Bruno Vergani
Radiografie appese a un filo. Condivisione di un percorso artistico, davanti al baratro con angoscia parzialmente controllata.
Filosofia d’a-mare. La passione amorosa.
Le conferenze sono agilmente trascrivibili e le lezioni condensabili in bigini, ma se si vuole raccontare l’ultima edizione del FESTIVAL DELLA FILOSOFIA D’A-MARE di fine aprile, svoltosi a Castellamare del Golfo (Trapani), non si ha dove posare il capo. Tutto poggiava sul dialogo filosofico e il dialogo come il pesce è meglio mangiarlo fresco in presa diretta.
Le quattro giornate sono state architettate in una proficua sinergia di relazioni di filosofi seguite, a caldo, da gruppi di lavoro dei con-filosofanti, partecipanti non filosofi di professione come me, che indagano e pensano autorizzandosi da sé, moderati maieuticamente da altri filosofi. Gruppi di lavoro nei quali i filosofi che avevano precedentemente relazionato stimolando la tematica, partecipavano come semplici con-filosofanti mischiati ai partecipanti. Situazione rara, forse unica nel panorama dei festival filosofici, dove i filosofi relatori il più delle volte si limitano, poco laicamente, a pontificare ieratici dal palco senza interagire con i partecipanti.
Evitando il surgelato della trasmissione in differita provo a scrivere in libertà frammenti del mio diario spirituale di partecipante, una sorta di stream of consciousness che il Festival mi ha attivato, riportando mie comprensioni ed elaborazioni che potrebbero scostarsi dall’originale quanto si discosta, per dirla alla Montaigne, il miele prodotto dalle api dal nettare dei fiori che bottinano.
In questo articolo dirò della tematica affrontata dal filosofo Alberto Giovanni Biuso, notevole per contenuti ed esposizione, argomento “La passione amorosa”, stiamo parlando dell’innamoramento estremo; se è innamoramento è estremo altrimenti è un’altra cosa. Nella passione amorosa irrompono elementi e moti naturali (corpo, leggi di riproduzione) nelle dinamiche culturali (storia, civiltà). Tale irrompere pur favorendo relazioni intraspecifiche le perturba alla radice, la passione amorosa è avvenimento anarchico ed eversivo del socialmente costituito che il potere sociale istituito guerreggia. Come l’angoscia di piombare nel baratro del nulla è risolta kierkegaardianamente dall’inserzione dell'eternità nel tempo operata da Cristo, nell’innamoramento accade esattamente l’opposto: l’irrompere del dio sconvolge il risolto e apre baratri. Nell’abbandonarci all’Altro si svolge un “dramma ermeneutico”, nell’innamoramento l’Altro non è più un individuo con la sua biografia ma entità sacra, separata, irraggiungibile nella sua assolutezza. Per comprendere i territori estremi e tragici che provo ad indicare ognuno può attingere dalla propria esperienza esistenziale, per maggior chiarezza invito a rammentare “I dolori del giovane Werther” del primo Goethe, per chi non lo conoscesse può, in subordine, leggere il testo della canzone “Pugni chiusi” quella dei Ribelli che, rischiando certamente la grossolanità ma favorendo forse la comprensibilità della tematica, riporto:
«Occhi spenti nel buio del mondo
per chi è di pietra come me […]
Perduto per sempre! Non ha più ragione la vita.
La mia salvezza sei tu […] Pugni chiusi non ho più speranze
in me c'è la notte più nera […]
Io come un albero nudo senza te
senza foglie e radici ormai […];
Mi manchi come quando cerco Dio
il dolore è forte come un lungo addio […]
E l’assenza di te è un vuoto dentro me […]
In ogni lacrima tu sarai per non dimenticarti mai.
E mi manchi, amore mio così tanto che ogni giorno muoio anch’io […]
Grido il bisogno di te perché non c’è più vita in me.»
