tutto questo ma l’incontro avvenuto in India con una donnina di età indefinita, 30 o 60 anni, incontrata casualmente per la strada.
Miserabile che più di così non si può, abbandonata da un marito alcolizzato, circondata da numerosi figli piccoli. Quella donna stava per morire e i suoi figli sarebbero rimasti sulla strada a morire e lei lo sapeva bene. Panikkar era un giovane prete e mosso dalla educazione cristiana ricevuta, “piangi con quelli che piangono”, si era avvicinato per consolarla con qualche buona parola, ma avvicinatala tutti i suoi concetti e propositi gli si gelarono nella bocca e nel cuore: quella donna era gioiosa. Panikkar non interpreta questa inconcepibile gioia frutto di concezioni induistiche che vedono la realtà fisica una mera illusione, e neppure conseguenza di una religiosità che spera in una soluzione che avverrà in un futuro migliore, immanente o trascendente che sia, perché quella donna manco era religiosa, era niente di niente.
Eppure, considera Panikkar, in quella esistenza disastrosa forse l’esperienza di alcuni istanti di gioia nell’essere madre, forse qualche attimo di sesso piacevole, o di tanto in tanto l'aver potuto godere della bellezza del sole, le bastavano per morire con gioia, riconoscente di essere stata invitata al banchetto della vita. Questi istanti piacevoli nel disastro totale le bastavano. Panikkar in quella fede nuda per la vita ha visto in un istante tutta la superficialità e l’inconsistenza delle nostre complicate concezioni, teologiche incluse. La vita è molto più semplice e più profonda.
Si può visionare l’intervista nel documentario L'arte di vivere - Raimon Panikkar - il Filo d'oro, apri qui.
Le ignote sorgenti del valore
In un’ottica teistica l’origine dei valori è chiara e semplice, ingenua e semplicistica per chi preferisce, infatti i valori sono per così dire promulgati da una verità razionale superiore che ce li rivela, di solito a mezzo libro. Ipotesi indimostrabile e altamente rischiosa quella di individuare la sorgente del valore in un assoluto sovrannaturale, conosciamo bene le derive assiologiche che questa narrazione ha prodotto nella storia. In fondo i valori scesi dal cielo sono niente di più che valori culturali che ipostatizzati, vale a dire gonfiati di una sussistenza che di per sé non possiedono, sono fatti ascendere al cielo e lì assunti ridiscendono dagli umani creatori, temprati in una fucina celeste che li ha resi assoluti e immodificabili, quindi incontestabili.
Se escludiamo l’origine sovrannaturale dei valori dobbiamo concludere che i valori non possono che provenire dalla cultura o sorgere dalla natura, ma accettando queste genealogie incontriamo altri problemi. Se i valori sono culturali significa affermare che sono delle invenzioni umane, più o meno condivise, che mutano con i tempi e i luoghi. Insomma ci troviamo costretti a riconoscere un relativismo dei valori, un rendere il valore relativo alle preferenze del soggetto, o alle preferenze di gruppi. In effetti la storia ci conferma che ciò che era considerato valore in un certo periodo e posto, può rivelarsi disvalore in altri tempi e in differenti luoghi.
Se i valori sono invece naturali? Qui le cose si complicano ulteriormente. Esistono valori naturali? Si può affermare che la natura sia retta, giusta, nobile, onesta o cortese? Operazione impossibile visto che l’amorale natura (prescinde da morale) rigetta[1] qualsiasi giudizio e aggettivazione che gli appiccichiamo addosso (fallacia patetica), quindi i valori non possono scaturire da una sorgente che ne è priva.
Eppure a parte qualche serial killer e mafioso incallito tutti noi perlopiù sentiamo, pur senza sapere da dove provenga e poggi questo percepire, che ci sono pensieri, parole e azioni giuste e altre meno giuste, una sorta di percezione valoriale istantanea, a priori, stabile, universale, aurea, di ciò che è bene. Indizio, questo, che il valore poggia sull’essere e deriva dall’essere, in un istantaneo sentire contemplativo dove valore e essere[2], se preferiamo moralità e verità, sono un tutt'uno. Anche se l'essere (quello con l'articolo determinativo) è termine non scevro da ambiguità, se lo intediamo come l'esserci di un soggetto in relazione con l'esserci di altri soggetti in questo mondo, la coincidenza valore-essere è forse l’ipotesi più solida, anche se un po’ misteriosa, per spiegare l’origine del valore. A partire da qui il valore va, di volta, in volta, declinato in valori relati alla particolare situazione storica e contesto specifico, operazione che non ha nulla da spartire con l’arbitrario relativizzarlo o ipostatizzarlo.
_______________________________________
1 Si potrebbe osservare che anche noi apparteniamo alla natura e siamo natura, pertanto la cultura che produciamo è anch’essa natura o cumunque proviene dalla natura (sinechismo). Partendo dall’assunto si potrebbe proseguire con una imprudente fiammata di esaltazione antropocentrica, concludendo che i giudizi e gli aggettivi che Homo sapiens esprime sulla natura non sarebbero delle avulse e non richieste proiezioni che le appiccichiamo addosso, ma il traguardo di un processo evolutivo dove la natura prende coscienza di sé.
2 Nell’induismo il termine sanscrito Satya esprime nel contempo significato di verità e di realtà.
Breve invito all’inconscio delle piante
Le piante si costituiscono e vegetano captando, assorbendo e trasformando luce solare, acqua, anidride carbonica e le sostanze che sono contenute nella terra. Questo processo metabolico primario produce enormi quantità di cellulosa e lignina che costituiscono e strutturano le foglie e il legno degli alberi, ma anche carboidrati, zuccheri, proteine e lipidi, dei quali ci nutriamo mangiando le piante; sostanze indispensabili per il nostro vivere che prima di entrare nel laboratorio pianta erano luce, anidride carbonica, acqua e indigesta terra.
