BLOG DI BRUNO VERGANI

Radiografie appese a un filo, condivisione di un percorso artistico

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Bruno Vergani

Bruno Vergani

Radiografie appese a un filo. Condivisione di un percorso artistico, davanti al baratro con angoscia parzialmente controllata.

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Domenica, 17 Marzo 2013 12:34

Il percorso

Nel pensare il mio percorso di vita annoto che, tutto sommato, la storia dell’umano pensiero non ha parlato che di questo.

Primo movimento: l’immenso ignoto.
«E quando miro in cielo arder le stelle;
dico fra me pensando:
a che tante favelle?
che fa l’aria infinita, e quel profondo
infinito seren? Che vuol dir questa
solitudine immensa? Ed io che sono?»
(Leopardi, Canto di un pastore errante dell’Asia, vv. 84-89)

Secondo movimento: tentativo di sedare l’angoscia.
Come uscire dall’impasse e emanciparsi dall’angosciante suspense? L’escamotage di ficcare dentro l'infinita falla una immensa toppa dalle sembianze di un qualche Dio creatore, come fa il gommista col pneumatico esausto, potrebbe anche funzionare:
«Ci hai fatti per te, Signore, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te.»
(Confessioni di sant'Agostino, 1,1).

Terzo movimento: scoperta che il secondo movimento non funziona.
La toppa sembra tenere, ma è apparenza. L’insoddisfazione permane, qualcosa “rode” (termine che ho appreso da Giacomo B. Contri) e il tormento angosciante non cessa. Tutto da rifare.

Quarto movimento: emancipazione dalle Teorie.
Forse non esiste alcun buco nero e nessun Dio è necessario. Ricordo che al risveglio da un intervento chirurgico avevo più anestesia in corpo che sangue e il pensiero andava e veniva in un istante, come quando si accende e spegne la lampadina del soggiorno. Quando si spegneva vedevo che con me si dissolveva l’intero universo e quando si accendeva, prima tornavo io e immediatamente dopo - ma successivo al mio pensiero - tutto quanto. E’ dunque l’universo che esiste grazie a me e non il contrario. Davvero semplice, se si riuscisse a spiegarlo all’asilo le religioni  smetterebbero di colpo, come i temporali estivi: vedi il mondo come la tua creazione e sii libero. Delirio? La scienza il più delle volte, la religione sempre, sentenziano di si. Non lo so, eppure funziona. Tutto sommato anche Gesù di Nazareth tirava dritto con personale autorità per nulla turbato da tante favelle. Forse i deliri sono proprio gli altri quelli dei primi movimenti su esposti, circoli viziosi di angoscianti teorie di immensi, mal rattoppate da divinità grandi grandi, buone buone. Gommisti fantasma che riparano fori che non ci sono.

Immobilità è malattia. Così si può sintetizzare il pensiero di Bergoglio, Papa Francesco, nella sua prima omelia - Cappella Sistina, giovedì 14 marzo 2013.
«La nostra vita è un cammino e quando ci fermiamo, la cosa non va.» Rivolto ai Cardinali presenti e ai cattolici del mondo ha specificato direzione e metodo dell’auspicato moto: camminare irreprensibili, edificare la Chiesa, confessare Cristo. La parola del Papa è stata richiamo al rinnovamento nella coerenza evangelica indirizzato ai vertici ecclesiastici; la citazione dualistica di Léon Bloy - sconcertante esponente della letteratura francese noto per il suo integralismo religioso - : «Chi non prega il Signore, prega il diavolo», valutiamo sia da intendersi come monito ai prelati presenti. Papa Francesco lega il moto storico della Chiesa all’espiazione; sofferenza come condizione per ottenere durata e gloria: «Quando camminiamo senza la Croce, quando edifichiamo senza la Croce e quando confessiamo un Cristo senza Croce, non siamo discepoli del Signore: siamo mondani, siamo Vescovi, Preti, Cardinali, Papi, ma non discepoli del Signore.»

Discorso ben diverso da quello mite, finanche democratico, della sera precedente in piazza San Pietro: giro di vite in casa, apertura in piazza.
Il resto è tutto da vedere e non è concessa indifferenza per gli assenti: in piazza la fanfara dei Carabinieri suonava l’inno nazionale e proprio non si capiva dove finisse l’Italia e dove iniziasse il Vaticano. Compenetrazione nostrana che piace ai più: la piazza era strapiena. Chi non c’era dovrebbe interrogarsi dell’incondizionato consenso. Probabilmente Darwin non basta per rispondere alle urgenze di verità e significato dell’umano esistere e la latitanza di laici capaci di dire qualcosa in più ha permesso l’espandersi di deserti di pensiero riempiti da porporati, guardie svizzere e espiazioni.

