BLOG DI BRUNO VERGANI

Radiografie appese a un filo, condivisione di un percorso artistico

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Bruno Vergani

Bruno Vergani

Radiografie appese a un filo. Condivisione di un percorso artistico, davanti al baratro con angoscia parzialmente controllata.

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Sabato, 04 Aprile 2020 23:52

Parola di Dio, parola di uomo

In un certo senso il teismo[1] è una forma (fortemente) romanzata, a tratti fumettistica, del deismo[2], così sotto certi aspetti il deismo è una narrazione interpretativa del naturalismo[3] e va bene così: in fondo anche il naturalismo non progredirebbe se si limitasse a una sistematica smitizzazione del mondo, stilando una cronaca dell’esistente incapace di elaborare storie -sperimentalità speculativa- da verificare.

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1 Riconoscere Iddio persona, creatore che si rivela al mondo e lo governa remunerando meriti e demeriti in un’altra vita.

2 L’umana razionalità che coglie la divinità -entità perlopiù indifferente alla sorte degli uomini- nell’immanente ordinamento dell’universo naturale.

3 Inteso grossolanamente come primato della natura causa di sé medesima e della scienza.

 

Giovedì, 02 Aprile 2020 19:41

La fava

Se già una semplice fava contiene, ereditato, il perpetuo processo di inizio-svolgimento-conclusione-riinizio, ne abbiamo di ragioni per non considerarci segmenti mortali.

Domenica, 29 Marzo 2020 19:11

Parafrasi

“Non fate agli altri ciò che non vorreste fosse fatto a voi”,

si può parafrasare così:

“Facile scorgere opportunità di cambiamenti positivi generati dalle disgrazie (che succedono agli altri)”.

Sabato, 28 Marzo 2020 23:46

Homo faber

L’aver inventato passatempi potrebbe essere indizio che l’esserci, di per sé nella sua nettezza, procuri malessere come se contenesse qualcosa di traumatico e di doloroso scoraggiante un faccia a faccia ravvicinato. In tal caso il suicidio sarebbe una risposta più razionale e efficace di una partita a briscola. Più plausibile che siamo naturalmente costituiti per programmare, operare, realizzare (tutta roba che si può fare anche seduti sul divano) e se non esercitiamo questo moto che ci soddisfa compensiamo con surrogati.

Giovedì, 26 Marzo 2020 18:29

Legalismo

Quante e quali sono le leggi sanitarie italiane? Pacchetto troppo vasto e complesso per conoscerlo tutto; solo per gli alimenti incontriamo diverse centinaia di norme e prescrizioni rigorose, tutte da ottemperare letteralmente. Salus Populi Suprema Lex.

E fu così che interamente impegnati nel monitoraggio sanitario di un'innocua piastrella sbeccata ci sfuggì l'epocale cesoiata.

Mercoledì, 25 Marzo 2020 16:54

Ma soltanto a una certa età

C’è chi è esonerato dall’obbligo di rispingere ancora sulla vetta il masso che rotola di nuovo a valle, ma soltanto a una certa età.

Mercoledì, 25 Marzo 2020 00:02

Teoria delle finestre aggiustate

Con una dettagliatissima lista della spesa mi distacco dal paradiso rurale dove vivo. Tutte, ma proprio tutte, le auto che incontro nei 7 km di Provinciale che scende in paese non superano il prescritto limite dei 50 orari, roba mai vista! Andare a 65 all'ora non infetta nessuno, eppure tutti a 45, roba da formulare la “teoria delle finestre aggiustate” (vale a dire “teoria delle finestre rotte”, un giro su Wikipedia per chi se la fosse scordata).

Domenica, 22 Marzo 2020 22:00

Latest news

«In un angolo remoto dell'universo scintillante e diffuso attraverso infiniti sistemi solari c'era una volta un astro, su cui animali intelligenti scoprirono la conoscenza. Fu il minuto più tracotante e più menzognero della “storia del mondo”: ma tutto ciò durò soltanto un minuto. Dopo pochi respiri della natura, la stella si irrigidì e gli animali intelligenti dovettero morire.» (Nietzsche, “Su verità e menzogna in senso extramorale”).

Venerdì, 20 Marzo 2020 21:44

Momento entusiasmante

Gli stoici vivevano ogni disgrazia come espressione dell’ordine provvidenziale dell'universo; i cinici valutavano proficua qualsiasi avversità; Gesù diceva beati gli afflitti e Boezio proclamava che agli uomini giovi molto più la sorte avversa di quella prospera.

Insomma momento entusiasmante, il nostro.

