BLOG DI BRUNO VERGANI

Radiografie appese a un filo, condivisione di un percorso artistico

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Giovedì, 18 Aprile 2024 18:10

Guernica

Negli ultimi tempi mi viene da curare il giardino in ogni più piccolo particolare, forse troppo. Stamattina ho avvertito in quella perfezione un’energia nevrotica, maniacale. E’ che più il mondo si sfascia e più mi viene da migliorare il pezzettino che ho intorno, non per salvare il mondo -sarebbe un delirio affermarlo- ma per salvare me stesso.   

Pubblicato in Frammenti Autobiografici
Lunedì, 01 Aprile 2024 13:51

In grazia di Dio

Tu sai cos’è bene e cos’è male, tu vuoi e puoi scegliere il bene e rifiutare il male. Certezze che, suppergiù, funzionano nei tribunali, ma non appena fuori da lì producono poco bene e tanti Io ipertrofici che, moralmente, tutto suppongono di sapere e di potere.

Per certi versi la concezione della grazia divina -se si potesse riferirla alla natura depurandola dalle dottrine teistiche che l’avvolgono- contiene come un nucleo di verità, perché vicina a quegli istanti rivelatori del significato della vita che ci arrivano, immotivati, improvvisi, immeritati, quando ci dimentichiamo di noi. Momenti epifanici preclusi ai titanismi egotici moralmente onniscienti e al merito personale dei volli, sempre volli, fortissimamente volli.

Pubblicato in Pensieri Improvvisi
Giovedì, 28 Marzo 2024 18:56

Uno-tutti

Il concetto di Dio come somma e unità di tutto ciò che vive, espresso con sfumature differenti dal Deus sive Natura (Dio ossia la Natura) all’Uno neoplatonico, dalla filosofia Ubuntu che seguiva Nelson Mandela all’“uno-tutti” e al “tu-tutti” formulati da Aldo Capitini[1], ancor prima di produrre un’etica esprime una ontologia: tu sei tutti gli altri[2]; tu sussisti perché noi siamo. Se le cose stanno così va da sé che mi prodigo per l’altro non perché mi sforzi precettisticamente di farlo, ma perché l’altro sono io. Sarà poi vero? E chi lo sa?

Questa mattina girando nel supermercato pieno di gente ho collaudato la strana concezione ipotizzando d’essere tutti quelli lì. La sensazione è stata buona, ho sentito azzerarsi quelle nascoste note di altezzosità che mi serpeggiano nell’intimo e una netta libertà da me stesso, mischiata a una sorta di piacevole espansione. Funziona bene, si potrebbe anche continuare. Una volta ero entrato in me stesso e non avevo trovato nessuno, forse proprio perché sono tutti?[3].

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1 In quel tu-tutti Capitini includeva anche tutti i tu delle persone morte considerandole compresenti.
2 Con angolazione diversa hanno affrontato la tematica anche Pessoa e Pirandello.
3 Ipotesi vietata ai minori, da considerare con estrema prudenza saldamente individuati.

Pubblicato in Frammenti Autobiografici
Venerdì, 22 Marzo 2024 12:17

Compresenze

Aldo Capitini osservava che fare reale esperienza di quelli che ci hanno preceduti in questa esistenza sentendoli qui presenti,

“fa sì che scompaia la pretesa di rivedere i morti tali e quali essi furono, con le loro abitudini, i loro modi, e quasi il loro linguaggio, la loro fisionomia se non le loro vesti. La compresenza [di vivi e morti] toglie via questa idolatria o chiusura della finitezza storica”[1].

Vale a dire il morto non è riducibile all’individuo e alla sua biografia; la foto della sua faccia col moccolo davanti è nient’altro che una parodia di quell’entità, che se realmente compresente è ben altro.

Si potrebbe integrare osservando che, pari, pari, vale anche per i vivi, perché siamo entità che tendono ad auto trascendersi, non riducibili ad un mero io biografico, con le sue abitudini e i suoi modi. Ma allora morti e vivi chi sono, cosa sono? Non lo sappiamo. Il problema è che pretendiamo di saperlo quando partendo dalla (giusta) osservazione che siamo entità costituite da un nucleo che ci porta ad auto trascenderci, tendiamo a equivocare - tradizione giudaico-cristiana in primis - questo auto trascendersi come espansione dell’io personale, una sorta di eterno, fisso, ringagliardire cosmico dell'individuo.

Forse meglio un trascendersi per sottrazione sbarazzandoci un po' di noi stessi. In effetti la natura funziona proprio così: “Se il chicco di grano non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto”.

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1 Aldo Capitini (1899 –1968), La compresenza dei morti e dei viventi, Libreria Editrice Fiorentina, ristampa 2023 pag. 139.

