Il corridoio
La statua della Madonna era là in fondo al corridoio dell’ospedale, con dodici lampadine accese intorno alla testa schiacciava la testa al diavolo. Il faccino della Madonna faceva una espressione autistica, un mix di sofferenza e ebbrezza. Il diavolo col tallone sulla tempia tirava fuori la lingua e esausto ghignava eccitato. Non capivo se piaceva di più alla Madonna schiacciare la testa al diavolo o a lui l’essere calpestato.
La caposala sulla colonna vicina aveva appiccicato, col cerotto, un manifesto del Ministero della Salute a prevenzione delle patologie ossee:
«POSSIBILI CAUSE DELLO SPERONE CALCANEARE:
1 problemi posturali;
2 lavori pesanti e nei quali si mantiene sempre la stessa posizione;
3 sport come il basket e la corsa;
4 soprappeso».
“5 Calcare la testa al diavolo” però sul manifesto non l’avevano scritto.
Chissà? Forse il Ministero della Salute ha appurato che la testa del diavolo è gommosa come membro d'asino e nel pestarla non procura traumi.
Il gelso
settembre 2013. Osservo il vecchio gelso in mezzo al piazzale. Ho visto amici morire e l’albero perdurare loro. Lo avverto nella sua sacralità, apatica all’epilogo altrui, un po’ crudele: continuerà esserci quando io non ci sarò più.
agosto 2014. Annoto - da vivo - che il gelso in mezzo al piazzale è seccato. Morto stecchito.
Sciroppo al Mirto
Ho letto Sarte prima di dormire, giusto una mezzora. L'essere e il nulla parte centrale quella un po’ più comprensibile agli erboristi, non filosofi, come me. Quella parte del libro che dettaglia il peccato originale della personale maledizione di essere, ognuno, inevitabilmente "altro" per gli altri e viceversa; insanabile mancanza dove è preclusa qualsiasi positiva edificazione e appagamento con l’altro e tramite l’altro.
Osservazione teoretica valorosa e complessa quella di Sartre che stimola il pensiero e la ricerca, eppure stamattina alla riapertura dell’erboristeria un flacone di sciroppo lo ha smentito in due minuti: avevo raccolto il mirto e realizzato lo sciroppo per la tosse a regola d’arte, l’ho venduto a prezzo giusto mentre la cliente mi ringraziava per il pezzo che aveva acquistato l’anno scorso risolvendogli il problema. Lei contenta di me e io di lei, io contento di me tramite lei e viceversa, precisa reciproca personale soddisfazione per mezzo di un altro1. Se accade con gli estranei a maggior ragione coi prossimi.
Non so se uno sciroppo al mirto ha potere di lenire la tosse stizzosa dell’esistenzialismo filosofico. Può bastare così poco? Mi torna alla mente una citazione del filosofo Orlando Franceschelli, ri-cito a memoria: «Basta un cane che muove la coda per far collassare il nichilismo.»
1 G.B. Contri: «Allattandomi mia madre mi ha eccitato al bisogno di essere soddisfatto per mezzo di un altro.»
Professioni
Spinoza tornitore di lenti;
Melville ispettore doganale;
Kafka assicuratore contro gli infortuni;
Pessoa corrispondente commerciale;
Sgarbi storico dell'arte, scrittore.
Similitudini
I cataloghi di libri un po’ somigliano ai menu dei ristoranti: elenchi di carburanti pesanti o leggeri, prelibati o dozzinali, proposti ai nostri metabolismi.
Se il leggere assomiglia al mangiare l’Istat segnala che più della metà degli italiani soffre di anoressia.
Sistema nervoso espanso
All’ultima cena, quella di ieri, ero seduto alla destra dello scienziato. Stava bene coi baffi nuovi mentre masticava purè di fave con erbette amare.
Sollecitato dai presenti spiegava il suo scomporre la materia fino a raggiungere gli acidi nucleici per analizzarli, manipolarli, amplificarli, clonarli, così da implementare inedito materiale biologico per migliorare il mondo.
Una ontologia precisa, abile nell’implementare un univoco inventario dell’esistente “ciò che esiste”, e nell’esistente “ciò che è”, impassibile alle metafisiche delle “cose ultime”. Lo scienziato nel dire “reale” sembrava sapesse per davvero quel che diceva.
Sapeva o credeva?
Questa è domanda del mio brancolare, a lui basta e avanza il suo iPad, dice che è una espansione del suo sistema nervoso. Precisa che funziona meglio di lui.
Lo sguardo dell’altro
Avevo scelto di incontrarlo perché l’altro è indispensabile alla mia esistenza e alla conoscenza che ho di me. Lì a quattrocchi provavo a guardare di qua, provavo a guardare di là: cercavo di incontrare l’occhio giusto nel suo violento strabismo. Eppure nell’inaspettato brancolare, che non riusciva a guardarlo negli occhi, avvertivo una precisa libertà che regalava inedita positività alla relazione.
