Bruno Vergani
Radiografie appese a un filo. Condivisione di un percorso artistico, davanti al baratro con angoscia parzialmente controllata.
“Caneda de veder”
Nel profondo Nord “caneda de veder” (cannetta di vetro) sono i fannulloni con la colonna vertebrale di cristallo che non possono piegare la schiena sennò si spezza, così ieri per onorare il brianzolo imprinting ho comprato la motosega per potarmi gli ulivi in diretta e poi la sera leggermi un qualche filosofo. Non male considerare tutt’uno il lavoro manuale e quello intellettuale, eppure constato che comprendere un concetto o edificare una frase precisa può risultare più faticoso dello zappare un terreno pietroso in pieno sole.
Evidentemente da rifiutare l’offensivo caneda de veder se esaltazione del fisico fare contrapposto al pensare, così da innalzare nell’empireo sudati scaricatori di porto sbattendo negli inferi gli intellettuali, viceversa se riferito al lavoro di pensiero sta in piedi e pure bene. Tanti i malriusciti perché caneda de veder dell’intelletto che poco imparano e poco pensano. Ascoltare una parola sconosciuta e non correre a scoprirla è un po’ come non accendere la lampadina del cesso nottetempo e acquisire imput mediatici senza elaborarli è peggio di non tirare l’acqua.
Epilogo & Ecoappartenenza
Mi piacerebbe così:
«Un po’ di alcaloidi dell’oppio per lenire i dolori?»
«Si. Grazie.»
Per poi riposare senza l’assillo di permanere autore del pezzo, stravaccato sul puntuale operare dell’Altro:
«Il regno di Dio è come un uomo che getta il seme nella terra; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce; come, egli stesso non lo sa.» Marco 4,26-27.
Salutismo
Maniacale attenzione ad oltranza al prolungamento efficiente di sé. Per fare cosa?
« Non quello che entra nella bocca contamina l'uomo; ma è quello che esce dalla bocca, che contamina l'uomo!» Matteo 15,11.
Guru nostrano
Invita al silenzio poi tace e se parla allude non definisce, inzuppa il suo dire nel simbolico, nel mistico, nell’occulto.
Con semantica indiretta indica l’oltre e più svela più copre, parla di indicibile ed anche di energia ma non dice di quanti kilowatt.
Addita il Mistero e ci gira attorno, sempiterno pirlare; gira, gira, gira e non arriva, eppure i suoi adepti sono convinti che in qualche luogo supremo sia realmente arrivato e loro no.
Tragiche trasposizioni
Quale il motivo che porta taluni a inchiodarsi nel fortino della propria persona, o del gruppo di appartenenza, percependosi minacciati dal mondo intero? Da don Giussani che valutava “nulla”[1] oppure “illusione e sterco”[2] tutto ciò che non coincideva con la sua interpretazione di Cristo e della Chiesa cattolica, ad un certo Islam, al neorazzismo di provincia, a chi scorge fuori da sé sempre e solo minacce, sovente occulte (complottismo).
Per la psicoterapeuta e teologa Hanna Wolff tale alienazione per il supposto assedio dell’Altro è causato da precise dinamiche proiettive:
«Tutta la svalutazione che colpisce il non-prossimo, lo degrada e lo esclude dalla comunità umana, […] in verità è, una tragica trasposizione, su scala gigantesca, delle proprie inferiorità.»[3]
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1 «Amici miei, che compito, che responsabilità! Perché gli altri nel mondo dipendono dalla nostra vita.» (Vita di don Giussani, Alberto Savorana, p. 728).
2 «La gioia più grande della vita dell’uomo è quella di sentire Gesù Cristo vivo e palpitante nelle carni del proprio pensiero e del proprio cuore. Il resto è veloce illusione o sterco». (ibid. p. 51).
3 Gesù psicoterapeuta, p. 146.
Senza rete
Alla platea non lo so, ma all’oratore danno di più tre minuti di dire impreciso, goffo, timido, nell’onesto tentativo d’indagare universalmente la realtà, che decenni di eloquio nel suo ruolo di specialista che disinvolto ripete e trasmette settoriali competenze acquisite.
Computo
Cos’è di preciso l’innaturale? Vediamo che dice il dizionario: Innatistico... Innato... ah eccolo!: «Innaturale: non naturale». Che stitico, poteva dare un po' di più. Per chiarire la faccenda mi concedo l'arbitrio di passare in rassegna il dizionario in ordine sparso contrassegnando con una X le parole che appartengono o esprimono il naturale; Y per le correlate all'innaturale; Z nel caso di lemmi dubbi che possono appartenere ad entrambe le categorie, chessò: Metastasi, Cacciatore, Medicina...
