Gioco di specchi
Talvolta passeggiando nella natura non vediamo le piante, la terra, il cielo, gli insetti, per ciò che sono (e chi lo sa cosa sono realmente?), ma scorgiamo, là fuori, parti di noi stessi. Gioco di specchi dove la natura eccita parti della nostra psiche che le sono simpatiche che attivate si proiettano, a loro volta, sulla natura.
Forse se Narciso avesse contemplato gli insetti che si muovono veloci sulla superficie dello stagno, invece che la sua immagine riflessa, avrebbe visto la sua gloria. Non a caso, di solito, soddisfa di più contemplare il volo di una libellula che vedere la nostra faccia nello specchio mentre ci laviamo la faccia.
Redenzione
Esausto trovò redenzione nel farsi ingravidare dal moto della vita, così com’è, in presa diretta, pacchetto completo [1].
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1 Incombere della morte incluso.
Indizi
Guidato dal tanfo ho trovato il gatto che da qualche giorno non si vedeva più, l’ho trovato dietro al cactus, una palla di pelo ribollente di vermi gagliardi. Non ho mai visto tanta vita concentrata insieme.
Probabilmente il concetto di Essere è nient’altro che una astrazione, però potente e vitale, ordinato e piuttosto affidabile, l’universo sembra ci sia davvero invece che non esserci, e ci siamo pure noi ognuno qualcuno invece che nessuno.
Contrappunto polifinoco esistenziale
Nell'esistenza ci sono livelli razionali dove se non ci affidiamo al potere conoscitivo e pratico della ragione stoniamo di brutto, ma ci sono anche, punctum contra punctum, livelli irrazionali nascosti, potenti e vasti, dove se ci affidiamo alle sole possibilità conoscitive e pratiche della ragione stoniamo ancora di più.
Se teniamo separati i livelli senza però utilizzare strumenti differenti, di volta in volta adatti a interpretare ogni livello, stoniamo; se mischiamo o sovrapponiamo i livelli produciamo cacofonie incomprensibili, ma se li combiniamo una qualche melodia possiamo anche realizzarla.
Provvidenza infernale
Non cade foglia che Dio non voglia. Provvidenza infernale nelle circostanze che incontriamo per la via. Circostanza: messa in scena di regista occulto forse superiore, accadere della volontà di Dio, del dio che ci tallona, della vita che ci tampina, rendez-vous dell’io con l’universo che svela l’ordine del mondo nel suo prefissato divenire.
Sia che passiamo in perfetto orario proprio da lì, che in anticipo da tutt’altra parte, l’onniveggente ordine provvidenziale ci pedinerà spietato manifestandosi preciso nella circostanza che incontreremo, e anche il più feroce rifiuto di quella circostanza sarà circostanza che lo glorifica.
Risentimento universale
Il risentimento sociale consiste in un odio impotente verso coloro che sono ciò che si vorrebbe essere, o verso quelli che hanno ciò che si vorrebbe avere. E che fanno i miserabili convinti di meritare di più di ciò che sono e di avere di più di ciò che hanno, se non possono esserlo e averlo?
Nietzsche nella “Genealogia della Morale” (1887), attaccando il cristianesimo, osserva che lo schiavo imprigionato nel vicolo cieco di un desiderio irriducibile quanto irrealizzabile, per venirne fuori si inventa, indifferente al principio di realtà, dei valori alla sua portata che capovolgano la situazione di fatto - “Gli ultimi saranno i primi” -, illudendosi così, grazie all'artefatto, di bypassare ogni ostacolo che sbarri la strada alla sua liberazione. Il miserabile, debole e impotente, trova compenso cantandosi una fantasiosa sovversione e suonandosi una immaginaria vendetta.
Il risentimento sociale è dunque generato dal trovarsi nel cul de sac di un desiderio irriducibile ma precluso nella sua realizzazione, dove la soluzione (apparente) è offerta dallo stratagemma di una narrazione, nella fattispecie in oggetto quella cristiana[1], che sovverta gli elementi base del tragico copione della esistenza reale.
Anche se non tutti vivono il risentimento sociale come lo descrive Nietzsche, visto che non pochi, credenti e non credenti, grati alla vita accettano in santa pace ciò che sono e quel che hanno per nulla risentiti con chicchessia, se consideriamo il risentimento esistenziale procurato dalla circostanza che tutti moriamo anche se, perlopiù, non vogliamo, la sua analisi diventa per certi versi più solida e universale.
In effetti il desiderio irriducibile di essere per sempre, la preclusione insormontabile al poterlo realizzare e la narrazione salvifica che risolve l'impasse proclamando una possibile vita eterna a portata di mano, sono termini e processi onnipresenti; desiderio, preclusione, narrazione, in queste tre parole c’è il grosso delle religioni del Libro e, con declinazioni differenti, anche di parti notevoli della storia dell’umanità.
Anche nelle filosofie orientali incontriamo le stesse tre parole ma la strategia narrativa cambia, meno fantasiosa e più filosofica prende a cannonate il desiderio e fatto fuori il desiderio cade con esso ogni preclusione al suo soddisfacimento perché non c’è più niente da soddisfare, ma la condizione esistenziale di partenza colta da Nietzsche è la medesima.
