BLOG DI BRUNO VERGANI

Radiografie appese a un filo, condivisione di un percorso artistico

NOTA! Questo sito utilizza i cookie e tecnologie simili.

Se non si modificano le impostazioni del browser, l'utente accetta. Per saperne di piu'

Approvo
Mercoledì, 10 Marzo 2021 19:38

Genealogia della morale

Nella colonia felina è arrivata, chissà da dove, una gattina macilenta in massimo grado e una decina di gatti tutti lì a leccarla e scaldarla, pure il cane la tratta bene.

Mica è vero che la legge naturale sentenzia sempre e comunque l’estinzione crudele del malriuscito inadatto.

Forse anche Gesù e Salvo D’Acquisto, al pari di quei gatti buoni, sono (anche) fenomeni naturali.

Pubblicato in Filosofia di strada
Sabato, 06 Marzo 2021 18:08

Teleologia

La civiltà e la psiche individuale poggiano sul lavoro, movimento attivato da energia desiderante che punta a un determinato fine che ci soddisfi.

Ci sta che l’universo un senso non ce l’abbia, mica è insoddisfatto come noi.

Pubblicato in Pensieri Improvvisi
Mercoledì, 03 Marzo 2021 17:48

Mistica di marciapiede

Tra le mattonelle del marciapiede sta fiorendo la Veronica persica, quei comunissimi fiorellini azzurri che da bambini ci dicevano essere gli occhi della Madonna. In effetti non avevano torto, basta che ti fermi per osservarli e la dea la vedi subito nell’immanenza del fiorellino. Il suo occhieggiare ti fa trascendere a te stesso, però dura poco, faccenda di secondi.

Capisci che stai trascendendoti perché avverti una sensazione di piacere e di immortalità. Quel quid che attiva il processo possiamo chiamarlo potenza, essenza, sostanza o natura, come facevano i filosofi, ma se non lo nomini trascendi meglio.

Pubblicato in Erbario
Lunedì, 01 Marzo 2021 23:57

Cattura mattutina, esercitazione pratica

David Hume (1711–1776) nel suo “Trattato sulla natura umana” nega l’esistenza dell’Io con parole chiare e semplici: “Quando rifletto su me stesso, non percepisco mai questo io senza una o più percezioni, né percepisco mai altro fuori da queste percezioni. E’ l’insieme di queste, dunque, che forma l’io […] l’annientamento che alcuni suppongono seguire alla morte e distruggere interamente l’io, non è altro che l’estinzione di tutte le particolari percezioni”.

Appare evidente che Hume è un filosofo singolare[1], per visitare e verificare il suo pensiero non basta ragionare ma occorre sperimentare, così ho provato a verificare empiricamente se ciò che credo essere il mio io esiste davvero, o se invece è una entità immaginaria prodotta dalle percezioni sensoriali e coincide con queste, come sostiene Hume. Ma vedersi l’io è operazione più macchinosa che guardarsi l’occhio senza specchio. Un buon stratagemma per catturarne la sussistenza è quello di intrappolarlo nell’istante del risveglio mattutino, non appena esce dalla tana del sonno profondo impersonale. Una sera mi ero, così, proposto di osservarmi la mattina successiva all’istante del risveglio per acchiapparlo.

Per tre mattine mi ero risvegliato scordandomi del proposito, ma alla quarta avevo agito per tempo e appena aperti gli occhi avevo percepito con precisione sorgere spontanea l’impressione-idea “sono”, immediatamente seguita dal pensiero “sono io” mica un altro, e da qui all’istante e a valanga ho provato sensazioni, passioni e emozioni, venirmi da tutto ciò che mi circondava che si mischiavano a quelle che emergevano dalla memoria. Ho così provvisoriamente[2] concluso che l’io è e c’è indipendentemente dalle percezioni che proviamo, solo che è difficile individuarlo perché anticipa di pochissimo tutto ciò che percepiamo e in un baleno diventa un tutt’uno con esso. Forse Hume non è stato abbastanza rapido?