Pubblicato in Filosofia di strada
Lunedì, 11 Marzo 2024 22:30

Va da sé

Una madre che allatta convince il figlio semplicemente dispiegandosi, senza necessità di argomentare alcunché.

Potenza dell’omettersi, del dimenticarsi, dello sbarazzarsi di sé.

Pubblicato in Pensieri Improvvisi
Mercoledì, 06 Marzo 2024 10:34

Proficua lacerazione

Lacerati fra il desiderio d’esserci e l’impermanenza data dal continuo divenire che muta tutte le cose, escogitiamo sistemi per non spaccarci in due. Sono tante le strategie per smorzare l’attrito fra essere e non essere, dalle più sfumate come la sottile soddisfazione di consegnare i personali cromosomi alla progenie, o il proprio sapere agli allievi, così da persistere un po’ di più, fino alle più chirurgiche ed estreme, dal credere ad un Creatore di un io personale stabile e imperituro, stile profeta Geremia con Dio che gli rivela: “Prima che ti formassi nel grembo di tua madre, io ti ho conosciuto”, o all’opposto puntare dritto all’annientamento dell’io, stile dottrina dell'anātman ossia del “non sé” propria del Buddhismo, che afferma la totale insussistenza dell'io.

Si potrebbe optare per una delle due soluzioni, un po’ come quando stacchiamo un polo dalla batteria dell’auto per evitare cortocircuiti, se non si rischiasse, qualsiasi dei due poli si escluda, una stasi mortale. In effetti il credente nel Creatore tutto convinto di sapere la verità definitiva, assoluta, rivelata, non avrà motivo di pensare ad altro, ancora meno di lui potrà fare e pensare chi nega se stesso; per fare e pensare bisogna perlomeno essere qualcuno. Concezioni opposte medesimo risultato.

Però potrebbe anche darsi che quella lacerazione primaria[1] non sia un problema da risolvere ma semplicemente da accettare perché motore di ogni agire[2].

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1 Più mi guardo dentro e intorno più constato che questo dualismo originario, questo barcamenarci fra Eros e Thanatos, è la cifra di Homo sapiens.

2 «Polemos [la guerra, nel caso di specie il conflitto interno] è padre di tutte le cose, di tutti i re». (Eraclito)

Pubblicato in Filosofia di strada
Sabato, 24 Febbraio 2024 10:21

Ranuncoli

Quest’inverno il ranuncolo favagello ha colonizzato il giardino, passeggiando su quel tappeto di fiori gialli ho avuto come la percezione che la natura trami in mio favore. Manco il tempo di avvedermi della cosa ho giudicato quella percezione in odore di delirio, considerando che tutto quel favagello era lì per i fatti suoi non di certo per me[1].

Giudizio corretto però mi viene il sospetto che sia quell’istante di delirio a svelarci la vita, mica gli enunciati esatti[2].

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1 Il delirio interpretativo che ci fa sentire al centro della scena naturale mentre, di fatto, nel sommo funzionamento siamo una minuscola parte marginale, non esclude, anzi prova, che alla natura in ogni caso apparteniamo. I filosofi la chiamano ecoappartenenza, la tradizione mitologica racconta l’eterna alleanza espressa dall’arcobaleno dopo il diluvio universale.

2 Perché non esatti in assoluto, ma parzialmente e provvisoriamente esatti nel nostro tridimensionale sobborgo di universo.

Pubblicato in Erbario
Mercoledì, 21 Febbraio 2024 17:59

Attriti prestanti

Nonostante gli innumerevoli tentativi di porre un unico principio, o sostanza, a fondamento di noi e del mondo, il duale[1] riemerge sempre. Visto che piante e animali sono indenni dall'alternanza di dualismi e monismi, e da correlati antagonismi fra mortalità e immortalità personali, verosimile che la dualità che ci caratterizza ebbe origine con lo strutturarsi dell’autocoscienza di ominidi dai quali discendiamo, che ad un certo punto della loro evoluzione iniziarono a percepirsi entità autonome, differenziandosi così dalla natura[2].

Per sanare l’ancestrale cesura e ritornare allo stato naturale originario, alcune tradizioni sapienziali orientali[3] ci invitano a liberarci da false individuazioni e identificazioni con gli apparati psicosomatici mortali che crediamo di essere, per fonderci nel tutto (l’Uno se si preferisce) impersonale che da sempre siamo, come la goccia d’acqua che ritorna all’oceano; vale a dire “nessuno nasce, nessuno muore”; vale anche a dire: ritorna scimmia, meglio ameba, ancor meglio immortale sasso di fiume. Risultato assicurato nondimeno paradossale.

Il punto è che oltre a sapiens, faber e forse ludens, siamo intrinsecamente e irriducibilmente duali e come il leone è predatore così noi siamo connaturatamente doppi, con tutti i vantaggi e gli svantaggi che ne conseguono. Non possiamo escludere che l’attrito generato dai dualismi che ci abitano sia fonte di energia vitale copiosa e versatile, nel bene e nel male.