Ciò che vediamo di primo acchito in una pianta è prodotto da questo processo metabolico primario, ma come non si può conoscere una persona da una prima occhiata così è anche per le piante. Per conoscerle meglio occorre andare un po’ oltre le ombreggianti chiome e i tronchi che ci forniscono legname e ai frutti che ci nutrono. Per conoscerle davvero occorre prendere contatto con quelle sostanze seminascoste, spesso del tutto nascoste, che le piante sintetizzano attraverso il loro processo metabolico secondario. Sono sostanze presenti nella pianta in modesta quantità ma di innumerevoli tipi, ogni specie contiene le sue proprie.
Un po’ come l’inconscio sono sostanze nascoste ma potenti, plasmate in origine da shock termici o meccanici, o formatesi a seguito di infezioni o in condizioni di siccità. Sono numerosi e diversificati, troviamo alcaloidi, eterosidi, oli essenziali e resine, che curano e difendono la pianta. Alcuni di questi principi attivi possono curare anche noi, grazie a quote di affinità biologica pianta-uomo; quelli che la pianta utilizza per difesa sono quasi sempre tossici, ma nel giusto dosaggio anch’essi possono rivelarsi curativi.
Per incontrare queste sostanze in giardino occorre andare un po’ oltre alla meraviglia per i bei fiori o per i mastodontici tronchi, un po’ come quando per conoscere davvero una persona occorre andare oltre il suo aspetto fisico (con le piante di solito ci si ferma lì). Possiamo intravvedere queste molecole nascoste occhieggiare negli effluvi e nei colori del mondo vegetale, anche se quasi invisibili con un po’ di attenzione e di pratica si imparerà a scovarle.
Conformazioni
In tempi di pandemia coloro che soffrono di disturbo compulsivo del lavarsi ossessivamente le mani sembrano tutti guariti.
Dinamica imparentata è quella della immaginaria soddisfazione procurata dal perseguire obiettivi sociali senza capo né coda, perché così fanno in tanti.
La cura
Ho letto solo un paio di libri del filosofo Manlio Sgalambro, quanto basta per sentirlo prossimo al sodo pessimismo cosmico di Schopenhauer e al beffardo, nerissimo, quanto geniale Cioran. Ripensando a una sua affermazione che avevo letto nel “Del Delitto”:
« La ragione dà ragione all'assassino e alla sua vittima. L'assassino e la sua vittima sono inscindibili. “Ti sei interessato a me sino a uccidermi” »,
mi è venuto il sospetto che nel testo de “La Cura” di Franco Battiato, al quale il caustico Sgalambro aveva collaborato, serpeggi, antifrastico, del sarcasmo beffardo nei confronti dell’amore tenero e attento all’altro che il pezzo esalta e celebra. Però, anche se così fosse, l’ascoltatore può comunque liberarsi agilmente dalla beffa interpretando il pezzo come gli pare e piace.
Spiazzamento solo apparente
Nell’agglomerato di DNA, di archetipi ereditati che ci costituiscono, di costruzioni culturali apprese e introiettate, ci sarà pure anche un po’ di libero arbitrio. Però non è facile individuare l’istante preciso, il nanosecondo, dove avviene che invece di fare così scegliamo di fare cosà.
Forse quell’istante è così breve, o tanto eterno, da impederci di percepire l'evento che gli accade dentro, oppure quell'istante non esiste e anche la scelta più rapida e inaspettata è un processo che in specifici campi di possibilità è giunto a necessaria maturazione.
Inopportune altezzosità
L’esperienza estatica è davvero singolare, il mistico nullifica se stesso, il mondo e tutti quelli che ci abitano sopra e a strage completata permane raggiante di gioia, anche se non esiste più.
Leggi universali e regolamenti di circoscrizione
Velo di Maya, dualismo onda-particella: la realtà non è come ci appare affermano alcune mistiche e teorie della fisica, tuttavia se nel nostro piccolo e provvisorio principato spazio-temporale, chiamato mondo, applicassimo letteralmente l’assunto rischieremmo di sbattere la testa contro lo spigolo della credenza, invece prendendo la realtà fisica per come ci appare di solito non succede.
Il problema è che dobbiamo ottemperare uno strano mix legislativo, barcamenandoci fra eterne, assolute, leggi universali e momentanei regolamenti di circoscrizione.
Strumenti
Nel rendere ragionevole un rito sacro si disinnesca il suo detonare, nel dimostrare la razionalità e l’utilità di un precetto religioso lo si depotenzia all’istante.
Strani oggetti gli strumenti del sacro, più sono inutili e astrusi e più sono efficaci nel portarti oltre, dopotutto è così anche per gli strumenti musicali.
Geometrie naturali, cono santo
Nelle strutture organizzative piramidali, come quelle aziendali, militari o clericali, al vertice è posizionato il capo di tutta la baracca, sotto i suoi diretti subalterni che comandano i sottoposti e così via fino alla base.
Nell’osservare una infiorescenza di Centranthus ruber, meglio conosciuto come valeriana rossa, nella geometria della infiorescenza incontriamo, anche qui, una struttura piramidale ma con funzione opposta a quella gerarchica, perché finalizzata a evitare che i fiori che stanno sopra ombreggino quelli sotto, cosicché ogni fiore permanga in piena luce a qualsiasi livello sia posizionato.
Unico limite della struttura organizzativa piramidale floreale è che funziona bene solo se c'è luce, nel buio pesto performa meglio la clericale.