Bruno Vergani
Radiografie appese a un filo. Condivisione di un percorso artistico, davanti al baratro con angoscia parzialmente controllata.
Abilitazione linguistica
Ancora non sappiamo come l’ordinato funzionamento della natura, che non fa sbocciare pinguini sui nespoli, abbia prodotto in noi -operazione più complicata e strana- coscienza, volontà e libero arbitrio.
In attesa di spiegazioni l’inopinato accadimento ci autorizza ad utilizzare il lemma “Dio”.
Catalisi
Odio, nucleo sempiterno di fuoco che erutta dal profondo. Se si mischia con l’ossigeno di religioni, miti, ideologie, detona in olocausti.
Se incontra idioti pensieri di paese produce cattiverie di provincia, ma basta e avanza che incontri il santo patrono del paese, che si imbatta con le piaghe di San Rocco che il cane lecca, o le frecce di San Sebastiano o a una qualche madonna di contrada, ecco che Odio detona in tutta la sua gloria.
Ehilà, c'è nessuno?
Possiamo rimanerne indifferenti, potrebbe non piacerci oppure piacerci, ma mica si può essere amici di una pianta di cappero, si è amici dei pensanti.
Quelle strane entità senzienti che, tra ereditarietà e circostanza, oltre a percepire intendono, vogliono, scelgono.
La scienza non ha ancora ben spiegato che cosa siano e più quel Chi permane nessuno, più la violenza nei suoi confronti risulterà lecita.
Valore aggiunto
Nel pensare ai miei amici, tranne un paio di eccezioni che confermano la regola, mi ritrovo con Cioran:
«Mi intendo pienamente soltanto con quelli che, senza essere credenti, hanno attraversato una crisi religiosa da cui sono rimasti segnati per sempre. La religione – come contrasto interiore – è la sola via per bucare, perforare lo strato delle apparenze che ci separa dall'essenziale.»
Brutta china
Dalle nostre parti, in questo periodo, di demenza e cattiveria ce ne sono a sufficienza per finire davvero male, ma in quanto sprovviste di un mito, di una religione, di una ideologia assoluta, di un ideale metafisico, prevedo che andrà un po’ meglio.
Semiotica di genere
Mi hanno fatto notare che utilizzare il lemma “Uomo” per indicare quelli che hanno vissuto e vivono su questo pianeta è scorretto perché il termine esclude le donne. Per rimediare indicavano l’utilizzo delle definizioni alternative “esseri umani”, “umani”, “umanità”. Prescrizione contraddittoria visto che humanus deriva da homo, pertanto anche queste definizioni appartengono a parametri androcratici. In subordine indicavano di utilizzare “persone”, concetto inadatto visto che esprime singolarità individuali e non il fondamento comune di noi tutti.
Maschilismo, paternalismo, androcentrismo, sono così tanto incistati nella semiotica occidentale che ci vorranno centinaia di anni per risolvere il problema trovando parole nuove. Tuttavia , nel frattempo, mi sembra che l’importante sia usare le parole consapevoli degli strumenti che sono, meri arbitri condivisi da non innalzare a dogmi assoluti.
Mica è agevole implementare parole alternative a “umanità”, “umanesimo”, oppure ridefinire “Homo sapiens” o “Dichiarazione dei diritti dell’uomo”, formule seppur carenti che possiamo comunque ancora utilizzare visto che ci siamo già messi d’accordo su ciò che vogliono dire e, tra, ciò che vogliono dire dicono che le donne sono tutte incluse. Chi non d’accordo può sempre fondare e proporre parole nuove, ma insistere petulanti per respingere quelle che già adoperiamo è un po’ come farci togliere le scarpe per mettere le pattine, robe scomodissime.
Filosofia, la guastafeste
Hanno occhi e non vedono, hanno orecchi e non odono, hanno narici e non odorano (Salmo 114).
Ieri sera a teatro ho visto un bel monologo su Leonardo, tra i passaggi più accattivanti quello che illustrava il miracolo che compiono i sensi, specialmente la vista, capaci di far penetrare l’infinito sempiterno universo, che è fuori di noi, nelle nostre circoscritte e finite persone.
Roba da andare a letto soddisfatti, ma percorso manco un chilometro verso casa ecco che mi si attivava in qualche neurone quella guastafeste della filosofia, che nella sua brama di conoscere problematizza a oltranza tutto ciò che gli capita a tiro. Così consideravo che senso (organo) e sensazione possono coincidere solo in una telecamera che asettica e passiva incamera lo spazio circostante. Invece noi vediamo pensando, riflettendo, proiettando, interpretando, giudicando, intendendo, volendo, ricordando, riferendo, coordinando, selezionando, unificando, separando, credendo, espandendo, delimitando, focalizzando, aspettando.
Il punto d’incontro tra noi e l’infinito mondo è la percezione, nella quale i nostri sensi fisici sono meri strumenti; tra me e il mondo c’è l’io cosciente ed è lui che vede e comprende mica l’occhio, i ciechi confermano. Leonardo ne fa preciso cenno, appena dietro l'occhio nel nervo che lo collega al cervello individuava la sede dell'anima, un modo antico per dire dell'Io.
Semper idem (sindrome dello schiacciasassi)
Forse, sotto, sotto, si sentiva inadeguato, consapevole che il mondo fosse più vasto e diverso da quelle quattro ideuzze che si era fissato nella mente.
Indizio di questa sua nebulosa consapevolezza quell'urgente allargarsi smisurato inutilmente pirotecnico, impellente e a oltranza, che costipava come uno schiacciasassi tutto il diverso che incontrava. Castrava sistematicamente ulteriori domande precludendosi differenti possibilità che credeva l’avrebbero ucciso.
Dopotutto non aveva torto, quelle quattro ideuzze gli si erano così tanto incistate da costituirlo e istituirlo.
Potenza nucleare
Una Ginestra, Leopardi.
La metafisica indaga l'istantanea intuizione che accade nel loro interagire che poi detonerà in concetto e canto sprigionando la potenza di quel nucleo prelogico.
Sora nostra morte corporale
L'essenza della realtà ci è preclusa perché gli strumenti che abbiamo per vederla sono gli inadeguati occhi delle nostre idee e valori[1].
Possono avvicinarsi sciamani e poeti che liberati dalle lenti della soggettività ci comunicano intermittenti indizi di realtà, ma per una visione davvero completa non ci resta che non esserci più, un buon motivo per accettare di morire.
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1 Nessun tentativo di fondare l’essenza della svelatezza [qui il lemma "svelatezza" è contiguo a "verità", vedi qui] nella “ragione”, nello “spirito”, nel “pensiero, nel logos”, o in qualche specie di soggettività potrà mai salvare l’essenza della svelatezza. (M. Heidegger, Dottrina platonica della verità, Adelphi).