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1 Finito/infinito, materia/spirito, naturale/soprannaturale, ordine/caos, fenomeno/cosa in sé, diacronia/sincronia, impermanenza/eternità, yin/yang, eros/thanatos, divisibile/indivisibile, essere/divenire, corpuscolare/ondulatorio, interiore/esteriore, libertà/causalità…

2 Il racconto biblico, con sorprendente precisione, esprime in chiave mitologica lo stesso processo: “Mangia pure liberamente del frutto di ogni albero del giardino; ma del frutto dell'albero della conoscenza del bene e del male non ne mangiare; perché, nel giorno che tu ne mangerai, certamente morirai”.

3 Come l'Advaita (traducibile con "non duale") Vedanta della tradizione induista, sistema monistico fondato sul principio dell'indivisibilità del Brahman nel quale tutto sussiste.

Pubblicato in Filosofia di strada
Mercoledì, 14 Febbraio 2024 17:37

Breve invito all’irrazionale

Non riusciamo a scorgere il mondo per ciò che è, possiamo solo vederlo per ciò che è per noi perché, per forza di cose, lo percepiamo attraverso i nostri sensi limitati per poi interpretare queste dubbie percezioni con i procedimenti logici del nostro intelletto, senza per nulla sapere se la realtà segua la stessa logica, o una qualche logica.

Una volta avevo tentato di colpire con la scopa un pipistrello entrato in stanza e più il ragionamento era lucido e l’intenzione precisa più fallivo, ma roteando la scopa a casaccio l’avevo centrato. Forse per cogliere il noumeno devi spiazzarlo con botte da orbi, o provare a vederlo con la coda dell’occhio senza pensarci su, tirando a indovinare.

Pubblicato in Pensieri Improvvisi
Venerdì, 09 Febbraio 2024 15:25

Ades

Ades[1], sei qui
nel bosco, nel silenzio,
nel frastuono d'aria
alto del mezzogiorno.
Ci sei intensamente,
ci sei fino a tal punto
da parere che tu manchi,
occultato nell'istante,
inabissato nel presente,
unito così al mondo
che ti prende
tutto, fino all' annientamento,
però ti regala il dove e il quando
numine il sole; quasi
lucertolescamente, oh hic, oh nunc.
(Mario Luzi)

A un certo punto della storia umana l’invenzione del soprannaturale. Dualismi fra materia e spirito, fra gli artefatti dell’al di qua e dell’aldilà, del quaggiù e del lassù. Fratture fra immanente e trascendente, fra corpo mortale e anima immortale, che non abbiamo del tutto ricomposto. Ci sono servite per tentare di interpretare i tanti misteri che non possiamo spiegare, a iniziare dalla morte personale. Consideriamo quel primo essere umano -e come lui anche l’ultimo- che si è trovato al cospetto del cadavere della persona amata, un oggetto stranissimo che procura l’immediata sensazione di non essere più la persona che era, ma un sacco vuoto. Ma vuoto di cosa? Cos’è quel qualcosa che prima era là dentro e ora, in un istante, non più? E come è sorto quel qualcosa di così unico? E dove è andato? Mica convince che una singolarità così speciale abbia fatto come la fiamma della candela che spegnendosi non va da nessuna parte, agevole immaginarlo in un altro mondo, lassù.

Invece le tradizioni sapienziali legate ai cicli naturali non necessitano di questi dualismi, dalle ancestrali religiosità dei cinque elementi, alla mistica naturale dell’inabissarsi nell’istante espresso nella poesia di Luzi l’io biografico non necessita di ascensioni al cielo, neppure di assunzioni, ma si disperde nel naturale immanente espandendosi, così, nel cuore della materia. Ma sia per fondersi in questa materia significante, sia per coglierla, è necessario il superamento del proprio perimetro egoico e nel contempo un affinamento dei sensi, dato che questa dimensione seppure per nulla soprannaturale è però soprasensibile, in senso diciamo così kantiano, appurato che con i nostri sensi limitati possiamo percepire solo parti della realtà. Consideriamo gli ultrasuoni e gli spettri della luce che non possiamo sentire e vedere, figuriamoci se, senza alcun affinamento percettivo e sensoriale, possiamo percepire la mistica oggettiva di individualità biografiche che si fondono nell’intimo della natura diventando tutto, ma forse non servono ore di meditazione spinta, bastano sprazzi di istantanea conoscenza dell’istante, della sua verità, della sua intensità, della sua eternità, basta qualche passeggiata nel bosco ben fatta, uno sguardo al mare, un altro per radiografare la lucertola al sole, un altro alla luna con intensità congrua alla posta in gioco.

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1 latinismo con significato di sei presente, sei adesso qui.


Pubblicato in Sacro&Profano
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