Giovedì, 14 Marzo 2013 09:17

Enorme successo?

Gli intrattenimenti imperversanti di Facebook e Twitter prova provata della lucidità di Leopardi: la condizione peculiare dell’uomo è la noia.

Canto XXVIII A SE STESSO    

    Or poserai per sempre,
Stanco mio cor. Perì l'inganno estremo,
Ch'eterno io mi credei. Perì. Ben sento,
In noi di cari inganni,
Non che la speme, il desiderio è spento.
Posa per sempre. Assai
Palpitasti. Non val cosa nessuna
I moti tuoi, nè di sospiri è degna
La terra. Amaro e noia
La vita, altro mai nulla; e fango è il mondo.
T'acqueta omai. Dispera
L'ultima volta. Al gener nostro il fato
Non donò che il morire. Omai disprezza
Te, la natura, il brutto
Poter che, ascoso, a comun danno impera,
E l'infinita vanità del tutto.

Da 35 anni faccio l’erborista preparatore, razza in via d’estinzione che raccoglie piante selvatiche e le trasforma artigianalmente per venderle alla piazza nell’erboristeria contigua al laboratorio. Oggi ho preparato lo sciroppo per lenire la tosse, le foglie di Mirto poche ore fa erano attaccate alla pianta nella macchia mediterranea e adesso, con la loro essenza, sono dentro flaconi di vetro scuro. Un paio li ho già venduti, un tempo in lire oggi in euro, mi è anche capitato che qualcuno mi ha dato in cambio una bottiglia di vino o una ricotta, negli ambienti rurali sono cose che succedono. Prodotto ecologico, ecologissimo, filiera corta, cortissima, a chilometro zero che più di così non si può. Milieu culturale M5S doc. Sarei un grillino di quelli canonici, invece no.

Da Milano mi ero trasferito in Puglia e in un trullo circondato da olivi secolari avevo implementato questo mestiere che faccio ancora con piacere per un po’ di ore al giorno, non tutto il giorno e neppure tutti i giorni. Per quanto possibile mi piace che la professione sia laicamente circoscritta a quando sono in erboristeria: meglio separare la professione dalla vita, meglio uomo che erborista. E’ stata una scelta lavorativa un po’ politica, un modo per ottenere profitto senza essere fagocitato dalle logiche di mercato, libero dall’industria che realizza prodotti dozzinali; agli antipodi dalle dinamiche e dal gergo del marketing utilizzato dai marketers: "target", "missione", "orientamento strategico". Ho preferito raccogliere le piante e trasformarle mica fare la guerra. L’ho fatto e lo faccio un po’ emancipato dal capitalismo che per stare in piedi deve espandersi a oltranza come un tumore; entità dogmatica alla quale è chiesto conformarsi obbedendo alle sue leggi che, a modo mio, ho rifiutato. Sarei davvero un grillino di quelli canonici, invece no.

Talvolta normative asfittiche mi portano a dedicare tempo e risorse alla burocrazia; principio di realtà fastidioso del quale non mi preoccupo più del necessario. Ieri mi è stata notificata una sanzione di trecento euro per non aver stampato un foglio contabile della trasformazione alcolici. Nel verbale i finanzieri hanno scritto che avevo stampato per bene 599 fogli, ma non sono stato «tempestivo e congruo» nello stampare il foglio numero 32, quello del 24 aprile 2012. Dopo aver borbottato per un paio di minuti ho  ripreso, tempestivo e congruo, a imprendere indifferente ai registri contabili. Nel produrre estratti di erbe sono abituato al fastidioso rumore di sottofondo delle incombenze burocratiche, quelle a rigoroso rendiconto. Al riguardo ho una ventina di verbali, perlopiù positivi, perché di tanto in tanto arrivano i finanzieri - sempre in quattro - per verificare la contabilità di manco 50 litri di alcool. I finanzieri fanno il loro mestiere, mettono i sigilli e controllano meticolosamente i registri, contano le venti bottigliette di Melissa sullo scaffale e le quindici di Ginseng e mi fanno compagnia per qualche mezza giornata, poi vanno via dopo aver intralciato la mia esistenza al massimo per un dieci per cento, il rimanente novanta permane indenne, il pensiero personale continua e con lui la libertà.

Sarei un grillino perfetto ma non necessito di Guru per liberarmi dalla burocrazia, faccio meglio e prima da solo. Diffido di chi dice di amarmi senza conoscermi. Non curante del mio personale caso di specie sono andato a votare solo per scegliere qualcuno un poco capace di amministrare il carrozzone generale con competenza pari alla mia quando faccio lo sciroppo per la tosse al Mirto selvatico. Non mi piace chi intende liberarci dal male e chi vuole salvare gli afflitti. I partiti dell’amore subodorano di liquami come il fiore del caprifoglio tanto dolce all’odorato che vira in fecale.  
Tutto sommato ho resistito agilmente ai peggiori governi eletti senza il mio consenso, rumori di sottofondo che hanno influito sull’esistenza reale il cinque per cento, talvolta nei giorni di scirocco l’otto per cento, eccezionalmente il dieci. Media, politici di professione e capipopolo, dicono che i governi valgono di più ma non è vero.