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1 Si potrebbe espandere l'analisi di Nietzsche per capire qualcosa in più, oltre che di un certo cristianesimo consolatorio, anche di alcune narrazioni No vax molto esaltate ma per nulla argomentate. Non possiamo escludere che la violenta reazione ai regolamenti per contenere la pandemia c'entri poco con le misure in sé, se non come pretesto per esternare, inconsapevolmente, un preesistente e sempre meno contenibile risentimento sociale.
Misterioso assemblaggio
Tramontate le dottrine che ci interpretavano incarnazioni di anime uniche e libere create da Dio, possiamo concludere che l’Io non sussista, se non come ideazione di un nucleo che assembla e ordina elementi disgregati e neutri che ci costituiscono, dimodoché possiamo funzionare.
Questo processo di elementi disgregati e neutri, che spontaneamente si auto-assemblano producendo individui coscienti, risulta più misterioso e ben più sorprendente se sprovvisto di regia divina.
Reset
Mica possiamo saltare oltremisura, mica possiamo superare l'umano, circoscritto, punto di vista attraverso il quale vediamo la realtà.
Per oltrepassarlo bisognerebbe installare un nuovo e diverso programma preceduto da un completo reset di quello in uso. Forse è per questo che regolarmente, dopo un po', moriamo.
Ascetismo rockabilly
Anche senza studiare Schopenhauer basta osservare i piccioni in calore che gonfiano il collo girando su se stessi, il fiore di issopo che attira l’ape impollinatrice, i ragazzi col ciuffo alla rockabilly nel tentativo di attrarre qualche femmina nella piazza del paese che accorre con minigonna mozzafiato, per constatare che siamo zimbelli della natura, obbedienti al sommo funzionamento finalizzato alla perpetuazione della specie, della vita, dell’essere. Unica eccezione nel sommo funzionamento qualche strano esemplare di sapiens, che invece di ottemperare il decreto biologico opta, anarchico, per una ascesi che si oppone all’immane forza propulsiva che fa e perpetua la vita.
Opposizione che il più delle volte produce colpi di rinculo tanto violenti da far cessare il tentativo sul nascere, o attiva inenarrabili perversioni, ma altre volte l’immane lotta intrapresa da fachiri, stoici e monaci, sì strana ma nondimeno presente in ogni tempo e a ogni latitudine, determina filoni esistenziali e intere storie personali. Quale sarà l’origine di questo misterioso ideale oppositivo e rinunciatario alla vita?
Paul Valadier nella sua monografia su Nietzsche[1], risponde all’interrogativo vedendo questa rinuncia ascetica attivata proprio dalla forza vitale che intende combattere. Citando Nietzsche scrive che l’ideale ascetico “ha origine nell’istinto di difesa e di salvezza di una vita in via di degenerazione”. L’asceta consapevole della inevitabile caducità del mondo e del suo individuale apparato psicofisico prende distanza da queste potenziali ceneri, abbracciando quelle parti e dimensioni, diciamo così spirituali, che considera stabili e imperiture. Ancor prima di iniziare, per legge naturale, a perdere pezzi per strada come le foglie in autunno, l'asceta reprime da subito le sue parti caduche per focalizzarsi sulle parti che considera imperiture. E’ un po’ come giocare d’anticipo nella partita dell’esserci nel tentativo di vincerla, come si fa nel calcio, nel tennis e pure nel jazz.
Quindi la strategia dell’asceta tende alla vita e all’essere attraverso una rinuncia che “nasce dalla volontà di vivere la vita, rifiuto della vita come modo per tenere alla vita. L’asceta tiene non già al suo ideale bensì alla propria vita”. L’ideale “serve dunque a mantenersi in vita contro ciò che, di sé, sembra sconfessare la vita”. L’asceta anch'egli zimbello della natura è mosso dalla stessa potenza che stimola i piccioni a gonfiare il collo, che eccita il fiore a produrre nettare per attirare l’ape, ed è spronato dallo stesso decreto biologico che spinge i ragazzi a farsi il ciuffo alla rockabilly per attrarre femmine così da perpetuare la specie, con la differenza che l’asceta ottempera il decreto naturale con una devozione assoluta e chirurgica, per certi versi un po’ più egoica nel suo tentativo di permanere individuo eterno cavalcando la specie.
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1 “Nietzsche e la critica radicale del cristianesimo”, Paul Valadier; Edizioni Augustinus.
Egocentriche geremiadi
In fondo chi si attarda in tormentati proclami sull’assurdità, il nauseante non senso, la cecità e l’irragionevolezza della realtà, afferma (inconsapevolmente) che invece lui ci vede benissimo, e che se la pessima realtà ottemperasse il senso e le categorie che lui produce, allora sì che l’universo funzionerebbe a puntino.
Per prodursi nausea serve un ego-stomaco posto al centro del palco. La storia della filosofia, della letteratura e dell’arte pullula di elementi dal tronfio ventre narcisisticamente compiaciuti di dichiararsi spacciati.