______________________________________
 
1 Nel “Trattato sulla natura umana” nell’affermare il primato delle impressioni, ovvero sensazioni, passioni e emozioni nell’atto in cui vengono provate, e giudicando le idee immagini illanguidite delle impressioni, opera un capovolgimento filosofico che mina le concezioni classiche dall’Essere parmenideo, delle Idee platoniche e del loro mondo con correlati Universali. Sviluppando le semplici premesse suesposte detronizza, o comunque problematizza in massimo grado, il principio di sostanza, di spazio, di tempo, di estensione, di io, di libero arbitrio, di causa e effetto e ovviamente di causa prima. Di tanto in tanto un bel rimescolamento del mazzo di carte ci vuole e Hume lo sa fare, per questo al di là dell'essere in accordo o in disaccordo con la sua filosofia è innegabile che il frequentarlo ci permette di vedere le cose da una prospettiva diversa. Angolazione in ogni caso proficua perché ci consente di rivedere consapevolmente concezioni tradizionali che non di rado percepiamo vere solo per il fatto di averle introiettate erigendole a regole generali condivise, concezioni anche giuste ma sovente inconsapevoli, che Hume problematizzandole ci restituisce risvegliate. Riguardo questo capovolgimento di prospettiva è giusto ricordare che già Tommaso d'Aquino, attingendo da Aristotele, affermava che "nulla è nell'intelletto che non si trovi prima nei sensi", giungendo però a tutt’altre conclusioni rispetto a quelle di Hume.

2 Resta ancora da spiegare chi o cosa ha percepito l'io uscire dalla tana. Forse una sorta di onnipervadente coscienza universale?

Pubblicato in Filosofia di strada
Venerdì, 26 Febbraio 2021 11:31

Incantesimi metempirici

Erbe magiche che ti separano dal corpo, rivelazioni dall'alto, viaggi danteschi nei regni dell'oltretomba, terzi occhi in mezzo alla fronte, miti platonici, ghiandole pineali, trance estatiche, Campi Elisi, intermediari celesti; anfibi metafisici con una zampa nella finitudine e l’altra nell’eterno, orgasmi tantrici, anime immortali… Si è escogitato un po’ di tutto per connetterci ad un presupposto al di là, ma nonostante il caparbio impegno nell'aprire feritoie nell'immanente per trasvolare nel trascendente, l’aldilà non l’ha visto ancora nessuno.

Però questo universale, incessante, irriducibile, desiderio[1] d'oltrepassare, una cosa ce la mostra e dimostra: mica si sta tanto bene, di qua. Desiderio d'aldilà: forse anche angoscia di vita oltreché di morte.

 

 

________________________________________

1 «Vivo sin vivir in mi,
y tan alta vida espero
que muero porque non muero
Teresa d'Ávila

(Vivo ma non vivo in me,
e attendo una tal alta vita,
che muoio perché non muoio.)

Pubblicato in Pensieri Improvvisi
Sabato, 20 Febbraio 2021 15:18

Un Ranuncolo

Arricchisce di più la contemplazione diretta di un ranuncolo selvatico del quale ignoriamo tutto, rispetto ad una sua completa conoscenza razionale appresa dalle discipline che si occupano di queste cose. I due modi di vedere differiscono tra loro quanto lo studio di un trattato di sessuologia differisce dalla personale esperienza erotica corporea,

eppure i due differenti approcci sono molto più che complementari considerando che, verosimilmente, tutta l’indagine fitologica scientifica prodotta dai grandi padri della botanica e delle scienze naturali, dall’anatomia alla fisiologia, dall’utilità dei vegetali alla loro classificazione, sia iniziata in loro attivata da un irrazionale impulso erotico sperimentato in pieno campo.

Pubblicato in Erbario
Giovedì, 18 Febbraio 2021 18:57

Caccia grossa

Da ragazzo partivo col Vespino 50 truccato verso le montagne, il posto degli déi. Costeggiato il lago di Como in tre ore raggiungevo la cima dello Spluga dove rimanevo a contemplare la natura un po’ deluso: gli dèi che dalla pianura presagivo sulla cima non c’erano più. Forse come gatti selvatici si divertivano a rimanere nascosti, sempre oltre, un po’ più in là.

Nonostante la delusione continuo ancora la ricerca mosso da uno strano piacere nel tentare di catturare frammenti di trascendenza che occhieggiano qua e là. L’operazione provoca le stesse primitive emozioni che sente il cacciatore di bestie selvagge e il giocatore di poker, sì una sorta di ludopatia celeste.

Pubblicato in Frammenti Autobiografici
Mercoledì, 17 Febbraio 2021 17:13

Antinomie

Dio personale e creatore; il cosmo come sua rivelazione; l’anima personale immortale dentro un corpo mortale, sono tutte possibilità che non possiamo comprendere appieno e neppure dimostrare con certezza razionale, nondimeno la storia della civiltà ci mostra che sono idee fondanti e imprescindibili. Il problema è che sia le affermiamo giudicandole vere e necessarie, sia le neghiamo dimostrandole inesistenti, sorgeranno gineprai impenetrabili e crampi mentali inconcludenti. Pure Kant si era fermato, concludendo che delle cose in sé non si dà conoscenza. In effetti coloro che a differenza di Kant non si sono fermati, non è che abbiano raggiunto risultati migliori nel loro tirare dritto. Affermare sia l’assoluta verità che la totale inconsistenza di Dio, anima, cosmo, potrebbe portare in entrambi i casi a esiti sopra e sotto le righe, a idealismi o a pessimismi tanto estremi da risultare incompatibili col vivere in questo modo.