Lunedì, 11 Febbraio 2013 18:58

Habemus Papam!

Nanni Moretti nel suo “Habemus Papam!” aveva visto bene. I fedeli dopo l’elezione vorrebbero vederlo o almeno conoscerne il nome, ma il nuovo Papa non ha il coraggio di condurre un miliardo di cristiani e si nasconde; il coraggio se uno non ce l'ha mica se lo può dare, diceva don Abbondio. Il Papa è stato eletto ma non c’è, la folla dei fedeli radunata in piazza San Pietro scruta la loggia centrale: tende rosse su un fondo nero vuoto, un po’ Zen e musulmano insieme. Dio o qualcosa che gli assomiglia forse è ancora lì sul balcone, ma senza un uomo che lo rappresenti si insinuano nei fedeli interrogativi conturbanti. Senza una istituzione che raffiguri Dio nella storia la fede si confonde, i fedeli mugugnano delusi, l’ansia diventa angoscia, nulla ha più un senso; l'ansia nel film è  evocata rimane "fuori campo" eppure l'angoscia dei fedeli incombe come un macigno. Uomo insieme agli uomini il Papa vaga per la città, percorre il lungotevere dentro un autobus mischiato ai pendolari, incontra persone reali, normali, spontanee, sane. Appare più potente il Papa anonimo di quello istituzionale, lontano da valzer teologici e senza ermellino da macchietta diventa Uomo. I fedeli avrebbero potuto lasciarlo in pace, libero di girovagare per la città, un Cardinale avrebbe potuto affacciarsi al balcone di San Pietro per annunciare ai fedeli: “Il Papa non vuole fare il Papa. Il Papa non c’è più e non ne facciamo un altro, se proprio ci tenete a seguire Cristo fatelo da soli”. Troppo audace invitare il popolo di Dio ad un fai da te metafisico, meglio che il Papa ritorni al suo ruolo e dica per conto di Dio parole chiare, distinte e inequivocabili, opportuno che il Papa torni rapido al suo posto così che il fondo nero e vuoto del balcone sia colmato da un Dio presente con la faccia di quell'uomo che i Cardinali hanno eletto Papa. Così vogliono i fedeli, seguire Cristo in presa diretta è per loro faccenda complicata, insidiosa, più rassicurante essere guidati da una istituzione esterna, altra. Meglio la consolazione alla verità.

Nella rinuncia a continuare Ratzinger, quello vero, ha manifestato pensiero autonomo in azione. Preciso. Libero. Laico. Pensiero che non deve dar conto a chicchessia. Nel suo abdicare si è mostrato sovrano. I senatori a vita della Repubblica da oggi appaiono vecchi e un po’ malati nella loro fissità. Ha terminato iniziando. Bravo. Adesso non ne facciano più. Tutti Papa come lui. A ognuno la propria Cattedra universale. Tutto il potere al singolo. I did it my way. Motu proprio per tutti.

Sabato, 09 Febbraio 2013 18:22

storia della scrittura

e uno...

 

e due...

 

e tre!

FINE

Mercoledì, 06 Febbraio 2013 09:33

Asphodelus

«L'inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n'è uno, è quello che è già qui, l'inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l'inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio».
(Italo Calvino, Le città invisibili, 1972)

Diego Fusaro commentando il suo libro “Minima mercatalia. Filosofia e capitalismo” da nome e cognome all’inferno sociale denunciato da Calvino:
«… in quest’ottica, si spiegano peraltro fenomeni interessantissimi come l’abolizione del pensiero dialettico, la rimozione completa, fino all’89 – dicevo - che è la data decisiva, insieme al ’68; perché con l’89, col crollo del muro di Berlino, è come se sotto le macerie fosse rimasta la pensabilità stessa dell’ ‘essere altrimenti’. Il capitalismo si assolutizza, diventa come l’aria che respiriamo, neutralizza il pensiero stesso di un’altra possibilità. Io nel libro uso una formula spinoziana, capitalismus sive natura, il capitalismo diventa la natura in cui viviamo, al tal punto che non si parla nemmeno più di capitalismo. Se si parla di capitalismo, già lo si identifica e se ne mette in discussione la pretesa con cui si autocontrabbanda il capitalismo, cioè quella di essere assoluto, intrascendibile, un destino. Il capitalismo non dice mai di essere ‘il miglior mondo possibile’, dice però di essere fatalmente ‘il solo mondo possibile’, squalificando le alternative, la possibilità di essere altrimenti.»

Chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno? Chi merita durata e spazio?
C’è gente ammalata o in prigione che non si preoccupa perchè sta in piedi sulle proprie gambe indifferente alle ultime dichiarazioni dei politici, chi li ascolta più del necessario si ritrova a frignare. Urge disintossicazione. Ieri vicino al Mirto ho piantato un Asphodelus e oggi lo annaffierò allargando il getto in una specie di pioggia leggera. Tutto il potere al singolo! 

Venerdì, 01 Febbraio 2013 11:14

L'impostore

Studente che all’interrogazione spara a capocchia quello che non sa;
negoziante che afferma l’assurdo per vendere un pezzo in più;
giornalista che mente in pubblico per fedeltà alla linea editoriale;
delinquente che dichiara il falso all’interrogatorio;
politico che, in assoluta consapevolezza, dice falsità.

Che espressione della faccia assumono in questo impostarsi impostore?

Annotiamo tre versioni:

1 impacciata con voce impastocchiata;
2 neutra (faccia come il culo);
3 imperiosa con voce di tuono.

L’ultima è la versione più fragile e comica.

Lunedì, 07 Gennaio 2013 18:44

La presa del potere

Conclusa la dittatura fascista gli italiani, alla prima elezione, erano andati a votare col vestito buono e la faccia solenne. Alle prossime politiche i loro figli e nipoti ci andranno ancora vestiti da giorno feriale e l’espressione della faccia mugugnante per l’attuale penosa legge elettorale e le ruberie di numerosi partiti. Tuttavia voteranno ancora, giustamente consapevoli del legame esistente tra la dimensione pubblica e il destino individuale.
Perché tale fragile consapevolezza non collassi è, però, consigliabile che gli elettori rimangano alla larga dalle urgenze e dalle priorità che la cronaca partitica propone quotidianamente, provincialismi psichici spacciati per eventi universali determinanti l’esistenza del singolo. In data odierna, sulla prima pagina di Google news, sono apparsi in testa due articoli a copertura live e in febbrile aggiornamento:
1 Berlusconi: firmato un accordo politico con la Lega.
2 Elezioni: Monti fa promesse sul fisco.
Doppietta di notizie che se accettate come urgenti e importanti per il personale esistere - come Google news e la stampa nazionale suggeriscono -, portano il lettore a rassegnazione istantanea nei confronti della dimensione pubblica; sensazione di impotenza per nulla emancipata dai borbottii, un po’ religiosi e molto paternalistici, sulla coscienza civica nazionale alla quale il Capo dello Stato ha invitato gli italiani nel discorso di fine anno.

Nell’attesa del voto meglio dedicarsi sovrani alle proprie urgenze personali implementando laicamente l’esistere dal proprio pensiero, titolari politici del proprio destino e di chi ci è prossimo. Da questa posizione sovrana sarà letta e giudicata la cronaca politica nazionale inserendola nel posto che merita: subalterna al pensiero personale e al proprio lavoro quotidiano. Appare strano eppure è necessaria una sovrana indifferenza alle “ultime dichiarazioni” delle segreterie di partito per conservare lucida consapevolezza politica per poi votarli, invece più l’agenda personale è oppressa e ingolfata mediaticamente da quella altrui più ci si percepisce esautorati e ciò che si pensa, ciò che si fa, sembra non avere più presa sul reale. Tutto diventa inerte e la tentazione del disimpegno prevale. Tutto sommato questo laico stare sulle proprie gambe un po’ anarchico vale per il vivere stesso. Per non perdere lucidità sarebbe proficuo non ubriacarsi di news a copertura live che dovrebbero rimanere, per ogni soggetto pensante, al posto che meritano nella gerarchia delle importanze personali: dall'ottantesimo all'ultimo, se valgono di più diventano tiranne.

Giovedì, 03 Gennaio 2013 12:20

Adorazione

Teilhard de Chardin pensando all’evoluzione dell’umanità scriveva:

«E’ vicino il giorno in cui L’Umanità si accorgerà di trovarsi biologicamente
 posta fra il suicidio e l’adorazione.»

Tutt’altro. L’evoluzione biologica non ha condotto a conflitto e altri dèi e suicidi si sono imposti.

La certezza dopo aver conosciuto un salariato, oggi cadavere, che aveva scelto di lavorare in un reparto dannoso alla salute a fronte di emolumento di natura indennitaria tutto speso per immenso televisore Panasonic -di quelli che fan vedere la partita dell'Inter grande, grande, grande - per euro 3.169,98  IVA inclusa.

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