BLOG DI BRUNO VERGANI

Radiografie appese a un filo, condivisione di un percorso artistico

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Giovedì, 18 Febbraio 2021 18:57

Caccia grossa

Da ragazzo partivo col Vespino 50 truccato verso le montagne, il posto degli déi. Costeggiato il lago di Como in tre ore raggiungevo la cima dello Spluga dove rimanevo a contemplare la natura un po’ deluso: gli dèi che dalla pianura presagivo sulla cima non c’erano più. Forse come gatti selvatici si divertivano a rimanere nascosti, sempre oltre, un po’ più in là.

Nonostante la delusione continuo ancora la ricerca mosso da uno strano piacere nel tentare di catturare frammenti di trascendenza che occhieggiano qua e là. L’operazione provoca le stesse primitive emozioni che sente il cacciatore di bestie selvagge e il giocatore di poker, sì una sorta di ludopatia celeste.

Pubblicato in Frammenti Autobiografici
Mercoledì, 17 Febbraio 2021 17:13

Antinomie

Dio personale e creatore; il cosmo come sua rivelazione; l’anima personale immortale dentro un corpo mortale, sono tutte possibilità che non possiamo comprendere appieno e neppure dimostrare con certezza razionale, nondimeno la storia della civiltà ci mostra che sono idee fondanti e imprescindibili. Il problema è che sia le affermiamo giudicandole vere e necessarie, sia le neghiamo dimostrandole inesistenti, sorgeranno gineprai impenetrabili e crampi mentali inconcludenti. Pure Kant si era fermato, concludendo che delle cose in sé non si dà conoscenza. In effetti coloro che a differenza di Kant non si sono fermati, non è che abbiano raggiunto risultati migliori nel loro tirare dritto. Affermare sia l’assoluta verità che la totale inconsistenza di Dio, anima, cosmo, potrebbe portare in entrambi i casi a esiti sopra e sotto le righe, a idealismi o a pessimismi tanto estremi da risultare incompatibili col vivere in questo modo.

Kant però non si è arreso del tutto e ha ripreso Dio, anima e cosmo, non tanto come oggetti conoscibili e che generano conoscenza, ma come idee regolative utili al nostro vivere con gli altri. Un po' la stessa sorte ha subìto il libero arbitrio, quel bizzarro fenomeno -negato non senza buona ragione da Spinoza, Hume, Schopenhauer e Voltaire- che vedrebbe parti del funzionamento naturale diventare spontaneamente anarchiche, così, per forza propria, senza causa precedente, come invece ci sembra di percepire nel nostro scegliere quotidiano, anche se in sé non sappiamo cosa realmente sia questo libero arbitrio e neppure da che parte arrivi. Forse è prodotto da una frizione, da un incidente di percorso, della evoluzione naturale? Oppure da un personale e libero Creatore che ci ha fatti simili a lui? O invece da un panpsichismo e che, dunque, questa libertà alberghi come in nuce nella natura anche se inspiegabilmente svincolata dal suo funzionamento? Ipotesi che non possiamo dimostrare ma che neppure possiamo escludere. Così anche l’inspiegabile libero arbitrio ce lo siamo tenuti come norma regolativa sociale che ci interpreta liberi e dunque imputabili. Insomma dato che apparteniamo al funzionamento naturale non possiamo dimostrare una libertà originaria assoluta, interna all’individuo, tuttavia partendo da quell’ipotesi possiamo costruire sistemi regolativi sociali dove sia tutelata perlomeno la libertà esterna di ognuno (libertà, questa sì, affermabile e dimostrabile), difendendoci così dalle costrizioni che qualcun altro vorrebbe imporci.

Siamo nel tempo dove sta tramontando la domanda del “Cosa posso conoscere?” e imponendosi quella del “Cosa devo fare?”, in fondo anche Gesù Cristo sta seguendo la stessa sorte, passando dal Dio in terra della tradizione a esempio regolativo di buona prassi sociale. Forse sarebbe meglio evitare una cesura[1] tra la le due domande così da non rinunciare a remare ancora, evitando di strafare, verso l’inconoscibile.

