Bruno Vergani
Radiografie appese a un filo. Condivisione di un percorso artistico, davanti al baratro con angoscia parzialmente controllata.
Il cosmo in una nota
Avevo chiesto agli amici musicologi, musicisti, musichieri, musicografi, musicomani e rockettari, qual è il punto preciso dove un rumore diventa suono e viceversa.
I più avevano sostenuto che decide il soggetto che crea, esegue, o ascolta vibrazioni sonore - da uno Stradivari in azione a una pressa dell’Ilva – interpretandole suoni oppure rumori, giudizio determinato da specifici gradi di sensibilità del singolo individuo che assonano simpatetici (piacere) o non assonano (indifferenza o fastidio) con le vibrazioni sonore che ascolta.
Ma c’è un altro termine che gli amici hanno messo in campo, è quello di melodia dove le vibrazioni prodotte da un qualsiasi corpo permangono rumori se emesse a capocchia e suoni se invece in successione, altezza e durata sensata. Un bel problema, in quanto tale estetica normata potrebbe essere evento oggettivo che precede la nostra percezione giudicante soggettiva. Non sto affermando che esista la musica delle Alte Sfere, ma forse qualcosa che gli assomiglia sì.
Gianni Rotondo musicista e psicologo chiarisce l’intuizione:
«Esiste il suono-rumore all’origine di tutto, il famoso Verbo…, in ordine di apparizione ed evoluzione "cerebrale" (nella specie uomo) : il ritmo e poi la melodia. E siccome una sola nota, scomposta attraverso un oscilloscopio rivela la presenza di diversi armonici o ipertoni ecco che l’armonia (gli accordi) è già inclusa nella melodia.»
“Già inclusa” ovvero l’oggetto della musica è lo stesso Principio cosmico come già affermavano i Pitagorici e Platone, manifestazione dell’energia che muove atomi e galassie. Se le cose stanno così una sola nota può “mostrare” l’essenza dell’universo più dei microscopi e telescopi.
I trasgressori saranno puniti con…
Da che mondo è mondo nei differenti ordini giuridici esercitati a qualsiasi latitudine il violare precetti e diritti comporta correlate sanzioni e pene. Per certi versi una sorta di precettistica “infantilizzazione” che sculaccia il reo per raddrizzare il legno storto.
Il punto è: sprovvista di correlata pena chi mai rispetterebbe una norma? Chi anticipando la norma promulgata dallo Stato già la osserva, per così dire implicitamente, perché già personalmente emessa e ottemperata per libero convincimento del soggetto; pleonastico che qualcun altro la scriva al suo posto imponendogliela.
Guardandomi intorno forse opportuno continuare con le sculacciate, non è il massimo ma non c’è di meglio.
L’Otre
Davvero non male la poetica del salmo biblico:
«Le mie lacrime nell'otre tuo raccogli;
non sono forse scritte nel tuo libro?»
Conclusi quarant’anni di lavoro nel considerare:
1 la sopportazione pazientemente avuta nei confronti di migliaia di persone moleste;
2 lo stilare sistematico e quotidiano di frasi malate, quanto obbligatorie, su registri vidimati a rigoroso rendiconto per trasmetterle tempestivamente a qualche burocrate legalista,
ebbene, non so se un ragioniere celeste ne abbia tenuto nota raccogliendole in un qualche otre per conteggiarle, a mio favore, su un libro mastro.
Non mi rimane che stilarle sul mio, non posso escludere che contandole tutte risulti un utile d'esercizio. Non è difficile tirare le somme: il risultato di una esistenza è quello che siamo.
L'immaginario materico
Le moderne indagini archeologiche dimostrano scientificamente che i libri portanti che compongono la Bibbia, e pure numerosi pezzi dei Vangeli, non sono fatti storici ma leggende.
A ben vedere l’esito dell’indagine porta più vantaggio che detrimento ai fedeli della tradizione giudaico-cristiana, per la circostanza di appartenere a un così valoroso lignaggio di narratori. Le storie non nascono dal niente ma dalla vita reale degli uomini, un racconto anche di estrema fiction è anticipato da una storia reale che produce mattoni biografici e psichici che poi costituiscono la storia di fantasia, mattoni che trattati fuori dal tempo e dai luoghi ordinari nella fornace della immaginazione narrante vengono restituiti sanati alla dimensione reale.
