Bruno Vergani
Radiografie appese a un filo. Condivisione di un percorso artistico, davanti al baratro con angoscia parzialmente controllata.
Lapsus
Ieri appuntamento dall’igienista dentale, ma al ritorno ho riferito di essere stato dall’igienista mentale.
Vista la mia serietà nel considerare il lapsus l’interlocutore mi suggeriva di lasciar perdere per interpretarlo come mera assonanza di nomi. Non mi ha convinto.
E’ tempo di pulire antiche e stratificate incrostazioni, siccome non sono sui denti nessuno potrà farlo al posto mio.
Tutta colpa dello Stato?
In questo periodo dai minareti delle news italiche si sentono puntuali le orazioni del mattino: «Tutta colpa dello Stato. Amen.» Eppure ce ne sono persone che, indifferenti alla provvidenza divina, al governo, al Gratta e Vinci e alle giaculatorie dei media, scelgono quotidianamente di imprendere governandosi da soli, invece di attardarsi in bibliche lamentazioni.
Ho 56 anni e sono quarantuno anni che lavoro. Avevo iniziato a quindici frequentando le scuole serali. A gennaio scorso - dopo aver versato per quaranta anni contributi - avrei avuto diritto alla pensione che mi è stata tolta senza preavviso, da un governo che io, e nessuno degli italiani, ha mai votato. Per un paio di giorni mi sono lamentato, il terzo ho implementato soluzioni come fa la stragrande maggioranza dei miei connazionali. Tutta colpa dello Stato? Un po’, ma non di più. Senza imputabilità personale abbiamo già perso libertà e profitto ancor prima di cominciare.
Quella della pensione inopinatamente procrastinata è l’ultimo capitolo di una lunga storia. Dopo aver conseguito il diploma universtitario in erboristeria ho scelto di non commercializzare prodotti industriali ma di realizzare un piccolo laboratorio artigianale per produrre personalmente rimedi da piante medicinali spontanee. Per questo da Milano mi sono trasferito in Puglia, in un trullo nel territorio di Ostuni.
Qui ho implementato un piccolo laboratorio artigianale di produzione con attigua erboristeria per commercializzare quanto produco.
Oltre alle decine dei consueti adempimenti amministrativi e fiscali e al diploma di erborista, per poter raccogliere e trasformare le piante sono richiesti ulteriori e molteplici autorizzazioni e adempimenti, dall’ autorizzazione sanitaria Legge 283 30/4/1962, per ottenere la quale avevo speso oltre cinquanta milioni delle vecchie lire per rifare il soffitto, perché l’altezza dell’immobile era di m 1,55 invece di m 1,60 come invece richiesto dalla normativa, all’HACCP "Hazard Analysis and Critical Control Point" ovvero analisi dei rischi e controllo dei punti critici per la contaminazione del prodotto nella filiera produttiva, con registri dettagliati sui lotti produzione e sul controllo delle zanzariere alle finestre e poi ancora la Licenza di Esercizio Opificio di Trasformazione Alcolici U.T.F che comporta un rigoroso rendiconto, su registri vidimati, dell’alcool trasformato con controllo diretto e tempestivo della Guardia di Finanza. Al riguardo ho una ventina di verbali, sempre positivi, di decine di pagine perché di tanto in tanto arrivano i finanzieri, sempre in quattro, per controllare meno di dieci litri di alcool. I finanzieri fanno il loro mestiere. Ti mettono i sigilli e controllano meticolosamente i registri, contano le venti bottigliette di Melissa sullo scaffale e le quindici di Ginseng, e ti fanno compagnia dall’alba al tramonto e poi la Valutazione dei rischi e prevenzione-protezione per gli infortuni sul lavoro DL 626/94 DL242/96
Sarebbe possibile evitare tutto questo? Certo. E’ sufficiente cessare la produzione artigianale per mettersi a commercializzare prodotti industriali. Se fai così non necessiti più di autorizzazione alcuna e puoi vendere i prodotti preconfezionati delle multinazionali e dell’industria anche se non sei erborista e non sai distinguere la salvia dal rosmarino. Ho resistito e sugli scaffali ci sono solo i prodotti che faccio io, ma non ho fatto in tempo a rilassarmi che è arrivata la disposizione del Ministero della Salute concernente gli integratori contenenti solo erbe in esecuzione a quanto previsto dalla circolare 18 luglio 2002, n. 3 e dal telegramma del 25 ottobre 2002 recante note esplicative per l’ottemperanza della prescrizione della circolare recante “Disposizioni circa la procedura di notifica relativa ai prodotti caratterizzati esclusivamente da ingredienti erboristici e aventi finalità salutistiche", con riferimento alle disposizioni recate dal D.lgs. 27 gennaio 1992 n. 111 e alla Circolare 17 luglio 2000.