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1 L’etica imperversante del politicamente corretto orfana del cosa posso conoscere e traboccante del cosa devo fare, è un po’ segno di questa cesura.

Pubblicato in Filosofia di strada
Martedì, 16 Febbraio 2021 19:18

I maestri

Nell’accudire tanti gatti posso osservarli nascere, vivere e morire con frequenza e a distanza ravvicinata. Nascono suppergiù nello stesso periodo ma muoiono a intervalli irregolari e ogni volta ti insegnano come si fa.

Indifferenti a solennità e angosce si allontano dal gruppo e spirano con nonchalance sotto a qualche cespuglio. Mentre li sotterro gli osservo l’occhio e constato che dentro non c’è più qualcuno e inizio a chiedermi se quel qualcuno si sia spento assieme al corpo o se invece sia migrato da qualche parte, ma non trovo risposta.

La terra, le piante intorno e il cielo sopra, continuano come sempre. Tento di vedere l’occhio della terra, delle piante e del cielo, così da sorgerci dentro qualcuno, ma quell’occhio non lo vedo, però dal corpo immobile in fondo alla buca sento uscire come una voce: “Non preoccuparti, va tutto bene proprio così, esattamente così come sta accadendo.”

Pubblicato in Frammenti Autobiografici
Sabato, 13 Febbraio 2021 00:53

Operazione riuscita, ma il pensiero è morto

A differenza delle immacolate e irreprensibili intelligenze artificiali, a noi può anche capitare di accettare discorsi illogici da una persona che ci è simpatica e alla quale vogliamo bene, o all’opposto di rimanere perplessi su idee ragionevoli di estranei che ci sono antipatici e non stimiamo, anche arrendendoci a quelle idee riconoscendole razionali potrebbe roderci l'implacabile sensazione che in quelle architetture di pensiero qualcosa non torni.

Per risolvere la cosa bisognerebbe snodare del tutto i pensieri dalle impressioni -come indicano molti filosofi, anche se nelle loro biografie l'indicazione è spesso tradita- ma non è sempre detto che a operazione conclusa rimanga ancora qualcosa di quei pensieri e di quelle impressioni, forse indizio che per noi viventi impressioni e pensieri sono un tutt’uno.

Pubblicato in Filosofia di strada
Giovedì, 11 Febbraio 2021 17:12

Il tassello

Investigare il mondo è un po’ come incidere il tassello per testare l’anguria, non importa il punto dove si incide ciò che conta è andare giù.

Pubblicato in Pensieri Improvvisi
Martedì, 09 Febbraio 2021 12:56

Carburante per la fornace

«Questo ordine universale che è lo stesso per tutti, nessuno degli dei o degli uomini lo ha fatto ma sempre era, è, sarà fuoco sempre vivente che si accende e si spegne secondo giusta misura.» (Eraclito frammento 30).

Ordine mirabile, nondimeno funzionamento tiranno. Per certi versi la formulazione e l’affermazione di un Dio trascendente è la proiezione esterna della interiore ribellione personale a ottemperare i meccanismi ai quali ci costringe l’organizzazione del sommo e sempiterno funzionamento naturale. Dio: un ultimo tentativo di dire “la nostra” prima di essere macinati.

Pubblicato in Pensieri Improvvisi
Venerdì, 05 Febbraio 2021 21:36

Opzioni tragiche e opzioni edulcorate

Quando un cattolico realizza di aver creduto a concezioni assurde, che può fare?

