BLOG DI BRUNO VERGANI

Radiografie appese a un filo, condivisione di un percorso artistico

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Venerdì, 25 Agosto 2017 10:21

Andazzi ipermoderni

Ai nostri giorni la domanda «perché sono ed esisto?» è disusata, inammissibile e considerata un po’ malata. L’ente io è giudicato inconsistente[1] e senza un io definito e reale chi mai potrebbe essere e chi mai potrebbe esistere?

Mi adeguo all’andazzo del mio tempo anche se appare singolare che, stando così le cose, le persone invece di frammentarsi e liquefarsi - non come ipotesi o teoria ma per davvero - permangono ancora un tutt’uno più o meno organico; io seppur talvolta umorale sono io, tu sei tu e lui è lui. Quale sarà mai la forza che ci assembla a oltranza uno ad uno? Plausibilmente la stessa che mantiene l’universo.

Il punto è che ogni esemplare di tale assemblaggio naturale denominato Homo sapiens oltre alla circostanza di permanere suppergiù coeso pensa in proprio e sa pure di farlo pensando il proprio pensiero (coscienza). Quale sarà mai la forza che stimola e permette tale accadere? La stessa che pensa l’universo (?).

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1 Ipermoderno decreto d’inconsistenza dell’io per certi versi ambiguo, in quanto a differenza dell’atarassia conseguente alla rarefazione della persona tipica di certe mistiche o di alcune speculazioni filosofiche orientali, dove il soggetto distaccandosi da stesso si dissolve in Dio o nell’universo così da espandersi, l’io ipermoderno si frantuma implodendo nel niente e siccome la faccenda è scocciante prova a riattaccare i suoi pezzi sparsi non appena contestato personalmente per paura di dissolversi ulteriormente. Invece del distacco da se, tipico del saggio, entra all’istante in isterica reattiva fibrillazione autodifensiva per tenersi insieme. Tanto dissolto quanto cazzuto nell’intento d’apparire.

Immagine: “Smile”, Paolo Polli. Un click sopra per ingrandirla.

Pubblicato in Filosofia di strada
Lunedì, 21 Agosto 2017 18:40

Contestualizzazioni

Quanto mi ha convinto l’esortazione di Kierkegaard di passare da un’esistenza puramente estetica a un’esistenza etica e tanto mi ha lasciato perplesso il suo successivo invito di passare dall’etica alla fede in Dio con un salto assoluto oltre l’umana razionalità. Invito che in alcuni passaggi rasenta la giustificazione “tecnica” di chi obbedendo al Dio di Abramo schiaccia col furgone i bambini sul marciapiede. Evidentemente afferma tutt’altro ma la sua reattività, forse eccessiva, contro l’idealismo dei suoi tempi potrebbe generare equivoci letta ai nostri giorni.

Il punto è che i suoi scritti non vanno equivocati per un programma ideologico di massa e ancora meno per una dottrina religiosa, perché dire fluttuante e poetico rivolto in presa diretta al suo lettore, fiducioso che lo capirà e elaborerà al volo come accade tra vecchi amici, senza necessità di ripetute pedanti sistematizzazioni.

Pubblicato in Filosofia di strada
Sabato, 19 Agosto 2017 08:54

Ma non è che?

Alle prove generali il direttore d’orchestra pigia a raffica un tasto nero del pianoforte:
plom! plom! plom! plom! plom! plom! plom! plom! plom! plom! plom! plom! plom! plom! plom! plom! plom! plom! plom! plom! plom! plom! plom! plom! plom!
Interrompe e proclama:
«Questo Mi bemolle irrompe come una stilettata al fegato!» e riprende:
plom! plom! plom! plom! plom! plom! plom! plom! plom! plom! plom! plom! plom! plom! plom! plom! plom! plom! plom! plom! plom! plom! plom! plom! plom!
Ma non è che il direttore si stia facendo una sega? Sublime ma sega. Forse meglio la cassiera del supermercato in centro, quella che pigia i tasti del misuratore fiscale per sbarcare il lunario.

Pubblicato in Pensieri Improvvisi
Venerdì, 18 Agosto 2017 14:19

Mida

Sempre evidente la distanza e lapalissiana la differenza della realtà dalla finzione?