Traduco. Per poter continuare a raccogliere il Mirto nella macchia mediterranea per preparare lo sciroppo per la tosse, non bastano tutte le autorizzazioni di cui dispongo, gli oneri a cui sono costretto, i controlli ai quali sono oggetto e neppure i titoli che ho ottenuto, mi manca ancora di trasmettere l’etichetta di ogni prodotto al Ministero della Salute perché sia notificata analizzando e titolando a mie spese, presso un laboratorio abilitato, il lotto di produzione. Il che significa che su venti flaconi di sciroppo che produco per volta e che mi costano sessanta euro, dai quali ricavo cento euro, guadagnando quaranta euro sulle quali devo pagare le tasse, dovrei pagare duecento euro, oltre a un versamento, non da poco, perché lo sciroppino sia notificato al Ministero della Salute e così per tutti gli altri prodotti che realizzo, inoltre condizione per farmi approvare il prodotto è quella di operare in un laboratorio molto più grande del mio, con caratteristiche igienico sanitarie a livello farmaceutico. Un adeguamento da cinquecentomila euro.
Insomma, o chiudo o metto sugli scaffali i prodotti preconfezionati industriali. Resisto. L’associazione degli erboristi mi informa che il Ministero della Salute ha comunicato che la produzione artigianale è permessa a condizione che il prodotto non sia preconfezionato, abbia caratteristiche di prodotto estemporaneo e sia ceduto direttamente al consumatore finale nell’erboristeria attigua al laboratorio.
Da un giorno all’altro cesso di fornire le erboristerie, con l’immediata conseguenza che dovrei licenziare l’unica dipendente, strano aiuto alle imprese dalle Istituzioni in una area dove la disoccupazione è del venticinque per cento.
Resisto. Non licenzio la collaboratrice e tengo il prodotto sfuso per confezionarlo davanti ai pochi clienti rimasti, quelli non ancora condizionati dalla pubblicità dei prodotti industriali, ma devo stare all’erta non passa settimana che qualche erba non la posso più trattare perchè il Ministero della Salute comunica che è vietato. Peccato funzionava così bene lo sciroppo con il Mirto e Farfara, ma il Ministero intima che la Farfara non si può più utilizzare. Resisto e imprendo: butto via tutta la Farfara che ho in laboratorio e metto nello sciroppo i fiori di Malva. Lo sciroppo è ancora in produzione. Non male i fiori di Malva.
Individui e soggetti
I media mostrano masse di italiani che di fronte alle personali situazioni lavorative asfittiche e alla conseguente diffusa penuria vogliono e sperano in una soluzione risolutiva a cura del Governo.
Sono invece convinto che la stragrande maggioranza degli italiani non equivoca la realtà con la fantasia e preferisce ogni giorno imprendere personalmente con pacata indifferenza alle ultime dichiarazioni del politico di turno.
Non fanno notizia ma salvano tutti.
Responsabilità
Disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita.»
Ognuno autorizzato a affermarlo per sé stesso?
Perché no. Se non io chi?
Tutti in grado di intendere e volere.
E’ cambiato il paradigma
L’ uomo della nuova era non vota più i partiti ma sé stesso.
Gira in autobus come il Papa, da lì col suo tablet governa il mondo con un click.
Se lo contesti se la prende a male, immacolato per cittadinanza non è imputabile.
Il percorso
Nel pensare il mio percorso di vita annoto che, tutto sommato, la storia dell’umano pensiero non ha parlato che di questo.