Potrebbe cambiare religione se non rischiasse di cadere dalla padella alla brace, molto più sicuro e risolutivo buttare Dio alle ortiche con tutto il pacchetto, ma l’ateismo è per lui opzione complicata, per certi versi impossibile perché per sbarazzarsi di Dio dovrebbe amputare concezioni introiettate al punto da costituirlo. Potrebbe sì optare per un ateismo spinto, ma rischierebbe una operazione di facciata come sono tutte le scelte reattive che nel respingere trattengono. Potrebbe comunque provarci a fare l’ateo e pure iscriversi al UAAR, così da passare i giorni che gli restano dicendo peste e corna della Chiesa cattolica per vendicarsi dei soprusi subiti (ne conosco non pochi di questi imbronciati), nel caso però realizzasse di avere di meglio da fare potrebbe semplicemente dirsi: “Che stupido sono stato” e chiuderla lì. A ogni buon conto se evitando reattività abbraccia un ateismo debole potrebbe anche farcela a diventare sinceramente ateo, ma se non gli sta bene auto precludersi l’ipotesi di Dio potrebbe discernere tutte le assurdità che ha introiettato, separandole dalla sincera ricerca che aveva, e ha, di Dio. Liberato Dio da dogmi e precetti confessionali astrusi potrebbe continuare a permanere nella Chiesa da dissidente (se non lo sbattono fuori), oppure prendere le distanze dall’Istituzione per incontrare Dio nella natura (panteismo). Nell’eventualità che questa immanenza di Dio nella Natura non lo soddisfi appieno, potrebbe ipotizzare che tale immanenza rimandi ad un logos trascendente (panenteismo). Qui arrivato (e io con lui) indagherà la realtà, per cercare segni di questa trascendenza. L’indagine lo porterà a frequentare tutti quelli che, credenti e no, hanno cercato e cercano un significato del mondo. Percorso che attinge da tutto e da tutti, compreso il recupero revisionato di tratti della tradizione cristiana. Se proprio disperato potrebbe anche compiere un rinnovato salto della fede e qualche incursione mistica, anche se è più probabile che invece di saltare rimarrà coi piedi per terra accettando che su Dio mai raggiungerà una verità in senso assoluto. Probabilmente permarrà in una posizione aperta e insieme scettica, in una attenta e continua osservazione che diffida sia delle proprie certezze che dei propri dubbi (questa è di Hume). Posizione un po’ tragica che molto rema e poco proclama.

Ma nostalgico degli entusiasmi religiosi di gioventù ed esausto di tanto drammatico remare potrebbe sorgere in lui la tentazione di regredire, cercando puerilmente in ciò che incontra aspetti che somiglino alle impressioni emozionanti dei bei tempi passati, così da ritrovare da cane sciolto l’amore illimitato di Dio che lo ama da sempre e per sempre: “Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo”, la beatitudine, la perfetta armonia, la sapiente e cosciente unità dell’universo, l’appartenenza consolante al cosmo e il più che certo happy end personale e universale che la Chiesa gli garantiva. Insomma un rivivere le dolci emozioni rassicuranti che la Chiesa gli permetteva placando così l'erranza, evitandosi però tutte le costrizioni insite nella istituzione confessionale. Per compiere l’operazione sceglierà nella natura, nella civiltà e nelle scienze, ciò che più si presta a cucirgli addosso un nesso di somiglianza con lo stato di infantile beatitudine, così da godersi la sua nuova messa cantata. La natura al netto di metastasi, cacca di gatto e virus, ben si presta positivamente aggettivata all’operazione di zuccherina deificazione, non male anche il mito del “buon selvaggio” che con un po’ di fantasia evoca per somiglianza l’Eden perduto. Adatta all’operazione anche la forza di gravità se immaginata come attrazione amorevole universale, eccellente il Big Bang riletto come prova provata dell’atto creativo del buon Dio. Versatilissima per lo scopo la fisica quantistica, quella strana disciplina che meno la si conosce e più ci si sente maestri nel proclamarla, che proverebbe newageizzandola una gaudente interconnessione armonica del tutto. L’elenco edulcorante prodotto dalle forzate somiglianze potrebbe proseguire a lungo e gli esempi riferiti di fuga naïf dalla tragicità non me li sono inventati. Sappiamo che la tradizione cattolica è stata sia proficua che deleteria per molti, osservando questi ultimi esempi che reagiscono al paradigma teistico che hanno abbandonato crogiolandosi ingenuamente nello stesso milieu emotivo, si potrebbe concludere che tra i peggiori danni procurati loro dal cattolicesimo l’infantilizzazione è probabilmente il più grave e irreversibile.

Pubblicato in Sacro&Profano
Mercoledì, 03 Febbraio 2021 18:34

Vegliardi

I naturali accadimenti della vecchiaia e della morte individuale provano che per l’economia naturale gli individui valgono meno della specie.

