Bruno Vergani
Radiografie appese a un filo. Condivisione di un percorso artistico, davanti al baratro con angoscia parzialmente controllata.
Introiezione
Quando una rivelazione divina vergata su un libro sacro e istituzionalizzata ti s’incista dentro, fin nel midollo delle ossa, escludendo tutto il resto e pervadendoti a lungo -cose che possono capitare, e non solo in ambito religioso-,
se un giorno la abbandonerei reattivamente invece di emancipartene cordialmente portandoti a casa qualcosa di utile per fluttuare in nuovi percorsi… Ecco che in quel intransigente tenergli il broncio le più brutte pagine del Libro ti si appiccicheranno irrimediabilmente addosso ingessandoti di brutto.
Nel tuo chiuso opporti che supporrai nuovo di zecca, ma invece fissità introiettata, potrai dire peste e corna, e del libro, e dell’istituzione, ma in quel reagire sarai costretto nel suo perimetro precettistico conservandone lo stile.
Nembo Kid
Leggo e apprendo un’evidenza che m’era sfuggita, a volte le cose più sono sotto il naso e più sfuggono. Nel battesimo cattolico i neonati sono considerati per certi versi subumani, in quanto affetti da peccato originale. Ma grazie all’efficacia del sacramento accedono all’istante in uno stato superumano di grazia divina. Aut aut che preclude la possibilità d’essere gli uomini che siamo, così come siamo, nè di più, nè di meno.
Aut aut fra smisurata grandezza o assoluta misera che alberga in certi scompensi psichici e caratterizzante anche alcuni idealismi e esaltate ideologie che invece di vedere persone scorgono solo o bestie o déi.
L’urgenza di collocare l’essere umano sotto o sopra le righe del pentagramma naturale, indica che la circostanza d’essere gli uomini che siamo, così come siamo, è percepita insostenibile e traumatica. E la ragione c’è visto che siamo mortali, gli dèi lassù sopra le righe non lo sono, gli oggetti che stanno sotto neppure e le bestie che li accompagnano non sanno d’esserlo.
Vomito teleologico
Il digerire spontaneamente la carbonara senza conoscere la gastroenterologia, o l’involontario vomitare che espelle dalle viscere il fungo velenoso ignorantemente ingurgitato, sentenziano che la natura ne sa più di noi.
Galeno definiva questi processi fisiologici autonomi “facoltà”, cogliendo il quel moto proprio preciso e ordinato la prova che la natura persegue un fine ultimo.
Ordine che mostra sì un fine contigente, ma forse non sufficiente per dimostrare un fine ultimo, ma neppure di escluderlo.
Quasi amici
Ad eccezione degli antichi filosofi della natura (physis), alcune concezioni fondanti del paganesimo e del cristianesimo non sono poi tanto diverse. Entrambe spiegano il mondo col processo del permanere-procedere-ritornare.
Un antropocentrico proiettare su tutto l’universo quello che sperimentiamo empiricamente nascendo e vivendo per poi ritornare, morendo, in quel misterioso permanere da dove eravamo partiti.
Red Carpet
All’uscita dalla scuola elementare il vigile mi ferma per far attraversare la processione di scolari. Nello sfilare sulle strisce pedonali sono tutti interessanti e valorosi, ognuno a modo suo: potenza innata.
Li immagino adulti, uno ortolano, l’altra infermiera, uno autista di bus e l’altra brava veterinaria, eppure la statistica sentenzia che qualcuno di loro diventerà una testa di minchia patentata. Quando il passaggio? E perché?
In corsa per il Nobel
Sono rimasti in due a contendersi il Nobel per il ginepraio più intricato della storia.
Le Chiese cristiane per aver affermato e tentato di spiegare che Gesù di Nazareth è Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo nell'unità della sua Persona divina, vale a dire una ipostasi divina con due nature una umana e una divina. Tallonate da esponenti della tradizione pagana, per aver affermato e tentato di spiegare che da un sommo, impersonale, assoluto e integro Uno, non creatore, sia uscito senza rompersi il molteplice, dettagliando altresì come quel molteplice da lassù sia disceso quaggiù per far sussistere le cose.
Eccolo lì
L’ho visto dietro casa stamattina il motore immobile causa di sé stesso, l’ho visto proprio in faccia in tutta la sua gloria nel germinare di una ghianda di roverella[1].
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1 A iniziare da circa il primo secolo avanti Cristo fino al, più o meno, secondo secolo dopo Cristo, si sono sviluppate concezioni che affermavano il primato del trascendente sull’immanente, del soprasensibile sulla materia. Tradizione che pescando da Platone arriva a Plotino chiamata dagli studiosi Medioplatonisno. Incanalandosi nella dottrina cristiana è giunto fino a noi che buttiamo gli occhi al cielo immaginando i cari defunti soggiornare in un trascendente lassù, anche se alla fine Plotino aveva in parte attenuato le fuorvianti separazioni ontologiche di chi l’aveva preceduto affermando l’Uno. Potenza che fa indissolubilmente ogni cosa e tutte le cose, in cielo e in terra. Anche Gesù di Nazareth evitava smodate separazioni tra il quaggiù e il lassù, a differenza di alcune concezioni dottrinali delle chiese cristiane, a ben vedere più medioplatoniche e gnostiche che cristiane. «Il regno di Dio è come un uomo che getta il seme nella terra; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce; come, egli stesso non lo sa». Mc 4,26-27. Potenza immanente.
Tira e molla
Con l’affermarsi del cristianesimo il dio impersonale dei pagani fu spodestato da un Padre creatore davvero particolareggiato. Interessante notare come in quel periodo il Neostoicismo -Seneca, Epitteto, Marco Aurelio- pur permanendo pagano remava nella stessa direzione del cristianesimo, quasi ci fosse il desiderio collettivo che dio avesse finalmente una faccia.
Trovatala è durata secoli e secoli, finché i moderni stanchi della sfacciataggine l’avevano accoppata. Oggi per liberarci dall’ingombro di suoi frammenti residui remiamo in direzione dell’antico impersonale dio pagano, che l’attuale panteismo New Age sta provando a riproporre.
Non possiamo escludere, visti i precedenti storici, che ritrovato quel nebuloso dio ci tornerà la nostalgia di suoi connotati più precisi, ma appena il suo volto si rivelerà con severa precisione lo accopperemo di nuovo fino a quando nostalgici di sue fattezze più definite lo faremo risorgere ancora.
Laicità
La tematica-problematica della laicità non è circoscrivibile alle religioni, l’ottempera ogni professionista che prende molto sul serio il pensiero di chi è profano nella materia.
Un modo di prenderlo sul serio è quello di riordinare quel pensiero se necessario.
Le cose come stanno
Sopra l’intruglio acefalo di umane volubili opinioni anche questa sera il sole è tramontato all’ora prevista. Qualcosa vorrà pur dire.