Tempo fa osservavo che in ogni esaltato sotto, sotto, c’è un disperato, se le cose stanno così gli autori dell’Antico Testamento erano messi davvero male per immaginare un Dio unico e onnipotente dei quali erano i prescelti, sostrato da cogliere e rispettare.
Bibbia, Pinocchio, Stallone che fa Rocky e l’Odissea sono, sì, storie di fantasia ma prodotte da pre-storie vere di persone reali, in fin dei conti la trama è suppergiù la stessa, c’è chi la racconta meglio e chi peggio ma funziona sempre perché è la nostra.
Colonne
Non è il caso di lamentarsi delle oltre 150 mila leggi e norme che regolano l’Italia, nel corso di una vita personale ne promulghiamo, di nostre, forse di più[1]. Costantemente emaniamo leggi e stiliamo norme che ottemperiamo, abroghiamo, modifichiamo, tradiamo. Giuste o inique[2] possono durare cinque minuti o per una vita, talora legalisti ne esaltiamo la forma altre volte la sostanza.
Nel bene e nel male poggiamo sopra due colonne da noi costruite, quella narrativa e quella normativa.
1 Qualcuno aveva puntato alla semplificazione: «Amerai il prossimo tuo come te stesso. Non c'è altro comandamento più importante di questi».
2 Anche delinquenti e amorali ottemperano, sovente rigorosi, leggi personali.
Spiritualità senza religione
L’invenzione delle religioni codificate e professate in gruppo risale al neolitico, periodo in apparenza remotissimo invece più che recente se considerato all’interno di tutta la storia di homo sapiens.
E che mai facevamo nei secoli e secoli antecedenti alla recentissima ideazione di un Padreterno? Palpavamo il culo alla Natura, me lo ricordo bene.
Apologia della tisana
Per campare faccio l’erborista, negli ultimi tempi innesto sempre più spesso il pilota automatico delle competenze introiettate e dei moti acquisiti, così mentre le mani autonome improntano tisane scruto in libertà gli avventori: dall’occhio triste di una giovane all’incisivo marcio di un vecchio. Ascolto quanto mi raccontano, materia prima che elaboro per poi scrivere, per piacere, tra una tisana e l’altra. Un po’ come fanno i rockettari che suonano in cantina dopo una giornata di altro e ben differente lavoro, quello rimunerativo, quello che indifferente al piacere e al dispiacere sostenti, come facevano Spinoza tornitore di lenti, Melville ispettore doganale, Kafka assicuratore contro gli infortuni, Pessoa corrispondente commerciale… Nonostante gli illustri predecessori non dispiacerebbe che i nostri rockettari invece di suonare gratis nel seminterrato, dopo una giornata di altro e faticoso lavoro, trovassero sopra un palco sostentamento da ascoltatori paganti e il minimo sindacale di gloria: il consenso per chi fa arte e anche per gli intellettuali è concupiscenza inestinguibile e in fin dei conti legittima. Invece no, la società sentenzia una scissione tra quello che ai rockettari piacerebbe fare e quello che invece gli tocca fare.
Sto provando a illustrare la diffusa problematica esistenziale denominata “sogno nel cassetto” nella fattispecie artistica e del correlato imperversante e un po’ bislacco giudizio di valore che colloca la figura dell’artista, a prescindere, in una sorta di Olimpo e il garzone del macellaio pregiudizialmente più sotto. Per risolverla, o perlomeno chiarirla, forse aiuterebbe buttare nel cassonetto della spazzatura il sogno e mettere nel cassetto il saggio filosofico Aut-Aut di Kierkegaard così da esplorare le radici della vita estetica (suppergiù ciò che ci piace fare) e di quella etica (grossomodo quello che è giusto fare e che dunque ci tocca fare). Kierkegaard nel considerare entrambe le categorie fondanti e - nonostante l’aut-aut del titolo italiano - compenetrate, smantella, anzi ribalta, il giudizio di valore che pone l’artista lassù e il garzone del macellaio laggiù. Già Giordano Bruno osservava che la provvidenza dispone che l’uomo «venga occupato nell’azione delle mani e contemplazione per l’intelletto, de maniera che non contempla senza azione e non opre senza contemplazione». Il Romanticismo rincara con Fichte: «anche l’occupazione ritenuta più bassa e insignificante, in quanto è connessa con la conservazione e la libera attività degli esseri morali, è santificata allo stesso modo dell’azione più elevata; Hegel definiva il lavoro atto universale in quanto «mediazione tra l’uomo e il suo mondo».