Eppure la circostanza che non pochi corpi non più procreanti continuino spontaneamente a vivere ancora per un po’, talora per un bel po’, è segno che la natura nei suoi dettami non disdegna del tutto pure gli individui. 

Pubblicato in Pensieri Improvvisi
Martedì, 02 Febbraio 2021 18:49

Non esiste però funziona

Ma quando affermano che l’Io non esiste e convinti spaccano il capello in quattro per dimostrarlo, chi lo afferma e lo dimostra? Cosa fa esperienza di questa assenza? 

Pubblicato in Pensieri Improvvisi
Domenica, 31 Gennaio 2021 19:57

Con gli occhi di un cane

Nella esperienza comune di tutti i giorni gli oggetti e i fatti che percepiamo attraverso i sensi sono garanzia di realtà, le idee un po’ meno. Allo stesso modo il filone filosofico dell’empirismo afferma il primato dell’esperienza sulle idee. A questo punto si potrebbe prevedere che l’empirismo filosofico, nel suo affermare la realtà assoluta degli oggetti e dell’esperienza sensoriale, sfoci in una interpretazione materialistica del mondo. In effetti accade proprio così per l’empirismo di strada, quello del “vogliamo fatti non parole”, ma per la filosofia empirista che opera con rigore possiamo assistere a esiti del tutto diversi e davvero inaspettati.

Basta considerare il percorso di pensiero del filosofo scozzese David Hume (1711 –1776) -il più empirista degli empiristi- per trovarci spiazzati nel constatare che il suo rigorosissimo empirismo non porta al materialismo, ma a livelli di scetticismo tanto estremi da annichilire natura e mondo. Hume nell’indagare la realtà affermando il primato delle impressioni che le cose producono in noi attraverso i sensi e giudicando le idee nient’altro che forme illanguidite di tali impressioni, attraverso passaggi logici, estenuanti ma incontestabili, conclude che

non esiste spazio perché attraverso i sensi percepiamo nient’altro che distanze tra oggetti, non lo spazio. Non esiste tempo, perché attraverso i sensi osserviamo soltanto accadimenti che si susseguono, mica il tempo. Non esiste causa necessaria che produce effetti perché osserviamo un mero succedersi di eventi contigui che per abitudine crediamo regolarmente connessi come causa-effetto, non la pura potenza che produce l'effetto. Per Hume non esiste neppure il mondo esterno, perché percepiamo oggetti e moti ma non il substrato, la sostanza, che prova il suo statuto ontologico. Non esiste neanche un io personale, in quanto osservandoci sperimentiamo fasci di impressioni sprovvisti di un nucleo stabile che possa essere dimostrato. Ne consegue l'impossibilità di fare scienza, perché ci è preclusa ogni prevedibilità certa. Non esistono idee generali, perché i sensi percepiscono solo un fluttuare di provvisorietà cangianti. Ovviamente non esiste Dio perché Dio non si vede.

Verosimile che anche un cane veda il mondo proprio come Hume, con la differenza che al cane la cosa non fa problema, mentre a Hume, così guardandolo, il mondo gli si annichilisce davanti agli occhi. Non sfuggirà che dietro ad un empirismo tanto estremo occhieggi un idealismo vigoroso; sappiamo che gli “ismi” più sono estremi e più tendono ad incontrarsi. In effetti l’idealismo estremo e assoluto, pensiamo all’idealismo soggettivo, quello alla Berkeley, quello che nega una qualsiasi esistenza del mondo indipendente dal soggetto, quello che se chiudiamo gli occhi facciamo sparire l’universo e riaprendoli lo ricreiamo. Idealismo sopra le righe in apparenza opposto ma, di fatto, perfettamente speculare all’empirismo di Hume, apparentato come se generato da identica matrice.

Forse la soluzione sta in un pacato compromesso tra i due estremi, riconoscendo da una parte che il mondo può tranquillamente proseguire per forza propria infischiandosene di chi lo osserva, dall’altra concedendoci di fronte ai buchi neri che incontriamo per la via di rattopparli con qualche idea. L'idea di Dio di solito rattoppa bene, a giuste dosi però.

Pubblicato in Filosofia di strada

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