Mica ho avuto il tempo di monitorarle semanticamente tutte, tuttavia il campione eseguito indica che le parole Y ascrivibili inequivocabilmente a l’innaturale non sono tutto sommato numerose, oltre che rivelarsi specularmente apparentate come se generate da identica matrice: Miracolo, Bandiera, Antropocentrismo, Teismo, Feticismo… Ma come riescono pur così esigue di numero, appartenenti a ristretto clan e a categoria nebulosa, a procurare, di fatto, disastri tanto universali?
Il Libro
Mica è accettabile il teista di turno che valida e giustifica tesi citando il “suo” Libro, a patto che non si glissi quando scienziati e filosofi ripetono solenni le loro bibbie poggiandosi sopra a peso morto.
“Acala’ a’ capa”
Nel leggere la trilogia della psicoterapeuta e teologa Hanna Wolff «Gesù, la maschilità esemplare (garantisco che il contenuto è meglio del titolo); Gesù psicoterapeuta; Vino nuovo - Otri vecchi», continuo a ruminare una domanda che mi sorge spontanea: corretto e propizio analizzare il cristianesimo alla luce della psicologia del profondo - come fa la Wolff procedendo come uno schiacciasassi - o invece opportuno che psicologia del profondo e cristianesimo permangano regni separati con specifiche gnoseologie e propri statuti? Visto che la trilogia mi è proficua, a tratti illuminante, rispondo empiricamente che è meglio mischiare. Se così, vedo più motivi che obiezioni nell'universalizzare il metodo: psicologia del profondo che interagisce con la religione in senso lato, come anche con la sociologia, la filosofia, il diritto, la politica e l'arte, anche se per quest’ultima sarebbe opportuno un qualche distinguo, beninteso non primato di una disciplina sulle altre, ma alleanza reciproca.
Nel considerare la filosofia osservo che Freud, pur presente nei manuali dossografici, è purtroppo in realtà ibernato, non vedo ragione di lasciarlo lì sotto teca, in quanto se, quantomeno in parte, “il mondo è una mia rappresentazione” (Schopenhauer) e una qualche perversione inconsapevole mi rode dentro condizionerà il mio vedere e filosofare - pensiero e prassi. Un “acala’ a’ capa” [proverbio partenopeo: sottomettersi a altrui decisione -nel caso di specie a entità nascosta nel proprio intimo-, genuflessione]. Così per il narcisismo, l’edonismo, le inconsce perversioni, le mancanze, che pertanto non solo influenzeranno ma distorceranno il filosofare stesso al fine di soddisfare insane recondite dinamiche, magari attraverso un certo sofismo, oppure brandendo l’erudizione come arma edonistica, come anche l'esaltarsi in estremismi ideologici o l'incappare in nichilismi e teismi sotto e sopra le righe, come anche esaltandosi in velleitarismi giovanilistici in tarda età, oppure nel ripetersi concettualmente incapaci di fluttuare, di ascoltare, di dialogare, o manifestando netto scostamento tra ciò che si enuncia e la personale biografia.
Mica sono indenne da questo insano ragionacchiare immaginativo-narrativo scritto da autore acquattato in me medesimo che, da qualche fogna, verga il copione. Autore occulto che, perlomeno, cerco di individuare e talvolta scorgo in altri.
Dimenticavo: da là sotto di solito, il mio, scrive di paradisi.
Ontologia di strada
Della trita e ritrita questione: «Un albero cade, ma nessuno lo sente. Fa rumore?» risposta decente potrebbe essere: «Si ma non lo sa». Estremizziamo: «Un albero che nessuno vede esiste?» - mica è bislacca la faccenda e non pochi hanno risposto con un perentorio "no", oppure con un motivato “non esattamente”, contestando l'evidenza della cosa in sé, dall’Advaita Vedanta fino a non pochi filosofi dell’idealismo.
Esiste l'Oggetto senza Soggetto oppure non esite? Tutto sommato risultano effettive entrambe le concezioni in quanto il Soggetto (Io) appartiene, sì, alla realtà incontrando evidentemente oggetti posti dalla natura - o forse da un qualche ente, regista occulto - eppure, nel contempo interagendo con l’ambiente in qualche modo lo “fa”, beninteso non in senso ontologico ex nihilo, piuttosto lo ricrea, come anche annichilisce, attraverso il personale interagire relazionale, interpretativo e di prassi.