L’ho visto dietro casa stamattina il motore immobile causa di sé stesso, l’ho visto proprio in faccia in tutta la sua gloria nel germinare di una ghianda di roverella[1].
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1 A iniziare da circa il primo secolo avanti Cristo fino al, più o meno, secondo secolo dopo Cristo, si sono sviluppate concezioni che affermavano il primato del trascendente sull’immanente, del soprasensibile sulla materia. Tradizione che pescando da Platone arriva a Plotino chiamata dagli studiosi Medioplatonisno. Incanalandosi nella dottrina cristiana è giunto fino a noi che buttiamo gli occhi al cielo immaginando i cari defunti soggiornare in un trascendente lassù, anche se alla fine Plotino aveva in parte attenuato le fuorvianti separazioni ontologiche di chi l’aveva preceduto affermando l’Uno. Potenza che fa indissolubilmente ogni cosa e tutte le cose, in cielo e in terra. Anche Gesù di Nazareth evitava smodate separazioni tra il quaggiù e il lassù, a differenza di alcune concezioni dottrinali delle chiese cristiane, a ben vedere più medioplatoniche e gnostiche che cristiane. «Il regno di Dio è come un uomo che getta il seme nella terra; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce; come, egli stesso non lo sa». Mc 4,26-27. Potenza immanente.