BLOG DI BRUNO VERGANI

Radiografie appese a un filo, condivisione di un percorso artistico

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Bruno Vergani

Bruno Vergani

Radiografie appese a un filo. Condivisione di un percorso artistico, davanti al baratro con angoscia parzialmente controllata.

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Martedì, 12 Aprile 2016 08:04

Tra il dire e il fare c’è di mezzo…

Arrivando in orario non si perde il treno e sostituendo la guarnizione usurata il rubinetto non perde più: questo è eseguire.

Riguardo invece all'operare risulta difficoltoso, forse impossibile, individuare il confine preciso dove il pensiero diventa azione, l’idea prassi, il teoretico biografia e la parola accadimento fattivo.

Processi integrati e compenetrati, anzi processo unico.

Lunedì, 11 Aprile 2016 13:36

Cronaca quasi filosofica dalla contrada

Lo spazio nel recinto era ampio, il cibo abbondante e non le accoppava per mangiarsele. Le custodiva giusto per le uova, ma nottetempo l’animalista nell'interpretarle sfruttate e prigioniere le aveva liberate.

Due minuti di agorafobia prima d’essere divorate dalle volpi.

Lunedì, 11 Aprile 2016 09:31

Genius loci

Ricordo alcuni decenni fa quando sul Corriere della Sera avevo letto un’inserzione: «Vendesi trullo pugliese», così senza rimpianti avevo lasciato la Lombardia e il suo lurido passato per trasferirmi in Puglia, là seguivo la ristrutturazione del trullo tra ulivi secolari, macchia mediterranea, cielo, terra, luce e pietre. Non conoscevo nessuno, di giorno seguivo i muratori, la notte catturavo strani coleotteri e contemplavo il cielo, era la mia dimensione, l’infanzia pagana era tornata. Accudivo una capra, per sperimentare che tipo di relazione avesse con i felini avevo buttato dentro al suo recinto una gatta incinta e la capra l’aveva incornata. La gatta sanguinava dal collo, avevo procurato un’inutile sofferenza (esistono sofferenze utili?), ma la vittima non mi portava rancore. Trascorsa qualche ora la ferita si era cicatrizzata e la gatta si comportava come se nulla fosse accaduto, la capra pure. Quanti episodi in un’esistenza che nessuno saprà e ricorderà. Milioni di cadaveri nei cimiteri italiani, milioni di esistenze, miliardi di episodi sepolti con loro e a capre e gatti va bene così. Sì, a loro basta e avanza intrattenersi col Genius loci.  

Oggi il Genius loci è mero termine fenomenologico, tecnico ambientale, architettonico e culturale, che dice l’identità di un luogo. Un po’ poco. Trulli di Puglia, abitazioni ancestrali di pietra a secco col tetto a cono, vissute fino a un recente passato da contadini laboriosi, nell’alcova sempre presente l’immagine del Sacro Cuore, o di San Michele Arcangelo, o della Madonna. Alla morte dei genitori proprietari i figli eredi hanno rotto la tradizione e il trullo dei nonni e dei padri è stato svenduto a turisti inglesi, milanesi e romani. Col ricavato si sono comprati un appartamento in cemento alla periferia del paese, ma il Genius loci è rimasto nel trullo. Inconsapevoli della sua presenza i nuovi arrivati hanno fatto il loro mestiere e le abitazioni in pietra dal tetto a cono si sono trasformate in seconde case di vacanza. L’anno passato un milanese aveva sradicato la vigna per metterci la piscina. Incontrando in un angolo del trullo un vano alcova-altare con l’immagine del Sacro Cuore appesa, aveva sentenziato: «Ma che roba è, Medioevo superstizioso? Dentro questo spazio ci faccio un secondo cesso.» Uscito dal trullo infarto fulminante. Morto. Avevano ragione i pagani, il Genius loci esiste per davvero e si è proprio incazzato.

Domenica, 10 Aprile 2016 18:16

La faccia

Istantanee di filosofi, scienziati, poeti e manco uno col sorriso smagliante. Meglio diffidare. Non dei filosofi, scienziati e poeti, ma degli sfavillii.

