Simultaneità
«Penso dunque sono», è formula che ci incorona soggetti, ma manco il tempo di esaltarci per la corona in testa e sopraggiunge la questione:
cosa penso e dunque sono?
E la corona di sovrano coincise col rinvio a giudizio dell’imputato, simultaneità necessaria chiamata libertà.
Breve invito ai piaceri extraconiugali
Vuoi mettere il godere del pensiero di San Giovanni della Croce da ateo o il penetrare da cristiano quello di Eraclito, rispetto a frequentare tiritere fedeli alla propria linea?
A che pro?
Dall’ancestrale arte rupestre all’iperrealismo odierno gli artisti hanno sempre rappresentato il reale, senza rimuginare ad opera conclusa:
« A che pro? Era meglio l’originale. »
Non solo perché l’artefatto esprime la libertà di scegliere uno specifico pezzo di mondo e il rifarlo di conoscerlo molto meglio rispetto al guardarlo, ma perché quel rifacimento esprime un oltre di senso, quasi che quella materia elaborata e riprodotta possa finalmente dire: « So d’esserci » come se liberata da un incantesimo.
Strutture
Ammessa ma non concessa l’assurdità dell’universo naturale, la circostanza che una sua parte (Homo sapiens):
1 s’intrattenga ritagliando dal tutto indifferenziato delle parti;
2 alle quali conferisce degli attributi;
3 assemblandole così da immaginarsi una storia (per lui ) sensata;
4 abituandosi a tale invenzione fino a farla struttura (per lui) valida;
5 così da ripeterla poggiandosi sopra[1]
è processo che conferma l’assurdità dell’universo e insieme evento che la confuta, ed è proprio la naturale possibilità di implementare questo inventivo e immaginante arbitrio -che c'è invece di non esserci, che accade invece di non accadere- che la inficia alla radice.
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1 Gli eredi degli autori si stravaccano sopra perlopiù dimentichi del processo che ha prodotto la struttura, l'antropologia culturale la dipana e analizza.
Io, il mondo
Tutta la storia della filosofia dipana la relazione tra Soggetto e Oggetto.
Proprio quello che, ignari o consapevoli, proviamo a fare ogni momento.
Ars moriendi del ragioniere
Stimano che di Homo sapiens ne siamo vissuti dai 60 ai 100 miliardi di esemplari.
Visto che su questa terra ci stiamo da un po’ e che al momento siamo più di 7 miliardi è un numero non poi enorme nel totale, comunque bastevole per accogliere il personale epilogo con una nota di nonchalance:
mal si addice un eccessivo sussiego per un evento tanto testato da rasentare il dozzinale.
Moti
Per capire la natura può aiutare il time lapse, tecnica che sostituendo la tele-foto-camera con un buon testo di antologia filosofica possiamo utilizzare per comprendere meglio il pensiero universale.
Leggendolo in celere continuità ci si accorgerà che le numerose e differenti concezioni, anche se opposte, provvisorie e parziali, esprimono tutte una qualche cifra di verità che l'insieme mostra. Insomma dinamici mosaici di saggezze.
Neoidealismi
Nel leggere degli stralci estrapolati dagli scritti di Giovanni Gentile, nei quali esponeva i concetti fondamentali dell’attualismo, concezione filosofica neoidealista che riconduce la realtà del mondo all’atto dell’Io pensante in quanto pensa, visione tanto assoluta da affermare che l’umana coscienza contiene lo spazio e il tempo e non viceversa, mi è tornato alla mente un mio risveglio post intervento chirurgico.
Ricordo che avevo più anestesia in corpo che sangue e la coscienza andava e veniva in un istante, come quando si accende e si spegne la lampadina del soggiorno. Quando si spegneva, nello sparire vedevo che con me si dissolveva il mondo, quando si accendeva, prima tornavo io e immediatamente dopo di me tutto quanto. Lì per lì avevo empiricamente indotto che il mondo esisteva grazie a me, ma trascorsa manco mezzora avevo giudicato quell’esperienza un avvincente delirio.
