BLOG DI BRUNO VERGANI

Radiografie appese a un filo, condivisione di un percorso artistico

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Bruno Vergani

Bruno Vergani

Radiografie appese a un filo. Condivisione di un percorso artistico, davanti al baratro con angoscia parzialmente controllata.

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Domenica, 03 Luglio 2016 15:57

Giorno della memoria, oggi

Ezio, mio padre, era uomo mite, a sedici anni prigioniero in Germania, tre anni di campo di concentramento come lavoratore coatto, immatricolato come un autoveicolo con targa 462/6, poi sei anni di sanatorio per tubercolosi polmonare contratta nel lager.

 

 

I suoi racconti della guerra avevano accompagnato la mia infanzia come quello della Bibbia venuta giù dal cielo: pagine del Libro che volavano dopo che una bomba aveva centrato in pieno una baracca del campo dove un qualche ebreo aveva nascosto una bibbia andata in pezzi. Aveva preso al volo una pagina che oggi ho appesa in stanza piuttosto annerita - nella foto sotto un particolare - il minimo sindacale per l’esplosione e il tempo trascorso, dovrebbe appartenere al Libro dei Re.

 

 

Ieri dietro casa ho trovato un suo bassorilievo su pietra, Menorah che aveva scolpito qualche anno prima di morire. Siccome ogni giorno è quello della Memoria oggi l’ho ripulito e ben fissato alla parete esterna della casa, cosicché, di corpo in corpo, quel pensiero continui. Pesava ma a differenza di Sisifo ho raggiunto la meta, non sono ebreo e manco mio padre lo era, un motivo in più per averlo fatto.

 

 

Sabato, 02 Luglio 2016 09:28

L’ostentata penuria

Tranne le attenuanti dell’ammontare dell’elemosina e condizione di necessità  mendicante e corrotto equivalgono.

Per quest’ultimo con le tutte aggravanti in primis psichiche, oltre che sociali e giuridiche del caso.

Venerdì, 01 Luglio 2016 08:12

Il cazzuto

Mai leggere Nietzsche prima di addormentarsi è peggio di una sbornia di Campari, ci si potrebbe svegliare storti. Ieri avevo chiuso la giornata con una pagina del «Così parlò Zarathustra» che con stile biblico sputa sul rassegnato che si adegua agli eventi invece di ergersi gagliardo, bello cazzuto, per dominarli.
Cantava il Nietzsche-Zarathustra che lui evita di schiacciare sotto la suola quelli che si conformano agli eventi per lo schifo che gli procurerebbe la poltiglia prodotta.

Ma non è che il debole sia proprio lui e il forte chi misurato è capace di serena rassegnazione?

Giovedì, 30 Giugno 2016 21:19

à la carte

Per ottenere la pensione avevo chiesto che i remoti contributi pensionistici versati in Brianza, quando ero dipendente dell'amministrazione pubblica, fossero ricongiunti con quelli da attuale lavoratore autonomo, presso l’INPS di Brindisi. Per arrivare da Monza a Brindisi sono occorsi quattro anni e otto mesi. Passa un anno dalla ricongiunzione ma la pensione non arriva, dopo oltre quarantaquattro anni di versamenti non arriva. All’ INPS di Brindisi dicono che da Monza manca una carta. Che carta sarà mai? Nessuno lo sa, ma manca una carta e senza la carta niente pensione, così raggiungo il patronato della CGIL di Brindisi per farmi assistere, il responsabile fa un paio di solleciti alla locale INPS per definire la pratica, che a sua volta sollecita la sede di Monza perché inviino la carta ma la carta non arriva, la pensione manco. Che carta sarà mai? Nessuno lo sa, ma manca la carta e senza la carta niente pensione.

Ritorno al patronato una, due, tre, quattro, numerose, volte, ma nonostante tutti i loro solleciti all'INPS locale per definire la pratica, che a sua volta sollecita la sede di Monza, la carta non arriva. Ritorno ancora al patronato come si fa un esercizio zen e il responsabile dalla sua scrivania m’informa che la carta non è ancora arrivata. Che carta sarà mai? Nessuno lo sa, ma manca una carta e senza la carta niente pensione. Sto per andarmene ma lui zitto alza il braccio sinistro e apre verso di me la mano attaccata sopra al braccio teso; gesto che vuol dire: alt aspetta! Si erge ritto con dietro la foto di Berlinguer, chiude gli occhi, stende anche il braccio destro ma invece di aprire la mano che c’è attaccata sopra tira fuori l’indice e me lo punta addosso, inizia muovere su e giù il braccio con l’indice tesissimo, che vuol dire: adesso ti dico io la soluzione! Continua, continua, continua silente quel rito voodoo ondeggiando sempre più rapido il braccio con l’indice ritto in punta.