Domenica, 03 Aprile 2016 18:45

Ecoattivismo

Che strana coppietta. La spazzatura ben differenziata nel cortile, i pannelli solari ad alta efficienza sul tetto, il pane bio nella credenza e tra loro un rapporto di merda.

Venerdì, 01 Aprile 2016 10:39

Abele

Nel mio dire di vittime e del dolore dei loro cari, di vendetta che rende un po’ simile al carnefice, d’ipotesi e percorsi di perdono, di drammi che pietrificano e di quelli che stimolano, di resilienze e di depressioni paralizzanti, della consolazione della natura che indifferente al male continua gloriosa il suo procedere, il saggio amico mi aveva ammonito:

«Facile filosofare quando le tragedie succedono agli altri».

Territori dove è, dunque, lecito dire se direttamente e personalmente coinvolti in medesimo grado: ti è morto il padre di tumore al pancreas? Puoi dire la tua all’amico che sta vivendo lo stesso dramma, ma esautorato da qualsiasi pensare, dire, fare, interpretare, riguardo la madre che ha avuto il figlio assassinato. Limite invalicabile ad eccezione della silente vicinanza. Eppure in questa sacralizzazione della vittima elevata a intangibile onnipotente sovrano separato, isolato, autistico, mai imputabile al pari degli incapaci di intendere e volere, c’è qualcosa che non va. Difficile trovare un modo di sano coinvolgimento se non quello mediato dalle generali e universali misure e norme dell'umano diritto costituite, istituite, e socialmente condivise.

Mercoledì, 30 Marzo 2016 11:40

Replay


Chi ha scritto un’autobiografia sa che all’ultimo punto avrà avvertito una soddisfazione pacificata per ciò che adesso è grazie a come sono andate le cose, snodi dolorosi inclusi.

L’avevo avvertita anch’io la soddisfazione pacificata, ma l’altra sera alla proposta di Nietzsche di ripetere[1] proprio uguale tutto quanto e non una volta bensì eternamente m'è sgorgato un irrefrenabile: « Col cazzo! Ho già dato. »

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1 « Che accadrebbe se un giorno o una notte, un demone strisciasse furtivo nella più solitaria delle tue solitudini e ti dicesse: "Questa vita, come tu ora la vivi e l’hai vissuta, dovrai viverla ancora una volta e ancora innumerevoli volte, e non ci sarà in essa mai niente di nuovo, ma ogni dolore e ogni piacere e ogni pensiero e sospiro, e ogni indicibilmente piccola e grande cosa della tua vita dovrà fare ritorno a te, e tutte nella stessa sequenza e successione [...]. L’eterna clessidra dell’esistenza viene sempre di nuovo capovolta e tu con essa, granello della polvere!". Non ti rovesceresti a terra, digrignando i denti e maledicendo il demone che così ha parlato? Oppure hai forse vissuto una volta un attimo immenso, in cui questa sarebbe stata la tua risposta: "Tu sei un dio e mai intesi cosa più divina"? » La gaia scienza, aforisma 341.

Mercoledì, 30 Marzo 2016 09:48

Umane complessità

Di norma più incrementa la tracotanza più rimpicciolisce il pensiero, tuttavia non rari i casi di morigerati deficienti e autoesaltati geniali.

O la norma è errata oppure tali morigeratezze e autoesaltazioni sono tutte da investigare perché tutt’altro.

Domenica, 27 Marzo 2016 22:21

L’Ontogrumo

Incontriamo a Oriente approcci spirituali, a Occidente filosofici, che interpretano l’Io come grumo impersonale, mero coagulo d’eterogenei fattori vaganti che si addenserebbero in un punto di spazio-tempo.

Ci sarebbe da chiedere ai fautori della teoria come il grumo possa conoscere d’essere tale così d’affermarlo consapevolmente; ci sarebbe anche da chiarire la possibilità del grumo riguardo la potenziale abilità di una possibile scelta auto implosiva (suicidio), ci sarebbe pure da considerare, con apprensione, che nella concezione ontogrumica il “Non uccidere” è un chiaro nonsenso. Niente di allarmante, non so perché ma di solito i fan dell’ontogrumo sono pacifici.

Venerdì, 25 Marzo 2016 09:19

Sacra curcuma redentrice

I peccati di un tempo sanati da divini salvatori adesso sono tossine smantellate da antiossidanti.

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