Bruno Vergani
Radiografie appese a un filo. Condivisione di un percorso artistico, davanti al baratro con angoscia parzialmente controllata.
Faccia di…
Nella messa in scena teatrale, come in quella cinematografica, incontriamo discrepanti modalità di recitazione:
dal tecnico impostarsi dell’attore un po’ contiguo all’impostura;
all’atteggiamento di corpo, espressione di volto, modulazione di voce, invece prodotti e sostenuti dal pensiero dell’attore. Pensiero che plasma diretto psiche e soma, così un reale pensiero mesto produce una autentica faccia mesta e un reale pensiero gaio produce nell’attore una autentica faccia gaia, con tutti i viraggi espressivi, sfumature intermedie, contaminazioni, cortocircuiti, procurati dal cambiamento di pensiero sul corpo.
Su tale retti-tudine pensiero-corpo due considerazioni:
1 L’osservazione dell’accadimento emancipa da intellettualistici labirinti correlati alla “entificazione” del pensiero: tutto si semplifica quando il pensiero da presupposta entità autonoma viene indagato come il pensare qualcosa di un soggetto concreto.
2 Nel dilatare -dalla recitazione alla vita quotidiana- questo reggersi della persona sul pensiero, possiamo empiricamente osservare che, tutto sommato, l’Io è, in presa diretta, ciò che pensa in quel momento il soggetto.
Se così è forse utile rivalutare, elaborandolo, il “peccato di pensiero” contemplato nella visione cristiana.
Elogio del nemico
Inattendibile una amicizia indifferente al pensiero dell’amico, meglio un avversario che puntuale lo contesti con cura.
L’abbaglio
Nel costituirmi ho utilizzato i materiali che avevo intorno inglobando enti tossici che ho equivocato per me stesso.
I Dieci Comandamenti
Accettando il “patto narrativo” ho visto, con intermittente piacere, i Dieci Comandamenti di Benigni. Patto narrativo tacitamente stipulato tra autore e fruitore insito in qualsiasi racconto; un accordo tra le parti dove, all’interno di determinati perimetri e predefiniti tempi, la narrazione viene passivamente interpretata come se fosse vera.
Piacere per la tematica affrontata e per l’onesta destrezza di Benigni nel metterla in scena, alternata a perplessità quando l’attore tracimava dallo show per annunciare, a me e al mondo, presupposte verità assolute e universali.
Peccato: tradire il patto narrativo fa male al pubblico e ancor più all’attore e poi, nel caso di specie, l’apologia in presa diretta di Dio è mestiere dove nessuno può competere coi predicatori di Rho, quelli specializzati nel dirigere gli esercizi spirituali in Brianza, quelli che quand’ero ragazzo arrivavano in parrocchia nel periodo quaresimale. Ricordo che latravano dal pulpito infuocate e esaltate omelie precettistiche intercalate da momenti di silenzio dove, a loro dire, Iddio rivelava ai fedeli i suoi stupefacenti misteri.
Per estesi tratti Benigni deragliava, nei toni e nel merito, da attore a pontefice infantilizzando il pubblico, e io in quel suo tradire il patto narrativo diventavo meno passivo: azione di legittima difesa che via, via, analizzava, elaborava, enucleava, rispondeva, contestava, per poi tornare passivamente conciliante quando cessava di pontificare.
Nello svolgersi dello spettacolo ha raddrizzato il tiro e nella seconda puntata i deragliamenti ieratici sono stati più contenuti. A ben vedere faceva lo spiritoso nei passaggi dove concionava per ridiventare serio e credibile nel faceto.
Strana faccenda il teatro.
L’IO
Osservalo al supermercato nell’istante che sistema nel carrello i funghi surgelati,
sbircialo nelle sue performance erotiche,
esaminalo la sera quando legge Spinoza e nel non capire un passaggio lo rilegge e invece di comprenderlo produce, chissà da dove, un suo pensiero inedito e sovrano.
Dagli una occhiata quando è seduto sul water con la mente vuota,
fissalo in ufficio alle 12 e 35 concentrato nel fare l’inventario di fine anno,
guardalo nel sonno profondo quando si dimentica di sé e quando sogna rettili esotici e la mattina quando sente freddo,
scrutalo in autostrada, lì che guida al chilometro 825 quando considera che sta invecchiando.
In tanto contraddittorio variegato fluttuare, in questa serie di fenomeni sempre differenti nel susseguirsi degli istanti, come accade che ‘sta strana cosa rimanga sé stessa?
Sfaceli d’immacolate concezioni
“La Madre è colei che ama, devi esigere questo amore perché tuo diritto naturale”. Quell’enunciato era un cancro che da bambino avevo equivocato per medicina. Perché “La Madre” è una fantasia, la “Madre che ama” ente irreale frutto di un dogma sbagliato.
Non esiste “La Madre” entità sacra e cosmica né in cielo né in terra, ma donne che nate da altre donne partoriscono a loro volta altre madri, che accudiscono la prole come possono e riescono. Ognuna un caso diverso, nessuna indispensabile, ognuna criticabile, ognuna apprezzabile, tutte mortali. Molto semplice, nulla di trascendentale.
Normative criminogene?
Se fosse normale e lodevole avere più compagne e compagni,
se fosse lecito avere nel contempo più mariti e mogli,
forse ci sarebbe qualche morto ammazzato in meno.
Sacro colon
Entra in erboristeria un prete mai visto lo saluto e mi posiziono in ascolto. Lui zitto ispeziona il negozio, guarda e riguarda da tutte le parti e spara:
«Non c’è neppure un crocefisso!»
Conciliante addito come surrogato l’immagine della Visitazione, quella di Maria e Elisabetta gravide affissa tra il diploma di erborista e la licenza d’opificio di trasformazione alcolici.
Lui mi guarda perplesso. Chissà? Forse gli piace di più Gesù morto in croce che dentro a un ventre di donna? O forse è uscita una nuova normativa che obbliga all’affissione del crocefisso e io non ho ottemperato?
Smette di fare il prete per diventare cliente e riferisce della sua severa, cronica, ulcerosa, colite atipica. Descrive occulte e viscerali stigmate che percolano sangue colorandogli le feci di nero.
Libro mastro
Da quattro anni, esclusi giorni festivi e mese di agosto, prendo cura di me stesso anche leggendo e elaborando quotidianamente “Think!” del dottor Contri.
Ho fatto i conti e dovrei allo psicoanalista perlomeno cinquemila euro, invece è gratis… e pensare che il dottore se ne impipa di fare il benefattore.
Oltre a questo puntuale ricevere mi accade, in altre relazioni, gratuito dare: a volte si è figli, a volte padri.
Esegesi psicologica
Non male interpretare la mitologia biblica come puntuale proiezione psicologica di tipologie umane a iniziare dal protagonista, un Dio umorale e ambiguo come solo gli uomini sono capaci.
E poi quanti giovani Isacco lì, lì, per essere immolati e quanti Giobbe nelle personali, passate e attuali, vicende umane. C’è anche un qualche Abramo che si aggira in città e piccoli Mosè imperversano.
Forse in questo approccio al Libro sono privilegiati gli atei che, noncuranti di speculazioni filosofiche e teologiche antiche e presenti, possono goderselo appieno in presa diretta.