Razionale?
Si fa presto a dire ragionevole ma di razionalità non ce n’è una sola. Razionale è optare per ragioni personali che giudichiamo giuste -ognuno ha le sue buone ragioni- evitando di andare contro noi stessi, ma anche ottemperare norme sociali pur percependole astruse. C’è la razionalità del profitto che vede ragionevole mettere qualcosa sotto i denti, poi c’è la razionalità che poggiando sull’osservazione altrui opta per l’opzione che, data una specifica situazione, è più utilizzata dalle sue parti. C’è la razionalità istintiva che conserva selettivamente le soluzioni più performanti scartando le altre. C’è la razionalità matematica e pure quella biologicamente e socialmente ereditata, forse c’è anche una razionalità trascendentale.
Mi sembra che ciò che chiamiamo buon senso consista nell’elaborare una sintesi mediana di queste numerose e differenti razionalità per applicarla alle cose e alle circostanze che incontriamo. Razionale non è dunque sinonimo di giusto, corretto e definitivo, ma un modo di interpretare il mondo galleggiando in un provvisorio e per certi versi arbitrario equilibrio.
Ricreazione
“Break” va bene per il pugilato e i business meeting; “svago” fa pensare a un alticcio che vaga; “intervallo” richiama la distanza tra paracarri; in “pausa” riecheggia un’interruzione come quando va via la corrente; “distrazione” fa pensare a un incidente sulla provinciale.
Forse meglio “ricreazione” nel suo enunciare molto di più di un mero ristorarsi.
Fabbricante di continuità
Se si arriva in ritardo si perde il treno e in una progressione aritmetica il numero che segue è in successione costante dal precedente.
Ma per molte altre cose l’ordine e la continuità non sono nelle cose ma prodotto del nostro arbitrio; siamo inconsapevoli cernitori che dagli irrazionali e simultanei eventi materiali e immateriali che incontriamo, scegliamo materia adatta per architettare gerarchie di successioni e consequenzialità, così da controllare il caos. Estraiamo parti scelte dall'immane magma informe e sbozziamo mattoni per edificare strutture logiche e cronologiche apparentemente stabili, quel giusto per non perdere l’equilibrio (il nostro equilibrio).
Sotto certi aspetti l’Io è un fabbricante di continuità.
Capacità immaginativa
Anche se complicato possiamo più o meno capire come quell’organo gelatinoso che abbiamo nel cranio recepisce stimoli, regola funzioni e memorizza, processandole, le informazioni che assorbe dall’ambiente.
Ma come accade che, oltrepassando il suo stesso funzionamento e i dati immagazzinati, produca fantasie? Ci sarà pur una qualche cabina di regia… E chi mai la dirige?
Tipi psicologici
Etimologicamente tollerare significa caricarsi un peso sulle spalle, ma non di rado non c’è proprio niente da portare, piuttosto risolvere il tirannico pregiudizio che valuta giusto ciò che corrisponde alla nostra visione, sbagliato il resto. Per fortuna nasciamo diversi e nel corso dell’esistenza mutiamo, ognuno a modo suo. Tutto qui, legge lampante quanto dimenticata nelle sue conseguenze.
Poco serve, dunque, diventare buoni per accordarci, anzi la bontà costruita può rivelarsi un eccellente anabolizzante della succitata tirannia; neppure serve accanirci contro l'avversario se non per motivata legittima difesa. Meglio leggersi Tipi psicologici di Jung, così da scorgere le basi e il procedere della nostra innata visione soggettiva e indagare quella, sovente differente, degli altri.
Nel leggere le 630 pagine una sola precauzione per chi non avesse tempo, il succo del libro si sviluppa nelle 200 pagine centrali, quelle prima individuano i differenti tipi psicologici nella storia del pensiero; le ultime definiscono con precisione i termini che Jung utilizza nell’opera.
Datismo
Prendi un supercomputer di quelli americani, ficcagli dentro ogni nozione e tutti i concetti razionali e irrazionali conosciuti e ipotizzati, ogni immagine dalle primordiali alle quantistiche, tutti gli articoli di cronaca di ogni latitudine e i poemi d’ogni tempo. Inserisci tutte le opzioni logiche, ermeneutiche e simboliche e ogni psicologia così da ottenere una elaborazione completa e assoluta dell’intero scibile.
Le poderose memorie operative e i performanti algoritmi mitraglieranno all’esterno miriadi di risultati ma manco un’idea.