Primo movimento: l’immenso ignoto.
«E quando miro in cielo arder le stelle;
dico fra me pensando:
a che tante favelle?
che fa l’aria infinita, e quel profondo
infinito seren? Che vuol dir questa
solitudine immensa? Ed io che sono?»
(Leopardi, Canto di un pastore errante dell’Asia, vv. 84-89)
Secondo movimento: tentativo di sedare l’angoscia.
Come uscire dall’impasse e emanciparsi dall’angosciante suspense? L’escamotage di ficcare dentro l'infinita falla una immensa toppa dalle sembianze di un qualche Dio creatore, come fa il gommista col pneumatico esausto, potrebbe anche funzionare:
«Ci hai fatti per te, Signore, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te.»
(Confessioni di sant'Agostino, 1,1).
Terzo movimento: scoperta che il secondo movimento non funziona.
La toppa sembra tenere, ma è apparenza. L’insoddisfazione permane, qualcosa “rode” (termine che ho appreso da Giacomo B. Contri) e il tormento angosciante non cessa. Tutto da rifare.
Quarto movimento: emancipazione dalle Teorie.
Forse non esiste alcun buco nero e nessun Dio è necessario. Ricordo che al risveglio da un intervento chirurgico avevo più anestesia in corpo che sangue e il pensiero andava e veniva in un istante, come quando si accende e spegne la lampadina del soggiorno. Quando si spegneva vedevo che con me si dissolveva l’intero universo e quando si accendeva, prima tornavo io e immediatamente dopo - ma successivo al mio pensiero - tutto quanto. E’ dunque l’universo che esiste grazie a me e non il contrario. Davvero semplice, se si riuscisse a spiegarlo all’asilo le religioni smetterebbero di colpo, come i temporali estivi: vedi il mondo come la tua creazione e sii libero. Delirio? La scienza il più delle volte, la religione sempre, sentenziano di si. Non lo so, eppure funziona. Tutto sommato anche Gesù di Nazareth tirava dritto con personale autorità per nulla turbato da tante favelle. Forse i deliri sono proprio gli altri quelli dei primi movimenti su esposti, circoli viziosi di angoscianti teorie di immensi, mal rattoppate da divinità grandi grandi, buone buone. Gommisti fantasma che riparano fori che non ci sono.
Papa Francesco. Apertura in piazza, giro di vite in casa.
Immobilità è malattia. Così si può sintetizzare il pensiero di Bergoglio, Papa Francesco, nella sua prima omelia - Cappella Sistina, giovedì 14 marzo 2013.
«La nostra vita è un cammino e quando ci fermiamo, la cosa non va.» Rivolto ai Cardinali presenti e ai cattolici del mondo ha specificato direzione e metodo dell’auspicato moto: camminare irreprensibili, edificare la Chiesa, confessare Cristo. La parola del Papa è stata richiamo al rinnovamento nella coerenza evangelica indirizzato ai vertici ecclesiastici; la citazione dualistica di Léon Bloy - sconcertante esponente della letteratura francese noto per il suo integralismo religioso - : «Chi non prega il Signore, prega il diavolo», valutiamo sia da intendersi come monito ai prelati presenti. Papa Francesco lega il moto storico della Chiesa all’espiazione; sofferenza come condizione per ottenere durata e gloria: «Quando camminiamo senza la Croce, quando edifichiamo senza la Croce e quando confessiamo un Cristo senza Croce, non siamo discepoli del Signore: siamo mondani, siamo Vescovi, Preti, Cardinali, Papi, ma non discepoli del Signore.»
Discorso ben diverso da quello mite, finanche democratico, della sera precedente in piazza San Pietro: giro di vite in casa, apertura in piazza.
Il resto è tutto da vedere e non è concessa indifferenza per gli assenti: in piazza la fanfara dei Carabinieri suonava l’inno nazionale e proprio non si capiva dove finisse l’Italia e dove iniziasse il Vaticano. Compenetrazione nostrana che piace ai più: la piazza era strapiena. Chi non c’era dovrebbe interrogarsi dell’incondizionato consenso. Probabilmente Darwin non basta per rispondere alle urgenze di verità e significato dell’umano esistere e la latitanza di laici capaci di dire qualcosa in più ha permesso l’espandersi di deserti di pensiero riempiti da porporati, guardie svizzere e espiazioni.