Kant però non si è arreso del tutto e ha ripreso Dio, anima e cosmo, non tanto come oggetti conoscibili e che generano conoscenza, ma come idee regolative utili al nostro vivere con gli altri. Un po' la stessa sorte ha subìto il libero arbitrio, quel bizzarro fenomeno -negato non senza buona ragione da Spinoza, Hume, Schopenhauer e Voltaire- che vedrebbe parti del funzionamento naturale diventare spontaneamente anarchiche, così, per forza propria, senza causa precedente, come invece ci sembra di percepire nel nostro scegliere quotidiano, anche se in sé non sappiamo cosa realmente sia questo libero arbitrio e neppure da che parte arrivi. Forse è prodotto da una frizione, da un incidente di percorso, della evoluzione naturale? Oppure da un personale e libero Creatore che ci ha fatti simili a lui? O invece da un panpsichismo e che, dunque, questa libertà alberghi come in nuce nella natura anche se inspiegabilmente svincolata dal suo funzionamento? Ipotesi che non possiamo dimostrare ma che neppure possiamo escludere. Così anche l’inspiegabile libero arbitrio ce lo siamo tenuti come norma regolativa sociale che ci interpreta liberi e dunque imputabili. Insomma dato che apparteniamo al funzionamento naturale non possiamo dimostrare una libertà originaria assoluta, interna all’individuo, tuttavia partendo da quell’ipotesi possiamo costruire sistemi regolativi sociali dove sia tutelata perlomeno la libertà esterna di ognuno (libertà, questa sì, affermabile e dimostrabile), difendendoci così dalle costrizioni che qualcun altro vorrebbe imporci.

Siamo nel tempo dove sta tramontando la domanda del “Cosa posso conoscere?” e imponendosi quella del “Cosa devo fare?”, in fondo anche Gesù Cristo sta seguendo la stessa sorte, passando dal Dio in terra della tradizione a esempio regolativo di buona prassi sociale. Forse sarebbe meglio evitare una cesura[1] tra la le due domande così da non rinunciare a remare ancora, evitando di strafare, verso l’inconoscibile.

_____________________________________________

1 L’etica imperversante del politicamente corretto orfana del cosa posso conoscere e traboccante del cosa devo fare, è un po’ segno di questa cesura.

Pubblicato in Filosofia di strada
Martedì, 16 Febbraio 2021 19:18

I maestri

Nell’accudire tanti gatti posso osservarli nascere, vivere e morire con frequenza e a distanza ravvicinata. Nascono suppergiù nello stesso periodo ma muoiono a intervalli irregolari e ogni volta ti insegnano come si fa.

Indifferenti a solennità e angosce si allontano dal gruppo e spirano con nonchalance sotto a qualche cespuglio. Mentre li sotterro gli osservo l’occhio e constato che dentro non c’è più qualcuno e inizio a chiedermi se quel qualcuno si sia spento assieme al corpo o se invece sia migrato da qualche parte, ma non trovo risposta.

La terra, le piante intorno e il cielo sopra, continuano come sempre. Tento di vedere l’occhio della terra, delle piante e del cielo, così da sorgerci dentro qualcuno, ma quell’occhio non lo vedo, però dal corpo immobile in fondo alla buca sento uscire come una voce: “Non preoccuparti, va tutto bene proprio così, esattamente così come sta accadendo.”

Pubblicato in Frammenti Autobiografici
Sabato, 13 Febbraio 2021 00:53

Operazione riuscita, ma il pensiero è morto

A differenza delle immacolate e irreprensibili intelligenze artificiali, a noi può anche capitare di accettare discorsi illogici da una persona che ci è simpatica e alla quale vogliamo bene, o all’opposto di rimanere perplessi su idee ragionevoli di estranei che ci sono antipatici e non stimiamo, anche arrendendoci a quelle idee riconoscendole razionali potrebbe roderci l'implacabile sensazione che in quelle architetture di pensiero qualcosa non torni.

Per risolvere la cosa bisognerebbe snodare del tutto i pensieri dalle impressioni -come indicano molti filosofi, anche se nelle loro biografie l'indicazione è spesso tradita- ma non è sempre detto che a operazione conclusa rimanga ancora qualcosa di quei pensieri e di quelle impressioni, forse indizio che per noi viventi impressioni e pensieri sono un tutt’uno.

Pubblicato in Filosofia di strada

Copyright ©2012 brunovergani.it • Tutti i diritti riservati