E separò
Nel racconto della Genesi Iddio dopo aver creato un perfetto tutt’uno realizzò che non si capiva una mazza di quel monoblocco, così iniziò a separare e le cose, finalmente individuate, cominciarono a piacergli.
E fu così che distinguere significa differenziare e anche riconoscere.
Pronomi personali
All’appello dell’umanità più di sette miliardi rispondono presente, ma cosa è presente e chi?
Non è poi chiaro che cosa sia per davvero l’io. La circostanza di avere un nome proprio è un mero arbitrio per distinguerci, ma non prova di individualità libera e cosciente. Libero arbitrio? Problema per nulla risolto e qui secondario, visto che per attuarsi è necessario qualcuno che lo eserciti. Se ciò che definiamo io proviamo ad estrarlo dall’ereditarietà genetica e dalle circostanze sociali -che nel determinarlo ne sconfessano la sussistenza- che rimane? Rimane l’unicità e l’irripetibilità del singolo, anche questa prova debole di una sua fondata consistenza, perché conseguenza di miliardi di combinazioni possibili, assemblaggio di fattori impersonali che non forniscono prova di un nucleo personale autonomo e libero. Resta la circostanza che proviamo piacere, gioia, dolore e sofferenza, che siamo essere senzienti come dicono i buddisti e sperimentano le amebe, funzionamenti biochimici che poco dimostrano se non meccaniche leggi: basta e avanza ingurgitare un qualche alcaloide dell'oppio e il sentire muta come la rana sgambetta per impulso elettrico. Resta il pensiero a giustificare l'io soggetto? Sgrossato da memorie e meccanismi geneticamente ereditati, dall'erudizione che memorizza e dai processi logici appresi e ripetuti come fanno i computer, cosa e quanto rimane di realmente sorgivo? Rimane la coscienza che percepisce d'essere, ma non dice io.
Eppure l’io è qui, tanto evidente quanto inafferrabile. In fondo gli ultimi diecimila anni della storia del pensiero umano, da Omero alla disputa sugli universali, dal credere o non credere in Dio fino alle problematiche intorno all'intelligenza artificiale, sono stati tentativi di risolvere il dilemma. Può darsi che Omero e discendenza sono stati quelli che ci sono riusciti meglio: se c'è racconto c'è autore.
Torre eburnea
A chi le piante piacciono assai potrebbe non gradire la frecciata che Costanzo Preve, filosofo di ispirazione marxiana ed hegeliana, faceva nella sua storia della filosofia all’ultimo Jean-Jacques Rousseau, che dopo aver combattuto valorosamente ineguaglianze e ingiustizie sociali, era poi finito in giardino a contemplare piante selvatiche invece di fare la rivoluzione. Un posto facile il giardino, nessuno parla e non ci sono nemici.
Anche Jung, seppure in seguito interessato alle piante addirittura in prospettiva alchemica, osservava che una particolare passione per le piante potrebbe essere indizio di una strategia introversa, che distogliendo per timidezza, timore, o orgoglio, la libido dai suoi simili fa sì che si convogli nell’inconscio, dove ritorna a lui in forme arcaiche e infantili, talora producendo nevrosi.
In effetti non possiamo escludere che un bel puttaniere estroverso sia più sano di un botanofilo introverso, immobile eremita sulla cima di una torre eburnea al centro di un hortus conclusus; giardino recintato al mondo. Ma anche l’estroverso ha i suoi seri problemi, tutto preso nel seguire le cronache del mondo potrebbe disperdersi in esse; misera signoria quella che ha continuamente bisogno dell’oggetto per riconoscersi soggetto. Ognuno ha le sue strategie e il suo carattere e va bene così a patto che non si esageri. L’introverso deve un po’ combattere le sue tendenze aprendosi all’altro e l’estroverso lavorare per individuarsi. Ognuno ha da imparare dall’altro tipo più che da litigare.
Lapsus vegetale
Delle piante colpisce la pornografia di portamento e fiori, ma è invece la potenza dell’invisibile principio attivo, che cura o uccide, a determinarle.
Principi nascosti ma determinanti che assomigliano al contenuto del nostro inconscio. Talora, forse per un lapsus, affiorano dalle foglie o dai fiori e percepiamo l’esalazione dell’alcaloide azotato dello Stramonio o l’effluvio del citrale della Verbena.