 

Mercoledì, 18 Marzo 2020 00:04

Per un flashmob filosofico

Nel vivere in campagna non è cambiata (letteralmente) una virgola del mio consueto vivere, ad eccezione di quella mezz’ora, ogni tre giorni, che mi vede in paese a fare spesa; organizzandomi con qualche gallina ovaiola e un orto più grande eviterei anche quello. Eppure tutto è stravolto nel costatare come una minuscola forma di vita primitiva basti e avanzi per smantellare l’imperversante, quanto presupposta, onnipotenza antropocentrica. La sofferenza degli altri mi preoccupa, sarebbe ben stolto un eremitaggio rurale insensibile alle urgenze della storia, nondimeno questa mia possibilità di permanere indenne ai drammatici eventi odierni, qualcosa significherà. Mi piace almanaccare che l’evangelico: “Ma il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?” Corrisponda all’inopinato “ritorno” di madre natura, e lì saremo noi stessi a giudicarci. Forse sarò pessimista ma sovente i cambiamenti dettati da emergenza sono fuochi di paglia. Ricordo che da ragazzo ero andato volontario per il terremoto in Friuli, a caldo eravamo tutti stravolti e solidali ma passato qualche mese siamo ridiventati come prima. Ci sarà una qualche misteriosa legge che ci fa ri-gravitare verso le solite abitudini mentali. Gli “uomini viventi” lo sono prima e dopo, a prescindere delle catastrofi che gli piombano tra capo e collo. Probabilmente sto esagerando nella mia poca fiducia col genere umano, me incluso, più speranzoso e propositivo il caro amico filosofo Orlando Franceschelli che, in questi difficili giorni, propone un valoroso flashmob filosofico. Dove? Ovunque. Con chi? Con tutti. Quando? A oltranza.

 

Virus, madre natura e stoltezza umana: che significa vincere la guerra contro l’attuale pandemia?

Per un flashmob filosofico

Che l’umanità sappia affrontare con coraggio, determinazione e solidarietà anche le prove più impegnative della vita e della storia, è noto. E lo confermano anche i flashmob con cui gli italiani manifestano la propria reazione contro l’attuale epidemia e la loro gratitudine per ricercatori, medici, infermieri, volontari che in questa lotta comune si trovano in prima linea. Di questa nostra capacità di re-agire –o resilienza- specialmente in questi giorni e del tutto comprensibilmente si sente parlare anche con accenti bellici: siamo in guerra contro un nemico invisibile e nessuno deve disertare. Come invece fanno sempre coloro che, con maggiore o minore cinismo, persino delle più gravi calamità cercano soltanto di capire come sfruttarle al meglio per i propri fini egoistici: economici, politici, di vanitosa notorietà. Ma lasciamo pure al loro mestiere i parassiti della sofferenza. E’ a coloro che sono solidali con quanti sono maggiormente provati da questa epidemia che vorrei fare una modestissima proposta, nella speranza che non suoni eccessivamente strana.

L’auspicio che spesso e giustamente si sente in questi giorni è che dalla ‘guerra’ contro l’attuale pandemia si possa uscire non solo quanto prima, ma anche migliorati. E proprio qui è il punto: cosa significa vincere la guerra contro il virus e migliorare noi stessi? Indubbiamente significa contenere e alla fine sconfiggere la pandemia. Ma non dovrebbe significare anche accrescere la nostra critica consapevolezza di come dovremo comportarci in futuro per non ritrovarci di nuovo in simili situazioni? Dobbiamo vincere per poter ricominciare tutto come prima?

Ecco: vorrei proporre una sorta di flashmob filosofico che ci stimoli a dedicare qualche riflessione anche a questo problema: se proprio siamo in guerra, contro cosa dobbiamo lottare per vincerla effettivamente? Soltanto contro i virus che sulla faccia della terra ci sono da prima di noi esseri umani? O anche contro le concezioni e i comportamenti di noi “sapiens” che la terra la stiamo trasformando da ambiente-dimora in ambiente-incubo per un numero sempre crescente di esseri viventi? A cominciare ovviamente dagli esseri umani e dagli animali-non-umani più deboli e più poveri.

E’ facile e del tutto ragionevole pensare che a queste domande ogni donna e ogni uomo risponderà con gli accenti (filosofici, etico-politici, religiosi) che maggiormente sente nelle proprie corde. Ma azzardo una previsione: da questi flashmob filosofici ognuno di noi, come persona e come cittadino, uscirebbe migliorato. E forse più di qualcuno potrebbe fare o rifare –mirabile a dirsi- anche la più interessante delle scoperte. Quella più intimamente collegata alla nascita e allo sviluppo della stessa filosofia, ossia –alla lettera- della ricerca del sapere-saggezza a cui anche noi esseri umani possiamo legittimamente aspirare: la scoperta che esiste una realtà naturale e che di essa siamo parte anche noi esseri umani, con le nostre storie individuali e con tutta la storia della nostra specie. Parte appunto. Anzi: «piccola parte», come ammoniva già Spinoza, non proprietari, dominatori, predatori e chi più ne ha più ne metta.

