Bruno Vergani
Radiografie appese a un filo. Condivisione di un percorso artistico, davanti al baratro con angoscia parzialmente controllata.
Il botanico
Preferiva le specie a fioritura modesta;
giudicava pornografiche le fioriture appariscenti.
Nei colori sfrontati dei petali scorgeva il rozzo infierire della forza che trasforma, prima o poi, tutti gli uomini in terra.
Incontrava conferma alla sua estimazione nei cimiteri, così traboccanti di oscene corolle.
Omeostasi
Giudico preziosi i pneumatici dell’auto nell’affrontare il curvone in velocità, nel contempo schifosi quelli abbandonati al bordo della superstrada. Intanto la natura, noncurante del mio contestualizzare e interpretare pneumatici, persegue altro ordinamento. Irreversibile già ha iniziato a inglobare, flemmatica e catatonica, uomini e pneumatici. Fra pochi decenni ci sarà ben poca differenza tra il mio apparato somatico e quattro gomme abbandonate. Naturale funzionamento di ceneri di magnesio e zolfo che alimenta carbonio.
Numerosi ignorano l’irregressibile processo, qualcuno prende consapevole distanza, altri si rassegnano sereni. Poi ci sono quelli che tifano in suo favore in disinvolto osannante paganeggiare. Forse -a loro insaputa- scorgono un qualche regista occulto, un accattivante orco artefice della perenne fagocitante omeostasi. Strana devozione.
Provincia planetaria
Le subregioni italiane le riconosci dalle piazze dei paesi nell’omologato stile dei campanili. Subregioni contigue hanno sovente territorio simile e si somigliano, come la Brianza, il Varesotto e la Bergamasca, oppure il Comasco e il Lecchese, ma quando la storia degli abitanti è stata diversa anche le piazze, pur in territori affini, appaiono differenti: la Valchiavenna mica è l’Ossola.
Le subregioni sono prodotte dall’interazione del pensiero degli abitanti con la terra del luogo. In questo circoscritto impastare accade una inaspettata lievitazione planetaria; nell’arcaico mescolamento tra pensiero e terra c’è qualcosa di universale, cosicché tutti quelli che emigrando da terre remote si insediano sotto un qualunque campanile -in qualche modo- erano lì da sempre.
Teoria del complotto
Più ci si auto esautora dalla responsabilità personale che intende, vuole, sceglie e implementa in libertà, più si scorgono congiure esterne, macchinazioni, cospirazioni, trame e intrighi.
Nei casi più severi di abdicazione da sé il complotto è interpretato planetario.
Alla ricerca di un significato della vita
Viktor Frankl (1905 –1997) psichiatra viennese è il fondatore della “terza scuola viennese di psicoterapia”, dopo Freud e Adler, denominata logoterapia. Correlata alla fenomenologia e all’ esistenzialismo è filosofia e terapia che invita a cercare il logos, inteso come senso della vita. “Analisi esistenziale” che vede la persona spiritualmente libera, oltre il fisico e lo psichico, responsabile del suo destino. Possibilità, dunque, per il soggetto di emanciparsi dai fattori sociali, pulsioni e archetipi, grazie alla sua originale libertà e responsabilità abile nel realizzare valori e scopi così da implementare senso all’esistere.
Frankl, ebreo, nel 1942 fu deportato, con parte della famiglia, in differenti campi di concentramento, Auschwitz incluso. A differenza dei suoi cari sopravvissuto a tale tragedia la sua biografia dà forza, rispetto e credibilità, alla sua posizione filosofica e proposta terapeutica.
Il libro, curato da Eugenio Fizzotti, raccoglie vari contributi di Frankl, di diversa provenienza, che enucleano in linguaggio semplice e diretto i cardini della logoterapia.
In mezzo a tanto valore il volume risulta -in estesi passaggi- ingenuo e superficiale, a iniziare dalla scrittura stile nazional-popolare all’ “americana”: quasi un susseguirsi di spot a favore della logoterapia che poco entrano nel merito e dove, nonostante stringate premesse riconoscenti a Freud, Adler e Jung, sono estrapolati e riportati, solo e sempre, casi clinici fallimentari dei terapeuti -tragicomica armata Brancaleone- delle correlate scuole, contrapposti ai sistematici successi della logoterapia.
Ma il punto che lascia davvero perplessi è un altro: Frankl è un segugio che subodora e sbrana ogni nichilismo per affermare il primato del significato esistenziale, ma quale significato? Al riguardo nessun approfondimento, sembra che sia sufficiente averne uno per vivere sani. Eppure anche i nazisti ne avevano e di precisi.
Alla ricerca di un significato della vita
Viktor Frankl
a cura di E. Fizzotti, Mursia.
Ecumenismo filosofico
Volontà, Schopenhauer; Potenza, Nietzsche; Pulsione, Freud; Senso, Frankl; Evoluzione, Darwin; Progresso, Voltaire; Rivoluzione, Marx:
non possiamo escludere che osservino, da differenti angolazioni, la medesima forza propulsiva.
L’antieroe
Eccolo al risveglio con miriadi di possibilità e qualche obbligazione, ma è un giorno lavorativo: si alza, rinuncia alle possibilità e ottempera le obbligazioni.
In questo optare talvolta il piacere personale coincide col principio di realtà, sovente diverge, allora implementa un compromesso un po’ nevrotico: adempie l’obbligo sviluppando col pensiero nuove possibilità, talora correlate alla concretezza del presente, di tanto in tanto libere e universali, eppure in quel espandersi non trascura ciò che sta facendo.
Qualcuno riesce a fare di meglio?
Cosa mangi a colazione?
Singolare l’imperversante, petulante, giudizio che valuta malsano iniziare il giorno con cappuccino e brioche industriale invece che con frutta di stagione a filiera corta e yogurt biodinamico, noncurante dei rischi fisici procurati dall’ingurgitare la spazzatura mattutina di una certa radio, internet, televisione, musica e stampa.
Mio altezzoso criptomoralismo monastico? Un po’ si. Forse meglio un distaccato "a ciascuno il suo".
Mezzo minuto
Non mi ricordo cosa ho sognato questa notte, ma al risveglio per il primo mezzo minuto ho percepito una libertà inedita, così da accorgermi della personale influenza coercitiva che inutilmente mi incatena a me stesso.
Puzzo di sacro
Nell’oltrepassare il portale del cimitero monumentale ero entrato in una specie di serra, forse di zoo. Regno altro di malriusciti dèi ingabbiati in sacrari, altarini e teche, pietrificati in targhe, cippi e steli. Odore di inerzia.
Non luogo forse creato dai minuti di silenzio di quelli che commemorano i morti. Ma quanti decibel bisogna togliere al mondo per raggiungere il silenzio? Ma a cosa penseranno dentro quei sessanta secondi? Dove mai si raccoglieranno? E perché contraggono un po’ le labbra?
C’è qualcosa che non va. Forse aveva ragione quell’antico predicatore ebreo:
«Seguimi e lascia che i morti seppelliscano i loro morti» (Mt 8,22).