Bruno Vergani
Radiografie appese a un filo. Condivisione di un percorso artistico, davanti al baratro con angoscia parzialmente controllata.
io amo, tu ami, egli ama, noi odiamo, voi odiate, essi odiano
"Guardarsi negli occhi" in Google quasi sette milioni di risultati e siamo socialmente disastrati.
Non è che sia proprio per quello?
o/o - e/e
Fellini affermava che lui faceva film e gli altri (critici, psicanalisti, intellettuali, pubblico) glie li spiegavano. Dunque un realizzarsi della persona che attinge spontanea dal suo intimo indifferente al pensiero razionale.
Neri Pollastri indica invece la personale realizzazione in direzione opposta:
« Far sì che le persone filosifino è permettere che gli individui […] recuperino il loro senso di essere al mondo, la stima nelle possibilità di agirvi, la fiducia nelle loro stesse capacità di pensiero. Cercando la comprensione della realtà (si potrebbe dire, cercando la verità) troveranno anche loro stessi: perché non si cercheranno autisticamente nella propria intimità, ma si ricollocheranno autonomamente nel mondo che avranno ripreso a frequentare col pensiero.»
[Filosofia praticata Di Girolamo editore pag.32].
A bene vedere l’apparente contrapposizione “o/o” [o così oppure il suo contrario cosà] del pensiero razionale rivolto alla realtà esterna alternativo all’intuizione che emerge dall'intimo, è fittizia. Di fatto, lontani da funzionamenti binari, viviamo mischiando il pensare all’intuire. Un e/e invece di un o/o.
Gian Luca Barbieri, docente di Psicologia Dinamica e ricercatore presso la Facoltà di Psicologia di Parma, giustamente osserva che:
«il ragionare sul proprio IO implica che per ottenere questo obiettivo, si utilizzino gli strumenti che lo stesso IO ci mette a disposizione. Non è un circolo vizioso? Non è questa una logica autoreferenziale che si giustifica per forza? Guardarsi dentro e guardarsi fuori è poi così diverso? Dato che tutto viene filtrato dal proprio IO?»
Il Dio dei leghisti
Raduno della Lega Nord. Umberto Bossi arringa il popolo bergamasco.
«… Stavolta abbiamo subito anche il Presidente della Repubblica che è venuto a riempirci di tricolori sapendo bene che il tricolore non piace alla gente del nord…altro che democrazia!»
Sotto il palco i militanti latrano compatti: «Vergogna!»
Bossi : «Eh certo!»
Pubblico : «Usciamo dall’Italia! Andiamocene via!»
Bossi : «Mandiamo un saluto al Presidente della Repubblica!» E fa le corna.
«D’altra parte nomen omen… si chiama napoletano… Oh no! Non sapevo che l’era un terùn!»
I militanti leghisti esultano: «Roma ladrona la Lega non perdona!... Monti Monti vaffanculo! Monti Monti vaffanculo!»
Bossi : «E magari gli piace, cazzo!»
Il pubblico in delirio applaude il capo. Qualcun altro invece lo denuncia per vilipendio al Capo dello Stato, tra questi il regista Ermanno Olmi.
Cattolica, gran parte, di quel pubblico esultante. Cattolico il regista che denuncia. Qualcosa non torna. Cosa? Era la fine di dicembre del 2011 e la risposta era in stampa: “Il Dio dei Leghisti” di Augusto Cavadi oggi in libreria.
Chi è il leghista? A quale tipologia umana appartiene? Chirurgico l’Autore, filosofo e teologo, ne delinea il “codice culturale”. Appare un tipo umano aderente ad una ideologia semplificata, un Leninismo temperato dall’oratoria efficace e popolana. E’ reattivo: avverte la globalizzazione una minaccia alla sua identità e per difendersi si attacca alle tradizioni, alle radici popolari e mitiche, del suo territorio. “Tribalismo ipermoderno” che mai ironico difende i suoi miti provinciali per non essere fagocitato da socialismi o liberismi omologanti o sopraffatto dal diverso, dallo straniero.
