Ogni agente (o azione) produce eventi, ma consideriamo imputabile solo quell’agente che liberamente intende, vuole, sceglie e può, causare responsabilmente uno specifico evento invece che un altro. Passando in rassegna l’inventario del mondo, metafisico incluso, diciamo che imputabile è solo l’uomo, mentre il resto è funzionamento governato da leggi di necessità.
Se tale imputabilità è un antropocentrico artefatto culturale estraneo all'oggettività della natura, una teoria non dimostrata, una narrazione che abbiamo costruito perché non possiamo assumere l’operato di un Hitler al pari di un fiume che gravita necessariamente al mare, tutto torna, tragicamente ma torna, e rimossa l'anomalia del libero arbitrio ogni parte del cosmo permane al suo posto senza forzature[1].
Ma se questa umana imputabilità esiste realmente e universalmente, ed io la vedo esserci, andrebbe enucleata chirurgicamente per cogliere il suo giusto posto nell’economia cosmica, non è escluso che potrebbe valicare l'intra-umano e spiegare l’universo.
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1 In parti del pensiero orientale il libero arbitrio è considerato sabbia negli ingranaggi del funzionamento naturale. Nella Bhagavad Gita si narra che Arjuna un momento prima della battaglia scorgendo tra i nemici parenti e amici intende ritirarsi per non ucciderli, ma il dio Krishna giudica illusorio quel sentire e lo sprona a combattere con totale distacco, ottemperando il suo ruolo nell’Uno del sommo funzionamento cosmico.