Tutto sommato occhi dritti che centrano precisi il bersaglio delle pupille altrui possono anche svilire i soggetti guardati in oggetti. Un colpo d’occhio clinico o concupiscente potrebbe paralizzare l’altro in un letto. Anche un colpo d'occhio ordinario, se ben sferrato, può procurare un momento di infermità nell’osservato; se il reciproco mitragliamento è fisso e assoluto - come d’uso fra innamorati - in tanta smisurata esaltazione i due potrebbero annichilirsi fino a sparire nel nebuloso oceano di presbiopia misticheggiante.
Forse aveva ragione il racconto biblico quando Mosè chiedeva a Dio di mostrargli la sua Gloria, e Dio gli rispondeva stabilendo una misura: «Ma tu non potrai vedere il mio volto, perché nessun uomo può vedermi e restare vivo», da vivo a morto: da soggetto a oggetto. Talvolta vale anche per gli uomini il vantaggio di guardarsi negli occhi con parsimonia.
Porte e finestre
Pizzeria. Non volevo impicciarmi ma al tavolo vicino i quattro parlavano a voce alta. A metà della seconda birra 0,5 l uno ha iniziato a ricordare l’amico morto di recente.
Quello che ingurgitava la crudaiola ha iniziato a proferire angoscianti teorie: ostentava porte di paradiso aperte che accolgono anime elette, là fisse in perpetuo adorare.
Non più rassicuranti le bislacche porte sbarrate che ribatteva il compare: «Morti non c’è più niente».
Poi imprevisto un piacevole «Non lo so cosa c’è dopo» da quello che, senza preoccupazione, mangiava la Napoli. Nella sua semplicità lasciava aperte finestre di possibilità, assortimento di potenziali e probabilità. Qualcuno lo chiama metodo scientifico.
italiano 1 - sanscrito 100
Ogni cosa si designa col suo nome, ma ogni lingua è completa a modo suo.
In qualsiasi glossario sanscrito il termine “Coscienza” è riportato, come minimo, in una ventina di modi differenti. Nei dizionari inglese-sanscrito nel tradurre “consciousnes” troveremo un centinaio di nomi diversi, tutti altamente specifici. Nell’apprenderli il pregiudizio che li interpretava difficili, superflui, obsoleti o rari, diventa apprezzamento per l’esauriente puntualità espressa.
Nelle moderne lingue europee, invece, disponiamo sempre e solo del lemma “Coscienza” che vira confusamente a seconda dell’ambito. C’è quella morale del Grillo Parlante di Pinocchio, quella neurologica, psicologica, psichiatrica e filosofica intesa talvolta come interiorità. Medesimo termine con qualche differente interpretazione e l’equivoco in agguato. Anche aggiungendo la “coscienza di classe” le opzioni permangono davvero misere rispetto al sanscrito.
Questo un po’ sleale comparare le correnti lingue nostrane - invece del latino e del greco antico - al sanscrito, attenua ma non assolve l’ingrata smemoratezza per l’ancestrale madre protoindoeuropea. Per perdere per strada così tanti pezzi probabilmente li si è valutati inutili. Peccato.
Smisuranza
Il ragazzo biondiccio sedeva solo al tavolo dell’Autogrill. Con la mano destra portava alla bocca polpettine di patate delle quali apprezzava l’odore. Preciso le inseriva attraverso un angusto varco tra l’angolo delle labbra e la cannuccia della bibita che succhiava con piacere. Con la sinistra digitava SMS sull’ iPhone da dove un filo gli portava musica nelle orecchie che canticchiava sottovoce mentre coi piedi teneva il tempo. Non è escluso eseguisse tutto al meglio, era così abile che frattanto avrebbe anche potuto andare al cesso senza interrompere il suo multiforme fare e pensare.
Però più di così non avrebbe potuto: la naturale abilità ha un limite, mica si possono fare o pensare nel contempo più di una decina di diversità. Vero che il pensiero è abile di implementare innumerevoli soluzioni comprensive, creative e riflessive, ma in divenire, mica d’un botto.
Chi non vuole rassegnarsi alla laboriosità progressiva nella misura può abbandonarsi alla infinita quiete soprannaturale. Mistica, estasi, rapimento e trance, oggi disponibili anche nelle varianti neoliberiste spinte, nemiche di ogni limite. Lì è possibile l’impressione soggettiva di smisurata espansione onnipervadente. Qualcuno la chiama dissociazione, qualcun altro santità, altri illuminazione o realizzazione.
A ben vedere le divisioni non derivano dal conflitto tra devoti di teismi e seguaci di ateismi, ma tra misurati e smisurati.