Enorme successo?
Gli intrattenimenti imperversanti di Facebook e Twitter prova provata della lucidità di Leopardi: la condizione peculiare dell’uomo è la noia.
Canto XXVIII A SE STESSO
Or poserai per sempre,
Stanco mio cor. Perì l'inganno estremo,
Ch'eterno io mi credei. Perì. Ben sento,
In noi di cari inganni,
Non che la speme, il desiderio è spento.
Posa per sempre. Assai
Palpitasti. Non val cosa nessuna
I moti tuoi, nè di sospiri è degna
La terra. Amaro e noia
La vita, altro mai nulla; e fango è il mondo.
T'acqueta omai. Dispera
L'ultima volta. Al gener nostro il fato
Non donò che il morire. Omai disprezza
Te, la natura, il brutto
Poter che, ascoso, a comun danno impera,
E l'infinita vanità del tutto.
Sarei un grillino di quelli canonici, invece no.
Da 35 anni faccio l’erborista preparatore, razza in via d’estinzione che raccoglie piante selvatiche e le trasforma artigianalmente per venderle alla piazza nell’erboristeria contigua al laboratorio. Oggi ho preparato lo sciroppo per lenire la tosse, le foglie di Mirto poche ore fa erano attaccate alla pianta nella macchia mediterranea e adesso, con la loro essenza, sono dentro flaconi di vetro scuro. Un paio li ho già venduti, un tempo in lire oggi in euro, mi è anche capitato che qualcuno mi ha dato in cambio una bottiglia di vino o una ricotta, negli ambienti rurali sono cose che succedono. Prodotto ecologico, ecologissimo, filiera corta, cortissima, a chilometro zero che più di così non si può. Milieu culturale M5S doc. Sarei un grillino di quelli canonici, invece no.
Da Milano mi ero trasferito in Puglia e in un trullo circondato da olivi secolari avevo implementato questo mestiere che faccio ancora con piacere per un po’ di ore al giorno, non tutto il giorno e neppure tutti i giorni. Per quanto possibile mi piace che la professione sia laicamente circoscritta a quando sono in erboristeria: meglio separare la professione dalla vita, meglio uomo che erborista. E’ stata una scelta lavorativa un po’ politica, un modo per ottenere profitto senza essere fagocitato dalle logiche di mercato, libero dall’industria che realizza prodotti dozzinali; agli antipodi dalle dinamiche e dal gergo del marketing utilizzato dai marketers: "target", "missione", "orientamento strategico". Ho preferito raccogliere le piante e trasformarle mica fare la guerra. L’ho fatto e lo faccio un po’ emancipato dal capitalismo che per stare in piedi deve espandersi a oltranza come un tumore; entità dogmatica alla quale è chiesto conformarsi obbedendo alle sue leggi che, a modo mio, ho rifiutato. Sarei davvero un grillino di quelli canonici, invece no.
Talvolta normative asfittiche mi portano a dedicare tempo e risorse alla burocrazia; principio di realtà fastidioso del quale non mi preoccupo più del necessario. Ieri mi è stata notificata una sanzione di trecento euro per non aver stampato un foglio contabile della trasformazione alcolici. Nel verbale i finanzieri hanno scritto che avevo stampato per bene 599 fogli, ma non sono stato «tempestivo e congruo» nello stampare il foglio numero 32, quello del 24 aprile 2012. Dopo aver borbottato per un paio di minuti ho ripreso, tempestivo e congruo, a imprendere indifferente ai registri contabili. Nel produrre estratti di erbe sono abituato al fastidioso rumore di sottofondo delle incombenze burocratiche, quelle a rigoroso rendiconto. Al riguardo ho una ventina di verbali, perlopiù positivi, perché di tanto in tanto arrivano i finanzieri - sempre in quattro - per verificare la contabilità di manco 50 litri di alcool. I finanzieri fanno il loro mestiere, mettono i sigilli e controllano meticolosamente i registri, contano le venti bottigliette di Melissa sullo scaffale e le quindici di Ginseng e mi fanno compagnia per qualche mezza giornata, poi vanno via dopo aver intralciato la mia esistenza al massimo per un dieci per cento, il rimanente novanta permane indenne, il pensiero personale continua e con lui la libertà.