In fin dei conti non esiste separazione tra il lavoro intellettuale, artistico e manuale, tutti con valenza universale nel loro connettere persone e cose. Che li separa è più la liturgia posticcia, derivante da frettolosi pregiudizi di valore, che batte le mani ad attori di avanspettacolo e cantanti neomelodici ma non applaude il fornaio che sforna pagnotte e il cardiochirurgo che aggiusta un ventricolo.
Ma ben prima della problematica del piacere e dell’alienazione, del consenso immeritato e meritato, nel percorso artistico è cruciale che non ci si impantani nell’imperversante equivoco di considerare solenne l’estro artistico e dozzinale il dover lavorare per bisogno[1], fino al punto di valutare il dovere etico antagonista e precludente la personale realizzazione (vocazione).
Dopotutto basta l’osservazione empirica degli artisti che si reputano tali per rilevarne pochi valorosi e tanti isterici. Ci sarà pure una qualche ragione per la quale nella storia del rock incontriamo percentualmente più morti premature che in quella dei minatori. Farebbe bene a tutti, artisti in primis, un lavoro normale in questo mondo.
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1 Necessità che i radical chic, artisti e non artisti, presumono di conoscere ma a loro inaccessibile, finanche concettualmente, perché conoscibile solo se vissuta con costrizione in prima persona.
Bluff
Quando, di prima intenzione, un leader di un qualche gruppo si getta ideologicamente a testa bassa per difendere i diritti di tutti gli uomini, combattere l’ingiustizia e il sopruso dei forti sui deboli, non di rado va a finire che per realizzare il suo programma universale eserciterà, senza intenzione, ingiustizie e soprusi iniziando dai suoi compagni di percorso più prossimi.
Che la simulazione alberghi nascosta nella cosciente “prima intenzione” e la sincerità nell’inconsapevole “senza intenzione” è caratteristica squisitamente umana, se così è necessario annoverare la sincerità tra i compiti più complessi da realizzare, forse tra quelli impossibili.
Breve invito all’umiltà
Un tempo aspettavo che si relazionasse con me invece di fissare il telefonino, visto che gli stavo innanzi; ma adesso mi allontano rispettoso della sua urgente e sacra pulsione d’interconnessione col mondo intero e tutto il suo scibile.
Chi mai sono io per dargli di più? Faccenda statistica, scienza affidabile.
Il Principio
Agevole spiegare con precisione cosa sia una pietra, un albero, una bilancia e suppergiù anche un ghepardo ma “cos’è” una persona?
Vediamo e sentiamo umani apparati psicosomatici percependo la loro attività in presa diretta ma se vogliamo enuclearne il principio attivo arranchiamo. Siamo assolutamente prossimi a noi stessi quanto inspiegabili. Il punto è che a differenza dei determinati e uniformi funzionamenti della natura operiamo imprevedibili volendo e scegliendo. Enigmatico punto della realtà dove un ente «si determina secondo la propria legge: espressione della ‘libertà’ positiva dell'uomo, e quindi della responsabilità e imputabilità di ogni suo volere e azione» scrive la Treccani. Potenza autocausale, dunque, libera - «padre dei sui atti» (Aristotele).
Qual è, cos’è, dov’è e come si è costituito siffatto nucleo autodeterminante, causa di se stesso, che pur operando in condizioni e limiti nella totalità esercita senza causa estranea, non determinato dal tempo e dal luogo, quel peculiare spontaneo e continuo potere di iniziativa e scelta (nel bene e nel male), se non assoluto perlomeno in grado notevolissimo? Kant, al riguardo, osserva: «la causa libera non può essere nei suoi stati sottomessa a determinazioni di tempo, non dev’essere un fenomeno, dev’essere una cosa in sé e soltanto i suoi effetti sono da ritenersi fenomeni».
Se tale auto-sussistente movimento di pensiero che autocrea l’Io non è un fenomeno sarà necessariamente un principio cosmico, principio indefinibile con origine inspiegabile. Non so se Dio esiste, ma se c’è è quasi tutto a nostra immagine, solo un po' più prevedibile.