Ma cosa avrà mai da dirmi di tanto potente e risolutivo? Finalmente abbassa le braccia e parla: « Sai che facciamo? All’ufficio INPS di Monza sta un compareddu brindisino che si è trasferito là, se la carta non arriva chiamo allui. »
Forza Italia!

Lunedì, 27 Giugno 2016 20:05

Sogno VS soddisfazione

Tino Soriano, fotografo spagnolo[1], nel suo percorso in Europa, Africa, Americhe, Oriente, per documentare le terapie tradizionali e la dinamica Sofferenza/Cura è passato per scattare qualche istantanea alla mia postazione di lavoro, come meritano le bestie in via d’estinzione [click sulla foto per ingrandirla].

L’incontro mi ha portato a considerare la vocazione personale, più precisamente ad indagare quella serpeggiante insoddisfazione, oggi tanto diffusa, che anela all’oltre e ad altro da ciò che c'è e si è: “realizzare il proprio sogno chiuso nel cassetto” e stupidaggini simili che rodono dentro, ma che sarebbe meglio prendere dal cassetto per buttarle nel cesso. Sano il moto del pensare e fare che imprende, invece malate quelle dinamiche immaginative-narrative che si scostano dal principio di realtà sognando di giorno invece che di notte.
Primo comandamento: misura, la miglior alleata per la sovrana soddisfazione personale.

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1 http://www.tinosoriano.com/es/portada

 

 

Domenica, 26 Giugno 2016 09:42

Numero di Graham

Le forze fisiche si possono misurare con precisione compreso il dolore di quando picchi il gomito, invece la sofferenza non è numerabile così per misurarla si va a spanne arrancando con scale di aggettivi, da “lieve” fino a “indicibile” interpretabile come numero di grandezza inconcepibile maggiore dell'intero universo.

Nella realtà non c’è solo sofferenza, però considerando l'indeterminatezza e insieme l’enorme potente fattualità di tale accadimento ogni indagine dovrebbe, nell'alleanza di scienziati e poeti, iniziare da lì.

Sabato, 25 Giugno 2016 21:01

Pubblica amministrazione

Evito la geremiade del passare in rassegna il sempre più complicato rapporto con la pubblica amministrazione, signora isterica che scappa e sviene se deve dare, ma poi viene petulante, orba e prepotente, tanto intrusiva da denunciarla per stalking, per prendere e complicare ogni imprendere.


Domenica, 19 Giugno 2016 09:46

Il telefonino

Ieri sera nel leggere al fresco del giardino m’imbatto col termine "chénosi", nell’ignorarne il significato lo chiedo a quello seduto dall’altra parte del tavolo, parente assolutamente indifferente e estraneo ai libri e tematiche che a me interessano.

Quello prende il telefonino e mi corregge: «Si scrive con la "k" non col "ch"; ma vuoi sapere il significato filosofico o cristologico?». Non ci credevo sembrava trasfigurato mentre gli dicevo cristologico e mi rispondeva puntualissimo. Così ho concluso che oggi più che mai ognuno è, perlomeno per parte dello scibile, quello che vuole e si merita senza attenuanti.

Domenica, 19 Giugno 2016 08:59

Amorevoli antropocentrizzazioni

Ieri dopo il tramonto Profuletta, gatta nanerottola, sembrava realizzasse la promessa d‘Isaia 11 (un click sulla foto per ingrandirla):  

«Il lupo abiterà con l'agnello, e il leopardo si sdraierà accanto al capretto; 
il vitello, il leoncello e il bestiame ingrassato staranno assieme, e un bambino li condurrà. 
La vacca pascolerà con l'orsa, i loro piccoli si sdraieranno assieme, e il leone mangerà il foraggio come il bue. Il lattante giocherà sul nido della vipera, e il bambino divezzato stenderà la mano nella buca del serpente. Non si farà né male né danno…»

Invece era semplicemente soddisfatta d’aver appena reciso la carotide alla vittima,

così ho considerato che, dopotutto, l’umano affetto per gli animali se sopra le righe è una versione di antropocentrizzazione, opposta eppure specularmente correlata al dominarli. Antropologia cosmocentrica ed ecoappartenenza implicano l’accettazione e il rispetto di dinamiche altre cruenti incluse, con centri differenti d'umane proiezioni.