Sarei un grillino perfetto ma non necessito di Guru per liberarmi dalla burocrazia, faccio meglio e prima da solo. Diffido di chi dice di amarmi senza conoscermi. Non curante del mio personale caso di specie sono andato a votare solo per scegliere qualcuno un poco capace di amministrare il carrozzone generale con competenza pari alla mia quando faccio lo sciroppo per la tosse al Mirto selvatico. Non mi piace chi intende liberarci dal male e chi vuole salvare gli afflitti. I partiti dell’amore subodorano di liquami come il fiore del caprifoglio tanto dolce all’odorato che vira in fecale.
Tutto sommato ho resistito agilmente ai peggiori governi eletti senza il mio consenso, rumori di sottofondo che hanno influito sull’esistenza reale il cinque per cento, talvolta nei giorni di scirocco l’otto per cento, eccezionalmente il dieci. Media, politici di professione e capipopolo, dicono che i governi valgono di più ma non è vero.
Habemus Papam!
Nanni Moretti nel suo “Habemus Papam!” aveva visto bene. I fedeli dopo l’elezione vorrebbero vederlo o almeno conoscerne il nome, ma il nuovo Papa non ha il coraggio di condurre un miliardo di cristiani e si nasconde; il coraggio se uno non ce l'ha mica se lo può dare, diceva don Abbondio. Il Papa è stato eletto ma non c’è, la folla dei fedeli radunata in piazza San Pietro scruta la loggia centrale: tende rosse su un fondo nero vuoto, un po’ Zen e musulmano insieme. Dio o qualcosa che gli assomiglia forse è ancora lì sul balcone, ma senza un uomo che lo rappresenti si insinuano nei fedeli interrogativi conturbanti. Senza una istituzione che raffiguri Dio nella storia la fede si confonde, i fedeli mugugnano delusi, l’ansia diventa angoscia, nulla ha più un senso; l'ansia nel film è evocata rimane "fuori campo" eppure l'angoscia dei fedeli incombe come un macigno. Uomo insieme agli uomini il Papa vaga per la città, percorre il lungotevere dentro un autobus mischiato ai pendolari, incontra persone reali, normali, spontanee, sane. Appare più potente il Papa anonimo di quello istituzionale, lontano da valzer teologici e senza ermellino da macchietta diventa Uomo. I fedeli avrebbero potuto lasciarlo in pace, libero di girovagare per la città, un Cardinale avrebbe potuto affacciarsi al balcone di San Pietro per annunciare ai fedeli: “Il Papa non vuole fare il Papa. Il Papa non c’è più e non ne facciamo un altro, se proprio ci tenete a seguire Cristo fatelo da soli”. Troppo audace invitare il popolo di Dio ad un fai da te metafisico, meglio che il Papa ritorni al suo ruolo e dica per conto di Dio parole chiare, distinte e inequivocabili, opportuno che il Papa torni rapido al suo posto così che il fondo nero e vuoto del balcone sia colmato da un Dio presente con la faccia di quell'uomo che i Cardinali hanno eletto Papa. Così vogliono i fedeli, seguire Cristo in presa diretta è per loro faccenda complicata, insidiosa, più rassicurante essere guidati da una istituzione esterna, altra. Meglio la consolazione alla verità.
Nella rinuncia a continuare Ratzinger, quello vero, ha manifestato pensiero autonomo in azione. Preciso. Libero. Laico. Pensiero che non deve dar conto a chicchessia. Nel suo abdicare si è mostrato sovrano. I senatori a vita della Repubblica da oggi appaiono vecchi e un po’ malati nella loro fissità. Ha terminato iniziando. Bravo. Adesso non ne facciano più. Tutti Papa come lui. A ognuno la propria Cattedra universale. Tutto il potere al singolo. I did it my way. Motu proprio per tutti.