Finale di partita
Era uno strano. Non gli sarebbe piaciuto morire pregando una mamma celeste, non riusciva a immaginare modo più stupido per congedarsi dal mondo. Nell’epilogo avrebbe preferito almanaccare di essere lui Dio stesso, in subordine gli sarebbe andato bene anche addormentarsi con gli alcaloidi dell’oppio in un mix neoplatonico, mistico e induista insieme: Plotino, Maestro Eckhart e Veda, emulsionati nel suo apparato psicosomatico dalla morfina.
E’ che, in quel momento, non avvertiva sostanziale differenza nel morire a cinquant’anni, sessanta, novanta o subito. Morire, sicuramente morire, così rilevante farlo un po’ dopo o un po’ prima?
Aveva già dato, meritava congedo, eppure se gli fosse accaduto di vivere a lungo avrebbe ancora accettato di riparare la serratura della porta di casa, di lavare l’automobile, tagliare il prato, fare la spesa, seguire la prevedibile cronaca politica stravaccato sul divano, ma per poterlo fare non stava a prostrarsi ai dogmi medicali d’occidente, colonscopie per diagnosticargli un cancro in fase iniziale nelle budella e TAC ai polmoni per i fumatori come lui.
Tutto sommato avvertiva senso e dignità nel vivere ancora per compiere il suo incompiuto percorso di pensiero, eppure proprio quel percorso lo invitava a guardare e abbracciare sorella morte. Il pensiero andava in quella direzione, in quei territori, lì lo conduceva e lo invitava a giocare la partita.
Santo letargo
L’otorino guardava fisso il mio mal di faccia. «Lei ha la Sindrome di Charlin» e mi aveva prescritto tre mesi di flunarizina. Man mano che il mal di faccia si estingueva un torpore si impossessava di me: notte e giorno, in qualsiasi posizione, ovunque mi trovassi, rapido mi addormentavo per sognare, un po’ come Gesù che sulla barca nella tempesta «se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva»1.
Peccato: se non avessi avuto il negozio da aprire avrei sognato a oltranza. Oltre che per lavorare interrompevo i sogni per nutrirmi. Ingrassavo. Lardo immacolato.
Lavoro impegnativo il sognare anche lì puoi fare cazzate, però meno inibito puoi osare preciso, risanare beghe passate, uccidere brutte storie con inediti pensieri e poi nel santo letargo non ti usuri le ginocchia. Duri tanto. Duri bene.
1 Marco 4,38
Gatti e nipoti
Ho venti gatti. Nell’osservarne le differenze vedo individualità e un po’ mi viene da diffidare di tutto quello che ho sentito dire sull’istinto.
Ho due nipoti. Nell’osservarne l’imprevedibilità, l’estrosità, la libertà, l’apertura e la chiusura, l’originalità, la capacità di imprendere e di spiazzare, di tenere il broncio e di non tenerlo, l’evidente differenza tra loro, lucido diffido di tutto quello che ho sentito dire sull’istinto.
Anche se, tutto sommato, potrebbe essere scritta una storia felina, la storia umana appare tanto più articolata e originale da chiedersi tutti, lontani da gineprai di “anelli mancanti”, da giudizi di superiorità o inferiorità, da diatribe tra atei e religiosi, il motivo dell’umana stravolgente specificità. Territori poco frequentati, deserti colonizzati da confessioni religiose. Peccato.
Immagine: «Dino e l’ombra 1», Andrea Martinelli.
Divina “cosificazione”
Vale per le religioni, vale senza religione quando qualcuno ti dice che sei “grande”:
più ci penso e più mi convinco che ogni divinizzazione equivale a reificazione.
Statistica sapienziale
Scegliamo libri e giornali da leggere, film, programmi televisivi e anche pagine da visitare in rete. Anche gli amici li selezioniamo per personale affinità di pensiero e sentire.
Eppure in questa sana appartenenza mica possiamo davvero percepire il mondo: per sentirgli il polso occorre frequentare casualmente persone, meglio se numerose, che grazie al non essere scelte rappresentino senza inquinamenti la totalità.
Privilegiato è l’insegnante che non sceglie gli studenti delle sue classi e neppure i colleghi, anche chi conduce un negozio al dettaglio è avvantaggiato insieme agli impiegati delle Poste addetti al pubblico, ma al primo posto c’è l’algerino che da tre decenni vende fazzoletti al semaforo, roba da conferimento immediato e meritato di laurea honoris causa in sociologia.
Geremiade
Parlava grave. Parlava lungo e lamentoso. Parlava lento. Ti guardava negli occhi e mormorava fisso con la faccia seria. Frequentava chi era abile nel conformarsi alla sua sofferenza, chi rispondeva in litanica assonanza al suo piagnisteo.
Voleva soffrire. Dolore indelebile, onnipresente. Guai se qualcuno interrompeva la sua preghiera, guai se offendeva la sacra ipnosi, guai all’uomo leggero che infastidiva la sua ricerca di fissa ripetizione. Lui voleva soltanto che si onorasse il suo devoto impegno nel conservare quel paio di dolorose idee fisse «dalla concorrenza con tutte le altre, per renderle indimenticabili».