Se dunque la vittoria che ci interessa riportare sul coronavirus effettivamente non è tornare quanto prima alle concezioni e ai comportamenti ante-pandemia, allora anche qualche modesto flashmob filosofico può aiutarci a capire che proprio da questa pandemia usciremo migliorati se –e solo se- sapremo confrontarci criticamente con la scoperta o ri-scoprta appena richiamata: col dato di fatto che «possiamo scacciare la natura col forcone, essa tuttavia ritornerà sempre/ e furtivamente si insinuerà tra gli ostacoli che le si frappongono» (Orazio, Epistole, I, 10, 24-25). Vale a dire: tu essere umano puoi anche trascurare il dato di fatto di essere parte della natura. Di più: nei confronti della natura puoi essere persino arrogante. Ma in realtà la tua appartenenza a madre natura (antropologia dell’eco- appartenenza) prima o poi torna sempre a farsi sentire. Prima o poi madre natura ritorna –ma quando se n’era andata?- con tutta la sua indifferenza al nostro destino, al nostro bene e al nostro male, con tutta la sua potenza sovrumana dell’infinitamente piccolo e dell’infinitamente grande: come virus, come terremoto, come acqua ed aria inquinata, come desertificazione, estinzione di specie, crisi ecologica che non è esagerato definire epocale.

E perché no: può tornare anche come opportunità di migliorare noi stessi. Come nostra resilienza alle crisi. E’ innegabile infatti che della realtà naturale facciamo parte anche noi esseri umani, col nostro impegno a migliorare concezioni, comportamenti, tentativi di essere felici, per quanto è possibile, e solidali verso ogni forma di sofferenza. Questo è il sapere-saggezza che siamo sollecitati a ricercare –e praticare- dalla filosofia, nata appunto come «indagine sulla natura». E dei cui cultori –mi si conceda quest’ultima precisazione- un eminente rappresentante della Grecia classica sentì di parlare in questi termini: «Beato chi ha tratto sapere da questa indagine. Costui non provoca né sofferenze ai concittadini né azioni ingiuste, ma indaga l’ordine eterno dell’immortale natura e domanda: a che scopo è sorto, in che modo, quando? Uno così non cade mai preda di pensieri e di azioni malvagie e di cui dovrebbe vergognarsi» (Euripide, Frammenti, n. 910). Proprio un simile elogio di un’autentica ricerca filosofica mi è riaffiorato alla mente leggendo la risposta di David Quammen -studioso e divulgatore che da anni mette in guardia contro i rischi del passaggio dei virus da una specie all’altra- alla domanda se il coronavirus possa essere definito una vendetta della natura sull’uomo: «Non credo nella metafora della “vendetta della natura” che tende a personificare la Natura come un’entità saggia, con un suo fine e una sua volontà. Non sono così romantico. Concepisco la natura come la concepiva Darwin. [...] Quella che gli altri vedono come una vendetta della natura, io la descriverei in questo modo: gli ecosistemi complessi ospitano animali, piante, funghi, batteri e altri organismi cellulari; e tutti questi organismi cellulari ospitano dei virus. Se decidiamo di comprometterli lo facciamo a nostro rischio e pericolo» (“Huffpost”, 9 marzo 2020, intervista a cura di S. Baldolini). Appunto, aveva ragione Orazio, da buon saggio epicureo: veramente faremmo bene a non sorprenderci mai dei “ritorni” di madre natura. E tanto più oggi che disponiamo di conoscenze scientifiche che solo gli stolti possono sottovalutare.

L’ultima intenzione di queste considerazioni è tradire lo spirito di spontanea agilità che anima sempre ogni autentico flashmob. Spirito col quale mi è parso possibile, interessante e opportuno rivolgermi a quanti, specie di fronte all’attuale pandemia, sentono il peso e il fascino di una resilienza anche educativa. Nella convinzione che trovare qualche minuto per riattivare anche la nostra riflessione filosofica su come uscire migliorati da questa guerra ‘contro’ il coronavirus, non è diserzione dal fronte comune. E ancor meno è gusto per le polemiche che dividono. O per i vanitosi sproloqui dei dotti.

Più semplicemente e ben sapendo che letture e occasioni per i necessari approfondimenti indiviuali e collettivi certo non mancheranno: è un invito a rendere esplicita la componente riflessiva che mi sembra animare i flashmob contro questa pandemia. Essi ci ricordano che proprio alle attuali, planetarie «urgenze della storia» (K. Löwith) dobbiamo imparare a reagire anche migliorando noi stessi e le nostre società.

Non è questo messaggio di saggia resilienza anche filosofica che, in definitiva, stiamo cercando di trasmettere anche in questi giorni? Non è nella possibilità di migliorarci che viene alla luce il senso più autentico e apprezzabile di ogni esortazione a capire sempre meglio le cose –le opportunità e i limiti- che ci riguardano come esseri umani e co-abitanti di questo fragile pianeta? Di ogni esortazione a essere più consapevoli e mai dimentichi – come in modo davvero toccante ed esemplare Gramsci ha saputo raccomandare al figlio dal chiuso di un carcere- che nella storia, e persino tra le sue sfide più impegnative e brutture più atroci, hanno sempre agito, agiscono e agiranno anche «gli uomini viventi [...], tutti gli uomini del mondo in quanto si uniscono tra loro in società e lavorano e lottano e migliorano se stessi»?

Gramsci chiudeva la breve lettera al piccolo Delio con un paterno: questo modo di guardare alla storia «non può non piacerti più di ogni altra cosa. Ma è così?».

A noi può bastare il semplice augurio di un buon flashmob anche filosofico a tutti.

Orlando Franceschelli, 16 marzo 2020

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