I suoi principi etici sono elementari, primo fra tutti l’“idiotismo apolitico”: prima io poi gli altri. E’ un gran lavoratore, quasi eroico. Orgoglioso della sua virilità talvolta è ossessivamente omofobo. Tronfio della sua ignoranza diffida degli intellettuali.
Il libro è generoso di citazioni; alcune appaiono irreali. Borghezio, come prova provata di non essere razzista sentenzia:
«Le nere le ho provate quando sono stato in Africa, nello Zaire. Ah, le katanghesi! Le katanghesi! Prodotto notevole. Mica come le bruttone nigeriane che battono da noi. Quello che ho assaggiato li' era proprio un prodotto locale notevole».
Cavadi mantiene calma, profondità e lucidità: non scrive contro qualcuno, ma per comprendere e agire per migliorare le cose.
Fotografato il tipo umano veniamo informati delle sue concezioni teologiche: un panteismo naturalistico mischiato ad un cristianesimo ideologico, dove la religione è collante sociale e identitario. Il simbolo del Crocifisso, ostentato nei locali statali, esprime e sintetizza il patrimonio religioso ed etico padano. E a quel punto il lettore sente emergere chiara e forte dal profondo una domanda. La domanda. Si può essere cattolici e votare Lega? Com’è possibile conciliare il pensiero profetico, agapico, rivoluzionario, universalistico di Gesù di Nazareth - dove gli ultimi saranno i primi e i nemici amati invece che combattuti - con quel mix di panteismo naturalistico cristianista-egocentrico della Lega Nord? Qui l’Autore analizza il punto di incontro tra Chiesa cattolica e Lega: i “Valori non negoziabili” e nel confrontarli con il pensiero espresso da Gesù di Nazareth ne indica le incongruità. Questo è il problema e molti cattolici, di base e non, si sono accorti. Altri no: richiede fatica di pensiero relativizzare la propria visione del mondo quando la si considera unica ed esclusiva. Quando ci si ritiene depositari del bene assoluto si tende, a gloria di Dio e talvolta in buona fede, a relativizzare il temporale. Così, dalle alte sfere, indifferenti a quello che i comuni mortali si ostinano a chiamare ancora bene e male, si tira dritto per rafforzare l’istituzione salvifica. Tutto fa brodo per ingrandirla e difenderla, Borghezio che “prova” le katanghesi incluso.
Il Dio dei leghisti
Augusto Cavadi
Edizioni San Paolo
Prezzo copertina: € 14,00
Dammi tre parole: sole, cuore e amore
Quali sono gli interessi prioritari degli uomini moderni?
L’archivio di Google, nonostante le insidie insite all’ontologia semantica del WEB, qualche dato bruto ce lo regala grazie a miliardi di pagine in costante progressione.
Non sempre i nomi “dicono” le cose tuttavia ‘Love’ primeggia, ‘Sex’ imperversa e ‘God’ con quasi due miliardi di risultati rimane fanalino di coda dei colossi, tra questi ‘World’ e ‘Money’.
In GoogleFight il rischio di prendere lucciole per lanterne aumenta, perché non disambigua. Se non si ha nient’altro di più importante da fare merita, tuttavia, una visita: si scrivono due stringhe di testo e si lancia la ricerca. Il programma risponde indicandoci, anche graficamente, quale delle due stringhe (lemmi) raggiunge più risultati. Potremmo digitare ‘Sex’ e ‘God’, se appassionati ai pettegolezzi di provincia ‘Sesso’ e ‘Dio’ per vedere chi “vince”. Chissà?
googleBATTLE è più spartano e privo di grafica però somma i risultati delle due stringhe e fa bene, alcune parole sono così disinvolte che si accoppiano col primo che passa anche se apparentemente agli antipodi, ad esempio ‘Amore’ può intrattenersi agilmente con ‘Dio’ e ‘Sesso’.
