Bruno Vergani
Radiografie appese a un filo. Condivisione di un percorso artistico, davanti al baratro con angoscia parzialmente controllata.
Portali
Sto realizzando il terzo orto botanico ed è il migliore: questa volta raffrontando la mia aspettativa di vita col tempo necessario affinché le nuove piantine raggiungano gloria, risulta che non farò in tempo a goderle.
Eppure proprio in questa misura che fa e cura senza possesso s'aprono strani portali di rassicuranti regni.
Pensiero artificiale?
Vedo tre modi di pensare. Nel primo -che più che un modo è un modulo- riceviamo, memorizziamo ed esponiamo l’appreso; catechismo dello scibile prevedibile come un’eclissi, e qui le macchine già ci superano.
Nel secondo ragioniamo su questo materiale elaborandolo, anche le macchine lo fanno con esecuzioni più precise ma meno sorprendenti delle nostre.
Il terzo modo è l’articolare dei poeti e degli artisti che attingono chissà da dove, e qui non c’è partita.
Laicità in filosofia
Tra le caratteristiche di un filosofo valoroso (e di chi opera col pensiero), includerei la laicità di interloquire alla pari con la gente normale, quella che segue il buon senso, che profana ignora statuti e non possiede erudizione specifica, evitando di fare il sacerdote preconciliare che celebra la messa in latino rivolto all’altare.
Non tanto per essere più buono, umile e semplice rischiando l'ingenuità, ma perché l’altezzosità è indizio di fragilità.
Libero arbitrio, Natura, Dio
Sossio Giametta, che è davvero un piacere leggere, ci ricorda che pensatori del calibro di Spinoza, Schopenhauer e Voltaire, consideravano il libero arbitrio una mera credenza, di fatto inesistente[1]. Osservo che incardinando l’individuo umano nel meccanicistico funzionamento di una natura sprovvista di creatore il libero arbitrio diventa un’anomalia, un intruso, un nodo: se nel funzionamento cosmico ogni accadere è procurato da una causa specifica, quale sarebbe mai la causa della libertà di scegliere? La libertà non ha causa, un bel problema. Da cosa proverrebbe, dunque, questa strana sovranità avulsa dal funzionamento cosmico di causa ed effetto? O ammettiamo un Dio caratterizzato dal libero arbitrio che lo infonde nelle sue creature -ci sarebbe da chiedersi perché in alcune (Homo) lo infonderebbe di più e in altre (Plantae) di meno, comunque problemi Suoi-, oppure accettiamo che una sorta di Dio sia l’uomo stesso, ammettendo nell’individuo un nucleo soprannaturale, o comunque anarchico rispetto al funzionamento della natura, testimoniato dall’incausato, miracoloso, potere di scegliere.
Ci si trova in un ginepraio se riconosciamo la realtà del libero arbitrio ma precludiamo la possibilità di un Dio creatore, o di un qualcosa che gli assomiglia. Schopenhauer, che non ammette il Creatore, per uscire dal cul-de-sac prova a dimostrare che il libero arbitrio non esiste. Per Schopenhauer quelli che pensano grossolanamente (ad esempio il sottoscritto) si illudono, al netto di cause di forza maggiore, di essere liberi di scegliere perché constatano, empiricamente, la possibilità di scegliere tra differenti opzioni per l’elementare motivo che lo vogliono loro. Per Schopenhauer credono, sbagliandosi, che la personale volontà sia libera da ogni causa; dinamica invece inammissibile visto che qualsiasi evento che accade in questo mondo una causa ce l’ha sempre e l’uomo è un fenomeno naturale che non differisce dagli altri. Per Schopenhauer una precisa causa che attiva e determina la scelta individuale prefissandola c’è sempre, ma l’individuo non la coglie e non cogliendola ha la sensazione, errata, di esercitare una libera scelta. Nel nostro volere siamo davvero liberi di volere ciò che vogliamo? Per Schopenhauer non lo siamo nel senso che una cosa è «la libertà di fare quello che si vuole [ma tutt’altra cosa] è la libertà di volere o non volere quello che si vuole, che invece, secondo Schopenhauer e vari altri filosofi, non esiste.» (Giametta).
Per Schopenhauer la libertà di volere o non volere quello che si vuole è determinata dalle condizioni ma ancor di più, e totalmente, dal carattere individuale: scegli di volere o non volere quello che vuoi non perché sei libero ma perché sei tu. Arzigogolato? Un po’ sì. Grazie a queste parole finalmente sradicata la credenza nel libero arbitrio? Mica tanto. Banale? Per niente, perché anche se limitati dal nostro pensiero grossolano permaniamo perplessi, va riconosciuto a Schopenhauer che la sua visione è stimolante e insieme pacificante[2]. In fondo è il primato della vocazione, di quella ghianda peculiare che nel suo svilupparsi ci ha fatto quello che già eravamo. Nel comandamento diventa te stesso non c’è fatalismo e neppure stasi.
Le perplessità però crescono se espandiamo la visione schopenhaueriana dell’inesistenza del libero arbitrio a tutta la società: se le cose stanno come sostiene consegue che il mondo è perfetto proprio così com’è, e manco potrebbe essere diverso. Per il diritto le cose si complicano ulteriormente: permane sì una sorta di imputabilità personale, ma non per il reato commesso, ma perché sei tu (che l’ha necessariamente commesso).