Vista la contiguità -con le debite proporzioni- tra quella mia empirica esperienza naif e la fine teoresi di Gentile, ciò che colpisce è che lui risoluto non indietreggia di un millimetro, anche se basterebbe un vaso di ortensie che gli cade in testa per interrompere la potenza di quell’Io che fa ontologicamente le cose, le quali indifferenti all’incidente continuerebbero gloriose il loro esserci poggiando su se stesse. Per quanto ho compreso Gentile non indietreggia perché, a differenza della mia ingenua esperienza post operatoria, prova a risolvere la dicotomia soggetto/oggetto interpretandoli come un’unica realtà:
«Così, o che si guardi l'oggetto visibile, o che invece si guardi gli occhi a cui esso è visibile, noi abbiamo due oggetti di esperienza: di una esperienza, la quale noi stiamo attualmente realizzando, e rispetto alla quale non solo l'oggetto, ma anche il soggetto dell'esperienza che viene analizzata, fatta termine della nuova presente esperienza, è oggetto. Se non che gli occhi nostri non possiamo guardarli se non nello specchio!» (G. Gentile, Teoria generale dello spirito come atto puro).
Il mondo prenderebbe, di volta, in volta, coscienza di sé nell’Io pensante in azione, e viceversa. Io che non va, dunque, equivocato con un antropocentrico e egotistico solipsismo, ma come coscienza in atto, spirito che comprende e fa l'esistente. Che lo faccia non lo so, ma che gli dia un momentaneo senso mi sembra plausibile.
Mazzetta e scalpello
Nella mia contrada quasi tutti dispongono di qualche attrezzo per la manutenzione della casa e per coltivare la terra. Wittgenstein utilizza proprio l’immagine dell’officina attrezzata per spiegare il linguaggio, dove gli attrezzi sono le proposizioni e il lavoro che con questi facciamo il significato, metafora semplice quanto illuminante.
Nel voler rimuovere un pezzo d’intonaco se sprovvisti di scalpello si potrà, anche, utilizzare un grosso cacciavite e se si rompe la cesoia si proverà col seghetto e poi c’è il re dell’officina il martello, signore quasi onnipotente che equivale ai verbi Essere, Avere, Fare, Dire, Potere, Volere, Sapere, Stare e anche Accoppare, dipende da come utilizzato. Anche la chiave inglese regolabile può dire moltissimo anche se imprecisa, invece il vanghino per tartufi è precisissimo ma serve a poco, un po’ come il sostantivo tedesco Zweckgemeinschaft che un italiano può utilizzare per dire in un sol colpo l’estemporanea unione di persone dovuta a uno specifico interesse comune, ma estranee per tutto il resto.
Proficuo possedere un'attrezzatura, ancor di più se completa, di questi arbitri condivisi che sono le parole, ma alla fine ciò che davvero conta è per quale opera ci servono e come le utilizziamo nel compierla. E fu così che le parole nel prendere senso nell’operatività svelarono idioti incolti e saggi eruditi, ma anche eruditi idioti e incolti saggi.
Rasoiate
Nel leggere alcuni testi di neopositivisti del ‘900, riduzionisti spinti, sono informato che la metafisica, il sacro, le religioni, la coscienza, l’io e l’etica, sono meri prodotti psichici e che lo psichico è prodotto dalla biochimica della materia e che pertanto la metafisica, il sacro, le religioni, la coscienza, l’io e l’etica, sono riducibili alla combinazione del centinaio di atomi esistenti.
Interessante osservare che alcune metafisiche mistiche, opposte al materialismo estremo dei neopositivisti, più risolute di questi riducono tutto l’esistente, non a cento, cinquanta e neppure a dieci, ma a un Uno[1].
Lascio al giudizio del lettore l’individuazione di eventuali lacune nelle due teorie e al barbiere l’arte del rasoio.
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1 Monismo spirituale che a differenza del riduzionismo scientifico non intende l'1 in senso aritmetico, ma come "L' Essere Uno", substrato della molteplice apparenza.