Gli interessi prioritari degli uomini moderni appaiono un po’ prevedibili e vecchi: “amore sesso religione”. Nomi diversi ma forse sotto, sotto, più conniventi di quanto sembra. C’è da rimpiangere sesso, droga e rock n' roll? Forse no: ‘Think’ è inaspettatamente ben posizionato.
secrezioni
Il principio attivo allucinogeno del fungo Amanita muscaria si espelle dai reni. Nell’antichità, quando il prodotto scarseggiava, le scorte erano ingurgitate solo dagli sciamani e dai nobili. I poveri del villaggio, desiderosi di raggiungere l’estasi, dovevano bergli le urine e così facevano.
In coda dal tabacchino osservo quelli che danno i numeri al Lotto, sono in tanti, qualcosa me li fa associare ai bevitori di piscia. So di esagerare e che il collegamento è più psichico che logico.
Tutta colpa del «Lasciatemi sognare, con la schedina in mano. Lasciatemi sognare, sono un italiano», lo spot del Superenalotto che mi ha fatto rivoltare lo stomaco, quello che invita i poveri cristi a rimanere tali, immobili nella personale miseria, lì fermi senza intraprendere, fiduciosi che un Mandrake celeste favorirà, se spendono quel poco che gli resta nel dare i numeri, un destino benevolo.
Eppure molta Italia è davvero così, se fosse stata diversa non avremmo avuto i governanti da sogno degli ultimi vent’anni.
Paludi
«L'esistenza è fondamentalmente misteriosa e non desidera che i suoi misteri vengano svelati dalla parola. La superficie della vita di cui si può ed è concesso parlare è molto sottile; al resto, alle radici della vita e forse all'essenziale, si addicono le tenebre sotterranee.» P. A. Florenskij, Ai miei figli, p. 103.
Il profondo mi affascinava e un frammento come questo mi avrebbe portato, senza che neppure mi accorgessi, nei luoghi del mistero, del silenzio e dello stupore. Oggi diffido dell'indicibile e dell'occulto. Non mi piacciono le radici ficcate nelle incommensurabili profondità perché puzzano d'acqua paludosa.
Sindrome di Korsakoff
Anche oggi l’universo non ha senso e a me è passata la voglia d’inventargliene uno, dice il nichilista dalla sua palude nella quale sono rimasto impantanato anch’io per cinque minuti al risveglio, poi agilmente emancipato da un caffé.
Nel saggio di Oliver Sacks:
«L'uomo che scambiò sua moglie per un cappello»
l’Autore rendiconta le sue esperienze cliniche di neurologo descrivendo comportamenti di pazienti con danno cerebrale.
Le implicazioni filosofiche sono interessantissime: casi estremi che fotografano non la patologia di pochi ma la condizione umana di tutti. Un giro in Google per credere. Anzi incollo sotto così facciamo prima.
da Wikipedia
Una questione d'identità
Il caso del signor Thompson, un altro paziente afflitto da sindrome di Korsakoff come Jimmie G. (Il marinaio perduto), è un esempio della reazione totalmente differente di due persone alla stessa malattia. Jimmie G., privo della memoria degli ultimi trent'anni della sua vita, e non essendo in grado di riconoscere il suo male, si era chiuso in uno stato perenne di smarrimento che lo aveva completamente tagliato fuori dal mondo esterno; il signor Thompson, invece, percepiva chiaramente questo vuoto nella sua coscienza, e per farvi fronte si armava della sua inesauribile parlantina e «creava di continuo un mondo e un sé in sostituzione di ciò che andava di continuo dimenticato e perduto». Sacks descrive così la patologia di Thompson:
« Non ricordava nulla per più di qualche secondo. Era costantemente disorientato, costantemente sull'orlo di abissi di amnesia che però scavalcava agilmente lanciandosi in chiacchierate e fantasie di ogni sorta. Ma per lui non erano fantasie, bensì il modo in cui all'improvviso vedeva o interpretava il mondo. Non potendone tollerare, o ammettere, nemmeno per un istante, il flusso e l'incoerenza intrinseci li sostituiva con questa strana e delirante quasi-coerenza, e con il suo fuoco di fila di invenzioni sempre nuove, incessanti, inconsce, improvvisava di continuo un mondo attorno a sé».