Nell’innamoramento L’Altro ci sconvolge, proiettandoci in una “utopia temporale” un “Sempre” dove amore e morte, freudianamente, si fondono. Ricordo lo psicoanalista Giacomo Contri che aveva implementato la puntuale definizione di “Cielo Infernale”. L’Altro, unico e assoluto, è oggetto ermeneutico dal quale ci rimbalzano addosso le immense forze che gli proiettiamo sopra: “dramma della solitudine”.
Annoto l’importanza di affrontare il dramma dei femminicidi evitando impotenti moralismi, consapevoli dei territori che Biuso additava, così da essere, per quanto possibile, attrezzati nel decifrarli e allenati nel transitarli. Sulla falsariga della lettera di Paolo agli Efesini bonificata dagli effluvi gnostici, si potrebbe qui affermare:
«La nostra battaglia infatti non è contro creature fatte di sangue e di carne, ma contro i Principati e le Potestà, contro gli spiriti che abitano nelle regioni celesti».
Nei successivi gruppi di lavoro dei con-filosofanti sulla tematica si è perlopiù virato verso l’affermazione degli aspetti positivi dell’amore, inclusi gli amori amicali e quelli agapici. Divagazioni lecite per i non filosofi di professione quanto è stato lecito, anzi doveroso, per Biuso il suo dire senza digredire. Plausibile che nei con-filosofanti e nei filosofi moderatori si sia attivata una sorta di legittima difesa, quella consigliata nel Libro Dodicesimo dell’Odissea:
«Le Sirene sedendo in un bel prato,
Mandano un canto dalle argute labbra,
Che alletta il passeggier: ma non lontano
D'ossa d'umani putrefatti corpi
E di pelli marcite, un monte s'alza.
Tu veloce oltrepassa».
Qualificazioni
Qualcuno suggestivamente la definisce proprietà transitiva degli affetti e Jung la chiamava sincronicità, ma la definizione tecnica più puntuale e insuperata è ancora quella che avevamo appreso nel catechismo della Chiesa cattolica: corpo mistico.
Psicofitologia
Si percorre la fase orale nell’interessarci alle piante solo per mangiarcele, quella fallica nel prestare esclusiva attenzione ai fiori che esibiscono.
Giusto così, a patto che non ci si fissi più del necessario e si prosegua oltre.
Monoteismo 2.0
Annichilente qualsiasi scelta personale e più dispotica del Dio veterotestamentario quando si alza storto, è la teoria necessaristica, deterministico-meccanicistica[1].
Manco la libertà di bestemmiarla.
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1 Meccanico concatenamento di moti e accadimenti senza intenzione e finalità prodotti da cause anch'esse effetti per lo stesso automatismo.
Vincolante ordine primigenio
Due persone intelligenti e intellettualmente oneste che, seguendo la logica e i suoi statuti, permangono su posizioni opposte riguardo tematiche cruciali, come ad esempio l'esistenza o l'inesistenza di Dio, sono forse prova che le concezioni che consideriamo giuste non sono determinate soltanto da scelte logiche ma anche da quote di prerazionale: DNA e primissimi anni di vita nei quali abbiamo appreso il mondo attraverso specifiche circostanze.
Accade, e non di rado, che soggetti arguti ed eruditi utilizzino queste loro qualità per riaffermare e giustificare inconsapevolmente[1] quel pre-giudizio primigenio.
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1 «Così come un popolo sceglie i propri governanti, la teoria conferisce autorità all’osservazione, affinché governi la giustificazione delle teorie» (P. Kosso).
Gabbamento
Opporsi al nichilismo proclamando verità assolute è processo che appartiene allo stesso nichilismo, anzi lo catalizza traslando il «Niente è vero, tutto è permesso»[1] al voilà la Verità, (in nome della quale) tutto è permesso[2]. Un esempio, tra i tanti possibili, che dimostra quanto nei processi storici le cose vadano semplicemente dove devono andare, non solo indifferenti al nostro attivo resistere ma utilizzandolo.
