Hanno occhi e non vedono, hanno orecchi e non odono, hanno narici e non odorano (Salmo 114).
Ieri sera a teatro ho visto un bel monologo su Leonardo, tra i passaggi più accattivanti quello che illustrava il miracolo che compiono i sensi, specialmente la vista, capaci di far penetrare l’infinito sempiterno universo, che è fuori di noi, nelle nostre circoscritte e finite persone.
Roba da andare a letto soddisfatti, ma percorso manco un chilometro verso casa ecco che mi si attivava in qualche neurone quella guastafeste della filosofia, che nella sua brama di conoscere problematizza a oltranza tutto ciò che gli capita a tiro. Così consideravo che senso (organo) e sensazione possono coincidere solo in una telecamera che asettica e passiva incamera lo spazio circostante. Invece noi vediamo pensando, riflettendo, proiettando, interpretando, giudicando, intendendo, volendo, ricordando, riferendo, coordinando, selezionando, unificando, separando, credendo, espandendo, delimitando, focalizzando, aspettando.
Il punto d’incontro tra noi e l’infinito mondo è la percezione, nella quale i nostri sensi fisici sono meri strumenti; tra me e il mondo c’è l’io cosciente ed è lui che vede e comprende mica l’occhio, i ciechi confermano. Leonardo ne fa preciso cenno, appena dietro l'occhio nel nervo che lo collega al cervello individuava la sede dell'anima, un modo antico per dire dell'Io.