Il finale virgolettato è stralcio da «Genealogia della morale» di Nietzsche, 1887.
Nietzsche polemizzava contro l’ascetismo religioso; io descrivo un ateo che conosco: poco c’entra essere credenti o miscredenti per impaludarsi in quei territori, basta e avanza la personale sottomissione a un paio di teorie tiranne, a un paio di idee fisse.
Laica continenza
Il filosofo Diego Fusaro - nel solco di Costanzo Preve - interpreta il capitalismo odierno al pari di un monoteismo totalitario e assoluto e individua nel pensiero ellenistico-cristiano un freno all’imperialistica smisuratezza capitalistica, nel suo onnipervadente imperversare.
Un portare al presente la classicità del pensiero greco che convince, con-fusa a una originale apologia - tout court - della religione cristiana che lascia, invece, perplessi e che andrebbe chiarita: potrebbe apparire pittoresco omettere il deleterio contributo storico-sociale alla smisuratezza procurato, ben prima e sovente "con" il capitalismo, da Iddio e dalle teorie connesse alla sua onnipotenza, onniscienza e onnipresenza. Chiarificazione che Costanzo Preve annota nel suo saggio «Una nuova storia alternativa della filosofia» dove, nella dinamica religione-potere, distingue il pensiero di Gesù di Nazareth da concezioni neo-veterotestamentarie alla George Bush. Un apprezzabile differenziare il “Discorso della Montagna” dal “Dio degli eserciti” che richiederebbe, tuttavia, maggior dissertazione.1
Mi riprometto di leggere Fusaro: nei suoi libri la tematica religione-potere sarà sicuramente più puntuale e esauriente rispetto alla frettolosa apologia della religione, interpretata come freno al capitalismo e alle connesse smodatezze, espressa nei suo condensati interventi in “rete”, talvolta evocanti omelie di parroci conservatori che inneggiano alla continenza.
Peraltro, oltre a chiarire quanto la religione abbia sovente fatto più da acceleratore che da freno alla smisuratezza, sarebbe utile riaffrontare la tematica ben oltre il capitalismo e le confessioni religiose, così da cogliere aspetti anche positivi del “fuori misura” a iniziare da cosmo e infinito nel loro ordine tutt’altro che nocivo anche se non agilmente circoscrivibile. Tutto sommato esistono smisuratezze anche proficue: «Non possiamo sapere, né congetturare di che cosa sia capace la natura umana messa in circostanze favorevoli».2
1 Al riguardo tempestivo e congruo alla problematica religione-potere il saggio filosofico-teologico «In verità, in verità ci disse altro». Augusto Cavadi, Falzea editore.
2 G. Leopardi “Zibaldone”
Misantropia rurale
Metà gennaio, sabato mattina. Mi reco al fondo, quello isolato a due chilometri da casa, dove sto implementando l’orto mediterraneo, personale laboratorio filosofico più che botanico. Inizio a piantare 14 cipressi sempervirens pyramidalis varietà Bolgheri DOC, quelli gagliardi, ritti ritti.
Nel terreno confinante, a ovest, un trattore romba spruzzando diserbante, in quello a nord il vicino irrora erbicida sulla calendula selvatica in fiore e da est un cacciatore spara a un tordo che mi passa sopra.
Mentre i pallini mi cadono attorno sento, dal profondo, la mia voce che recita convinta:
«L’inferno sono gli altri.»1
1«L'enfer, c'est les autres» opera teatrale «A porte chiuse» (Huis clos),
Jean-Paul Sartre, 1944.
Delitto e Castigo
Nel considerare la condizione di un giovane condannato all’ergastolo, per un duplice atroce delitto, ho valutato – riguardo la tematica di colpa e giudizio - due pensieri agli antipodi:
«Il significato della Redenzione è precisamente che noi non dobbiamo essere la nostra storia e niente è più semplice per me che dirti che tu non sei la tua storia.»1
Un implicito affermare, con approccio religioso, l’esistenza del “Male assoluto”
- dunque impersonale, o se personale miticamente diabolico - con connesse divine misericordie.
Differente il giudizio di G.B. Contri, psicoanalista, che valuta il Male assoluto, e divine misericordie connesse, mere Teorie: «L’imputabilità [personale] è una grazia perché pone fine – nella psicoanalisi con soddisfazione – alla catena di una pseudocausalità infinita.»2
Scontare la pena in carcere, in un percorso di emancipazione dalla personale criminale storia, è qualcosa che potrebbe assomigliare a una parziale sintesi tra le due differenti concezioni.
Il carcere favorisce tale percorso?
1 Flannery O’Connor, "Sola a presidiare la fortezza". Lettere
2 "L’ordine giuridico del linguaggio", Studium Cartello.
Il domineddio
A ben vedere il nucleo della teoria del domineddio non riguarda esclusivamente la religione.
Deliri di infinitezza, eternità, onnipotenza, onniscienza e onnipresenza mica sono confinati nel veterotestamentario Dio degli eserciti. Possono albergare e imperversare, con o senza Dio, nel pensiero individuale: tribalismi intimi con tutti gli estremismi, terrorismi, integralismi e fondamentalismi connessi.