L’ho vista in faccia questa onnivora e furbissima entità che determina il mondo, si aggirava nel parcheggio del centro commerciale nel vegetare del Centocchio in una spaccatura nell’asfalto e nei figli che scendevano e salivano dalle auto di coppie scoppiate, quanto procreanti.
È la natura, è la specie, che abbindola il singolo e vince.
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1 Nietzsche - Così parlò Zarathustra.
2 In ogni esaltato, sotto, sotto, c'è un disperato. Trasponendo la metafora di Mao Tse-tung quando scriveva che i guerriglieri devono «nuotare in mezzo al popolo come i pesci nell'acqua», possiamo osservare che nichilista e fanatico nuotano nello stesso lago.
Capienze
Apprendo[1] che alcuni storici della filosofia avevano romanticamente individuato la causa della follia di Nietzsche nell’inevitabile deflagrare della mente individuale se invasa dalla potenza dell’Assoluto. Diagnosi che ricorda la leggenda di Agostino, quando nell'incontare un bambino che provava a travasare il mare in una buca l'aveva avvisato dell’impossibilità dell’operazione, sentendosi replicare che lui faceva lo stesso nel pretendere di far entrare gli immensi misteri di Dio nella sua piccola testa di uomo.
Allegorie utili se tali restano, visto che di fatto coscienza e pensiero non ottemperano le stessi leggi di una bottiglia di birra, ma fluttuanti e flessuosi non hanno misura fissa e, perlopiù, non esplodono per il troppo contenuto ma per perdita di moto e elasticità.
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1 Sossio Giametta, I PAZZI DI DIO, CROCE, HEIDEGGER, SCHOPENHAUER, NIETZSCHE E ALTRI, saggi e recensioni, La Città del Sole.
Indizi di grandezza
Siamo un disastro nelle relazioni amorose? Ambivalenti e conflittuali in quelle amicali?
Ci troviamo a un buon punto per diventare dei grandi, al pari di Nietzsche e Schopenhauer che in queste cose producevano macerie a raffica, solo un ultimo sforzetto per implementare una teoresi dell'esistente originale e valorosa quanto la loro ed è fatta.
Il miracolo dell’imputabilità
Ogni agente (o azione) produce eventi, ma consideriamo imputabile solo quell’agente che liberamente intende, vuole, sceglie e può, causare responsabilmente uno specifico evento invece che un altro. Passando in rassegna l’inventario del mondo, metafisico incluso, diciamo che imputabile è solo l’uomo, mentre il resto è funzionamento governato da leggi di necessità.
Se tale imputabilità è un antropocentrico artefatto culturale estraneo all'oggettività della natura, una teoria non dimostrata, una narrazione che abbiamo costruito perché non possiamo assumere l’operato di un Hitler al pari di un fiume che gravita necessariamente al mare, tutto torna, tragicamente ma torna, e rimossa l'anomalia del libero arbitrio ogni parte del cosmo permane al suo posto senza forzature[1].
Ma se questa umana imputabilità esiste realmente e universalmente, ed io la vedo esserci, andrebbe enucleata chirurgicamente per cogliere il suo giusto posto nell’economia cosmica, non è escluso che potrebbe valicare l'intra-umano e spiegare l’universo.
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1 In parti del pensiero orientale il libero arbitrio è considerato sabbia negli ingranaggi del funzionamento naturale. Nella Bhagavad Gita si narra che Arjuna un momento prima della battaglia scorgendo tra i nemici parenti e amici intende ritirarsi per non ucciderli, ma il dio Krishna giudica illusorio quel sentire e lo sprona a combattere con totale distacco, ottemperando il suo ruolo nell’Uno del sommo funzionamento cosmico.
Il mondo delle idee
Diciamo cinghiale se uno, cinghiali se di più. Tutto qui.
Ma se diciamo padre enunciamo un principio eterno e universale, mentre nel dire padri riportiamo notizie di cronaca provinciale o al massimo storiche.
Miti e archetipi come le figure dei tarocchi ardono solo nella forma singolare -talora anabolizzati dall'articolo determinativo e dalla maiuscola- ma al plurale si estinguono.