Giovedì, 16 Giugno 2016 21:06

Il Caso CL

I recidivi e severi episodi d’inquinamento alla foce stimolano l’indagine di cinque intellettuali cattolici sul “caso CL”; Luciano Caimi, Guido Formigoni, Franco Monaco, Filippo Pizzolato e Luigi F. Pizzolato risalgono il fiume monitorando la contaminazione nella sorgente. Il dossier «Il caso Cl nella Chiesa e nella società italiana. Spunti per una discussione» individua e analizza le concezioni teologiche e pedagogiche che hanno generato conflittualità all’interno della Chiesa cattolica fin dagli albori del Movimento CL e progenerato gli scandali politici e i ripetuti accadimenti d’illegalità - nell’universo cattolico squisitamente ciellini - caratterizzanti parte della cronaca giudiziaria lombarda e non solo, nell’ultimo decennio.
Il libro apre illustrando una stringata ma puntuale storia di Comunione e Liberazione e chiude con un capitolo che analizza la complessa e delicata questione della sussidiarietà tanto cara al Movimento di CL. La pancia del libro enuclea gli snodi cruciali del “caso”: teologici, ecclesiologici, educativi. Lavoro che gli Autori considerano «riflessioni libere e sciolte» rispettose della buona fede e dell’impegno disinteressato dei «tanti giovani [ciellini] trasparenti e generosi», al fine di «concorrere ad aprire una discussione schietta e fraterna dentro la Chiesa che è in Italia».

Conoscendo l’ambiente dubito che i responsabili di CL accolgano l’invito degli Autori alla fraterna parresia e che i giovani ciellini trasparenti e generosi si confrontino col libro così da emanciparsi dall’ingenuità[1], ritengo invece che il dossier potrà risultare prezioso ai cattolici pensanti e a tutti quelli che desiderano comprendere “il caso” senza impantanarsi nella sterile cronaca gossippara, a maggior ragione per giornalisti che vergano tematiche connesse a Comunione liberazione così da evitare frettolose esaltazioni riguardo la figura di don Giussani, o superficiali, quanto inutili, resoconti sulle orrende camicie fiorate che ostentava l’ex governatore Formigoni, o confondersi nel valutare un qualche ciellino solo un po’ narcisista e talvolta un po’ mariuolo perché scheggia impazzita che «vede il meglio et al peggior s’appiglia» (Petrarca, Canzoniere, CCLXIV, 136), ignorando le bislacche teologie e correlate ecclesiologie già presenti nella imperiosa e tragica esaltazione religiosa di Giussani che hanno prodotto, nonostante la buona fede del fondatore, tali derive. Non escludo che potrebbero leggerlo con profitto anche giudici e avvocati impegnati nei processi con imputati ciellini.

Il libro affronta il pensiero innovativo e nel contempo tradizionalista del fondatore, dove il  punto di partenza è l’uomo con le sue necessità ontologiche e ideali. Da qui per Giussani l’urgenza di trovare direzione, senso e realizzazione, in una consapevolezza integrale: il senso religioso. Questo il valore e solo da qui i valori. L’urgenza che, dunque, avvertiva Giussani era che il potere politico dovesse salvaguardare questo senso religioso integrale; nella fattispecie che favorisse il consolidarsi e l’ingrandirsi della corporazione-istituzione ciellina: in concreto per il pensiero di Giussani chi è Gesù Cristo? Dov’è? Nella Chiesa? Non proprio. Cristo è concettualmente nella Chiesa, ma di fatto si manifesterebbe in quel pezzo di Chiesa che il ciellino ha incontrato: CL stessa «Chiesa al quadrato», dove secondo Giussani «Cristo si attua in noi [CL] e tra noi [CL] attraverso la nostra compagnia [CL] ». In questo approccio tribale il senso della cose, la morale, la cosa pubblica non sono tematiche da percorrere nel confronto dialogico con l’Altro e il mondo - «humanum commune» - in quanto si presume di possedere, perché prescelti dal destino, il significato ultimo di tutto e tutti in maniera integrale e indiscutibile: la presenza di Cristo che vive nella storia attraverso la compagnia di appartenenza - «religiosum commune» -: dove Cristo coinciderebbe con CL, la verità anche, il senso della storia e il bene pubblico pure. Identità che per la concezione di CL «precede il dialogo e lo fonda».