Meno di quel che sembra dato che ogni umano ricordo è narrazione e l’atto di ricerca implica un po’ di fiction. Narrazioni le istituzioni, le leggi dello Stato e le confessioni religiose, così le associazioni sportive. Storie di finzione con artefatto lieto fine i prodotti in vendita sugli scaffali del supermercato, invece a finale aperto le relazioni personali sovente ricche di aspettative o pregiudizi. Finanche la natura al solo sguardo umano si trasforma da ciò che è in madre o matrigna, in Dio o in un mix di tutto questo, dipende dalla storia che scegliamo.

Arranca qualsiasi rigoroso double check che possiamo escogitare per ripristinare una definitiva e perfetta distinzione tra i due regni, perché Mida che solo nel pensarla già trasformiamo qualsiasi materia senza neppure sfiorarla.

Pubblicato in Filosofia di strada
Venerdì, 18 Agosto 2017 08:15

L’internista

Può esserti padre o madre, fratello, sorella, figlio o amico, ma se ti mette sotto sua stretta osservazione probabilmente è un gastroenterologo.

Pubblicato in Pensieri Improvvisi
Martedì, 15 Agosto 2017 16:46

Il bus

Turista in piazza era quasi sera e davanti al monumento era passato un vecchio bus stipato di lavoratori pendolari. Anch’io il più delle volte ho ottemperato concreti definiti e continui compiti invece di rincorrere infinite possibilità.

Nel fare un bilancio empirico vedo in tale costrizione più soddisfazione che alienazione, lo stato un po’ isterico di non pochi esteti che guardano il mondo invece di viverci responsabilmente dentro ne è la controprova.



Pubblicato in Frammenti Autobiografici
Martedì, 15 Agosto 2017 11:08

Sbrigatività

L’imperativo scegli-adesso-questo-o-quello-prendere-o-lasciare! Va bene per scegliere un nuovo frigorifero quando ad agosto strapieno di vivande si rompe di un botto quello vecchio.

Per tutto il resto forse meglio riflettere ricalcando i tempi della natura.

Pubblicato in Pensieri Improvvisi
Sabato, 12 Agosto 2017 10:06

Resurrezioni

Nati da genitori non selezionati nel susseguirsi di casualità incardinati in decreti biologici dentro luoghi e tempi che non abbiamo scelto c’è chi, nella sfiga assoluta, si erge soddisfatto signore e chi, in circostanze favorevoli, diventa un coglione patentato.

Ben oltre il naturale spirito di adattamento questa abilità squisitamente umana di schiodarsi (nel bene e nel male) dall'ambiente, appare per certi versi qualcosa di trascendente.

Pubblicato in Filosofia di strada
Giovedì, 10 Agosto 2017 11:07

Potenza della bugia

Nella realtà sociale non di rado si aggirano dei bugiardi pressoché perfetti, sovente stigmatizzati dalla morale, esecrati dalle religioni e se esagerano sanzionati dal diritto, ma in altri territori, come nel rapporto con noi stessi o nell’indagine metafisica, il mentire appare invece tematica nebulosa e complessa in quanto un pensiero-atto perché risulti davvero contrario alla verità implica necessariamente, oltre alla intenzionalità del soggetto, l’esistenza di una verità assoluta e univoca che sia ben conosciuta e tradita dal bugiardo.

Il punto è, dunque: «Quid est veritas?». Gesù di Nazareth aveva risposto col silenzio e Agostino analizzando la menzogna per indagare la verità definiva la «questione straordinariamente oscura» (De mendacio). La psicoanalisi osa di più provando a riordinare le bugie equivocate per verità e le verità equivocate per bugie in un “Io non padrone in casa sua” (Freud). La scienza evita di affermare una verità assoluta ipotizzando e confermando, via, via, verità parziali e relative, dunque progredendo attraverso verità incomplete e vere e proprie bugie, di volta, in volta, rivedute o scartate sostituite da nuove provvisorie verità e anche da inedite bugie. Anche alcuni approcci filosofici assolvono e finanche valorizzano bugie a iniziare dalla sofistica, che sostenendo il primato del relativismo soggettivistico nega una verità assoluta affermando, invece, estemporanee pseudo verità fluttuanti implementate, lì sul momento, dai differenti soggetti. Nel 1911 Vaihinger prendendo le mosse dal kantiano «come se» teorizzava una filosofia della finzione (finzionismo) nella quale affermava la strutturale contraddizione e inconsistenza del comune sapere che tuttavia accettiamo e manteniamo non perché sia vero ma perché ci è utile. Bugie condivise per nulla patologiche ma normali e inevitabili come i miti e i simulacri d’immagini smaterializzate dalla realtà, che Vaihinger invita a utilizzare consapevolmente con scaltrezza a nostro profitto, indifferenti a esigenze di verifica. Ben oltre il finzionismo filosofico è nell’arte che la bugia raggiunge l’acme dell’utilità:

