Nel dadaismo new age, nuova forma di spiritualità sempre più di moda, iI guru di turno può sparare a ruota libera cose che non stanno né in cielo né in terra, del tutto disinteressato al rapporto delle parole coi fatti. Sa bene che qualsiasi cosa dirà sarà percepita saggia, vera e santa, dai suoi proseliti, non per ciò che dice ma perché è lui a dirlo, o a tacerlo: l'esprimersi a monosillabi del maestro dadaista new age e a maggior ragione i suoi silenzi, sono qualcosa di potentissimo per i devoti, che invece di realizzare che il guru non sa proprio cosa dire, o non ha niente da dire, caricano inconsapevolmente quell'afasia di sacro mistero, per poi farcirla di sfolgoranti contenuti attinti dalla profondità del loro cuore e della loro mente.
Queste presupposte autorevoli e indiscutibili verità non sono, dunque, prodotte dal guru ma dai suoi devoti nel loro considerare la figura del maestro il non plus ultra, a prescindere. Più il maestro sarà deficiente e più gli ignari discepoli lo colmeranno con sublimi farine del loro sacco, fino a farlo traboccare. Processo il più delle volte emotivo, ma anche proiezione del proprio confuso pensiero dove “tutto sembra essere compreso, afferrato ed espresso con purezza, e invece non lo è, [equivoco] che offre alla curiosità ciò di cui va in cerca e alla chiacchiera l’illusione che tutto venga in essa deciso” (Heidegger). Filosofia e psicoanalisi possono aiutare a fare un minimo di chiarezza e ordine, non a caso il dadaismo new age, altezzoso, le esilia entrambe.