L'autore prosegue ipotizzando lo stato d'animo del paziente:
« Come vive questa situazione il signor Thompson? A un giudizio superficiale, lo si direbbe un personaggio dalla comicità effervescente. La gente lo trova « un comico nato ». Ed effettivamente [...] la situazione è comica, ma oltre che comica è anche terribile. Poiché ci troviamo qui di fronte a un uomo che in un certo senso è disperato [...] Il mondo scompare continuamente, perde significato, svanisce - e lui deve cercare un senso, costruire un senso, disperatamente, inventando di continuo, gettando ponti di senso sopra abissi di insensatezza, sopra il caos che si spalanca incessantemente sotto di lui».
Musica, Maestro!
Conosco e diffido dell’euforia nei riti di appartenenza di scuole, seminari, congressi, manifestazioni di piazza, Facebook e concerti rock live, che si espande dalla pancia del partecipante a tutto il corpo e forse anche più in là, rendicontata dal Salmo 133:
«Ecco, com'è bello e com'è dolce che i fratelli vivano insieme! È come olio prezioso versato sul capo, che scende sulla barba, la barba di Aronne, che scende sull'orlo della sua veste…»
L’ipnosi di “dolce bellezza” nei riti collettivi necessita di due ingredienti base per emulsionare: un falso maestro seduto dietro una cattedra (va bene anche in piedi su un palco) e il “suo” gruppo ad ascoltarlo. Musica, Maestro! Lì, talvolta, prende vita una dinamica bizzarra: la cosa cantata, detta o insegnata diventa sempre più irrilevante, primario invece il godimento che gli allievi procurano al maestro e viceversa. Il cuore collettivo inizia a scaldarsi e si desidera che la liturgia continui ad oltranza, che si conservi come un pollo nel freezer, perché al cessare dell’incantesimo si rimarrebbe ontologicamente persi come quando da adolescenti, a fine agosto, si doveva dare l’addio alla fidanzatina tedesca conosciuta in riviera.
Se dovesse capitarci è altamente probabile che dietro la cattedra o sopra il palco ci sia un falso maestro, quelli veri si mollano agilmente.
Picosecondo
La legge n. 62 del 07 marzo 2001, quella del tormentone:
“Questo blog non rappresenta in alcun modo una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità”,
contiene rovesciato il comandamento del sano esistere: aggiornamento periodico dove la scadenza-appuntamento dovrebbe essere il picosecondo. Faccenda di pensiero, di vita. Forse la malattia origina da ritardo.
breve invito ad adottare il criterio
Un amico mi aveva suggerito d’evitare quelli che, nel dire e nello scrivere, utilizzano le parole:
“Dovizia” e anche “Apostrofe”.
L’apostrofo che segnala elisione di vocale diceva che era lemma innocuo, invece l’apostrofe figura retorica no: «Chi sei tu? L’apostrofò» e tutto quell’universo lì, diceva era roba da uomo vecchio, da soggetto conservatore potenzialmente pericoloso.
Aggiungeva altresì che è possibile giudicare gli uomini e anche le donne dalla montatura degli occhiali. Invitava a diffidare di chi inforcava lenti sovradimensionate, aste spesse colorate con brillantini o loghi sopra.
Senza accorgermi ho scritto “altresì”. Non credo sia cosa buona. Gli chiederò quando lo incontro.