Nella concezione assiologica giussaniana la morale non poggia, dunque, sul comportamento umano in rapporto all'idea condivisa che si ha del bene e del male relata all'imputabilità del soggetto, - concezione bollata da Giussani moralistica - ma su una singolare teoria etico-assiologica di appartenenza narcisistica al gruppo ciellino, nell’ «inessenzialità della morale rispetto al credere»: più fai parte e più ti affidi al gruppo più sei nel giusto, più vali, più appartieni e più sei redento, prescindendo dal personale responsabile agire. Giudizio di valore dove ogni nome è fuso e confuso nell'incorporazione alla comunità di CL, dove l’operato dei membri obbedisce - indifferente alle generali e universali misure e norme dell'umano diritto costituite, istituite, e socialmente condivise - a regole proprie. Concezione che conduce in presa diretta a immediata svalutazione a priori dell’intervento pubblico «assunto spregiativamente come statalista» oltre che giudicato paternalistico, contrapposto alla libertà di scelta derivante dall’identità di gruppo. Primato dell’appartenenza al «fatto cristiano» espresso da CL, invece che primato della personale coscienza in dialogo col mondo. Concezione evidentemente inabile in sede ideologica alla mediazione politica nel «confronto di idee in vista di conclusioni pratiche il più possibile condivise» per il «bene comune» - mediazione bollata da Giussani come dualismo snaturante l’identità cristiana-, ma che di fatto «in sede pratica rischia di favorire una politica di ossequio formale ai valori religiosi e di trasgressione di essi nel costume». Qui argutamente gli Autori colgono risvolti gnostici: «astensione dal contatto in termini di principio, accompagnato però da un abuso pervasivo nei fatti.»

Grato per la precisione e l’utilità dell’intero libro un solo motivo di moderata perplessità: pur accennando a posizioni preconciliari, conciliari e anti-conciliari, il testo nell’affermare il primato del Regno di Dio; Regno divino naturale e universale al quale appartiene ogni uomo anche non religioso; Regno che la Chiesa cattolica serve in posizione subalterna nel suo cammino verso la verità, si sottintende che Magistero e dottrina cattolica avvallino tale lazzatiana concezione che cerca Dio nella “città dell’uomo”. Le cose non stanno purtroppo sempre e solo così e Giussani oltre a metterci del suo non di rado ha utilizzato “materiale” presente in abbondanza nel deposito della tradizione cattolica.

Luciano Caimi, Guido Formigoni, Franco Monaco, Filippo Pizzolato e Luigi F. Pizzolato,
«Il caso Cl nella Chiesa e nella società italiana. Spunti per una discussione»,
Trento, Il Margine, collana Fuorimargine, 2014, pp. 104.
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1 Mai porre limiti alla provvidenza, forse qualche giovane ciellino potrà anche leggerlo «Il caso CL» e pure capirlo così da dire:  «Che bel fesso sono stato!» Proprio come mi era accaduto quando ragazzo ero uno di loro ma grazie all’incontro di cinque minuti con un operaio della cartiera che stava perdendo il posto di lavoro le cose erano iniziate a cambiare. Gli operai presidiavano la fabbrica, l’estrema sinistra era lì a dare man forte e anche noi cattolici volevamo dare supporto agli operai licenziati. Quando entrai nella fabbrica occupata mi accompagnava il mio responsabile ciellino, un trentenne esaltato. Un anziano operaio socialista gli si avvicinò di corsa: «Tu brutto coglione! Io non ce l’ho con questo ragazzino” - disse indicando me - ma con quelli che come te che gli mettono in testa un sacco di cazzate!» Quell’operaio, in realtà, voleva aiutarmi, ma ero giovane e un po’ esaltato anch’io, non potevo capirlo, non avevo gli strumenti per rendermene conto. Pero quelle parole mi si erano incistate dentro come «un uomo che getta il seme nella terra; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce; come, egli stesso non lo sa.» Dopo anni nei memores dopo una notte un po' insonne tirando onestamente le somme, avevo concluso che l’operaio della cartiera incontrato di sfuggita anni prima aveva ragione: quella Chiesa e quel Dio erano una cattiva idea. La mattina dopo don Giussani informato che stavo per andarmene mi aveva telefonato mentre facevo le valigie indicandomi di raggiungerlo immediatamente perché non potevo andare via senza aver parlato con lui. Mi aveva fatto presente che senza il suo beneplacito nel congedarmi dal gruppo monastico non sarei più stato tranquillo nel rapporto con Dio. Potevo anche andarmene ma, per il mio equilibrio, solo nell'obbedienza. Gli avevo risposto - con stile diverso ma uguale nel merito all’operaio della cartiera - che non sarei andato da lui, però se tanto ci teneva poteva venire lui da me.

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