«Il poeta è un fingitore. 
Finge così completamente
 che arriva a fingere che è dolore 
il dolore che davvero sente.
 E quanti leggono ciò che scrive,
 nel dolore letto sentono proprio
 non i due che egli ha provato,
 ma solo quello che essi non hanno. 
E così sui binari in tondo 
gira, illudendo la ragione,
 questo trenino a molla
 che si chiama cuore.» (Fernando Pessoa)

In tale fattispecie artistica noncurante della dicotomia vero/falso «Il linguaggio è il principale strumento del rifiuto dell’uomo di accettare il mondo per come è» (George Steiner), così al pari di Dio quando disse: «“Sia luce!” E luce fu» (Genesi), il percorso artistico - pittura e musica incluse - implementa un’inedita realtà, auto-progettando la parte di un nostro personaggio che interpreteremo - personaggi in cerca d'autore (Pirandello) - nel fertile spettacolo che dirigeremo così da trarne piacere, profitto e cura. «Poiché, ecco, io creo nuovi cieli e una nuova terra» (Isaia 65:17).

Pur nel distinguere la differenza tra l’impostura del delinquente e il delirio del drogato dalla finzione creatrice dell’artista, questi frammentari spunti evidenziano ambiguità e ambivalenze non patologiche ma squisitamente umane. Forse utile precisare meglio la fattispecie del bugiardo patentato, quello stigmatizzato dalla morale, esecrato dalle religioni e se esagera sanzionato dal diritto, nei seguenti più puntuali termini: narrazione del bugiardo patentato stigmatizzato da narrazioni morali, esecrato da narrazioni religiose e se esagera sanzionato da narrazioni del diritto, con forse l’unica differenza che la narrazione del bugiardo è autistica e le altre condivise.

Dunque l’uomo, a differenza dagli (altri)[1] animali, è costretto in questa tabula rasa di mondo orfano di senso al ruolo di dio creatore e demiurgo ordinatore, così da emanciparsi da un assoluto relativismo ontologico? Risponderei sì, a patto che non esageri (Hybris) replicando soggettivi monoteismi dove l’individuo si erge smisurato sopra gli altri uomini e la natura, natura che è, e che c’è, indifferente alle nostre narrazioni nel suo accadere potente e perlopiù ordinato.

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1 Nel merito di quanto scritto l’uomo è animale davvero singolare, per certi versi tutt’altro rispetto agli altri.

Pubblicato in Filosofia di strada
Sabato, 05 Agosto 2017 11:55

L’amaro calice

Una spiritualità matura non rimuove l’angoscia di morte, se lo trangugia tutto l’amaro calice del personale epilogo che incombe[1]. Vino amaro che può deprimere la potenza individuale e le correlate possibilità, ma anche tonico[2] che può innescare seri e radicali moti d’indagine[3], dunque di vita.

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1 Forse meglio non infognarsi in nichilismi esasperati: dall’interpretare lo «spermatozoo un bandito allo stato puro» (Cioran), fino all’abbracciare con devozione l'umorismo macabro di Samuel Beckett; forse anche meglio evitare d’impantanarsi in esistenzialismi sopra le righe nell’aut aut tra suicidio o fede in un Dio creatore e salvatore «al quale è tutto possibile» (Kierkegaard), dato che oltre al suicidio e all’adorazione di Dio possiamo percorrere altre plausibili differenti vie nell’affrontare la suprema impasse. Nondimeno come non prendere atto del coraggio dei suddetti, onorando quel loro bere tutto d’un fiato l’amaro vino dell'impermanenza, senza mascherarlo e senza maschere?

2 «Il dolore è il pungolo dell’attività ed è in questa che noi sentiamo sempre la nostra vita: senza dolore la vita cesserebbe». (Kant).

3 Ognuno a modo suo. Ricerca di un possibile Dio trovandolo o non trovandolo, confidando in Lui o litigandoci, oppure affidandoci alla natura o affrontando il baratro poggiando, stile Nietzsche, su noi stessi, come pure accettare una meta di rassegnazione a patto che sia consapevole frutto di coraggioso camminare e non di rimozione. In fin dei conti ciò che vale non è la risposta, ma la serietà del percorso.

Pubblicato in Filosofia di strada

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