Ma se tutto ha una causa -ricordiamoci che Schopenhauer si muove in questo solco aristotelico per demolire il libero arbitrio, quindi deve coerentemente mantenerlo fino alla conclusione- quale sarebbe la causa del carattere personale e, dunque, del conseguente prefissato scegliere. Per Schopenhauer è una sorta di emanazione della Volontà naturale che pervade gli individui, ma il motivo per cui questa emanazione si distribuisca in differente grado e qualità, per cui tu sei così e quell’altro cosà, è per il filoso un mistero (vedi noumeno e dintorni). In fin dei conti il pensiero raffinato alza l'asticella rispetto a quello grossolano, ma poi al pari di questo non riesce a saltarla.
Per come la vedo Schopenhauer afferma una verità ma parziale. Vero che c’è DNA e potremmo aggiungere anche l’inconscio che non ci fa essere padroni a casa nostra, ma la vocazione non è riducibile a questo: anzi riguardo l’inconscio ognuno ha un po’ quello che si merita. L’Affermare consapevolmente scelgo così perché sono io non può ridursi a una logica binaria che vede o totale e necessaria fissità o assoluta libertà, plausibile che agiscano entrambe e non è neppure escluso che siano la stessa cosa.
_________________________________________________
1 Sossio Giametta, I PAZZI DI DIO, CROCE, HEIDEGGER, SCHOPENHAUER, NIETZSCHE E ALTRI, saggi e recensioni, La Città del Sole.
2 Nei Saggi - Libro I, Capitolo LVII « Dell’Età » - Montaigne cita un modo di dire della Francia del 500: « Se la spina non punge quando nasce, è difficile che punga mai. ». Montaigne puntualizza:
«Quanto a me, penso che a vent’anni i nostri animi si siano ormai sviluppati quanto devono esserlo, e promettano quanto potranno. Mai un animo che non abbia dato a quell’età testimonianza ben evidente della sua forza, ne dètte la prova in seguito. Le qualità e le virtù naturali mostrano entro quel termine, o mai, quello che hanno di vigoroso e di bello.»
Inedito?
Chi scrive un’autobiografia o passa semplicemente in rassegna la sua esistenza, potrebbe anche registrare che gli stadi di pensiero individuale, vissuti da bambino, adolescente, età adulta e vecchiaia se c’è arrivato, talvolta hanno ricalcato cronologicamente il processo della storia della filosofia che partendo dai presocratici è passata ai classici, poi alla scolastica fino all'idealismo e al post moderno.
Ma questa sorta di ontogenesi che riassume la filogenesi è forse più riscontrabile da quelli della mia generazione che, dopo l’adolescenza, avevano abbracciato una propria scolastica medioevale credendo in qualche verità indiscutibile per poi superarla, nella fattispecie marxista oppure cattolica, in qualche raro caso destroide. Senza quella pancia medievale (personale e collettiva) tutto permane più sfasato, liquido e indecifrabile.
Giudizio immediato
E’ forse una ingenuità voler sospendere il giudizio su un atto, basta una neutra constatazione di fatto e già emerge il suo valore o disvalore, perché l’atto il giudizio ce l’ha già dentro.
Un atto umano -l’atto lo facciamo noi, la natura esegue azioni- contiene ed esplica valore, non necessariamente nel senso morale assiologico, ma come cifra di validità e efficienza che produce positivamente o negativamente, come i poli elettrici e i numeri, quello che prima non c’era.
Impossibile vivere senza annotare e distinguere gli atti e questo riconoscimento è già giudizio che sentenziano gli atti stessi, perché al di là del bene e del male ogni delitto è in sé pena e ogni merito è già premio.
Leggere scrivere e far di conto
E’ il corpo, il pensiero, è ciò che incontriamo, frequentiamo ed elaboriamo che fanno il linguaggio, insomma è la vita che crea la lingua (pensiamo ai dialetti), mentre sintassi e grammatica la sistemano generalizzandola in modo da comprenderci tutti e meglio.
Così pur padroneggiando retoriche o tecniche di scrittura se poco si ha da dire pochezze si diranno, però in accattivante confezione; circostanza aggravante.
Il fico d’India
Una pala di fico d’India caduta a terra ha radicato in presa diretta.
Ci ricorda che la modalità di propagazione mediante riproduzione sessuata tramite accoppiamento (generazione), sulla quale abbiamo costruito civiltà, filosofie, tradizioni religiose e psicologie, è solamente uno dei tanti diversi processi che, su questo pianeta, la natura svolge per perpetuare alcune sue parti.
Deus
Pietra, pianta, animale, uomo: enti e moti distinguibili ma inseparabili in un impersonale tutt’Uno causa di sé.
E’ questo il Dio di Spinoza, forse quello più accettato[1] e nel contempo il meno onorato, perché se le cose fondamentali stanno come afferma Spinoza, ed è plausibile che stiano in tal modo, irrompe un concretissimo comandamento che recita così: «Accetta». Non è scritto da nessuno ma che reclama l'ottemperanza di ognuno nella resa dell'io alla natura, se possibile d'alleanza.
__________________________________
1 Anche se i due approcci non si escludono necessariamente l'un l'altro, ad occhio e croce sono più quelli che cercano Dio passeggiando nella natura, rispetto a quelli che partecipano a liturgie in qualche chiesa.
Il passante
Osservo il primo che passa, forze oscure gli abitano dentro nel suo complicato esistere in questo mondo. Nell’indifferenza di molti e ostilità di qualcuno il suo corpo decade rapido per morire, e lui lo sa.
Eppure tira dritto retto da forze contrapposte altrettanto potenti, tutte da indagare.