Ricordo alcuni decenni fa quando sul Corriere della Sera avevo letto un’inserzione: «Vendesi trullo pugliese», così senza rimpianti avevo lasciato la Lombardia e il suo lurido passato per trasferirmi in Puglia, là seguivo la ristrutturazione del trullo tra ulivi secolari, macchia mediterranea, cielo, terra, luce e pietre. Non conoscevo nessuno, di giorno seguivo i muratori, la notte catturavo strani coleotteri e contemplavo il cielo, era la mia dimensione, l’infanzia pagana era tornata. Accudivo una capra, per sperimentare che tipo di relazione avesse con i felini avevo buttato dentro al suo recinto una gatta incinta e la capra l’aveva incornata. La gatta sanguinava dal collo, avevo procurato un’inutile sofferenza (esistono sofferenze utili?), ma la vittima non mi portava rancore. Trascorsa qualche ora la ferita si era cicatrizzata e la gatta si comportava come se nulla fosse accaduto, la capra pure. Quanti episodi in un’esistenza che nessuno saprà e ricorderà. Milioni di cadaveri nei cimiteri italiani, milioni di esistenze, miliardi di episodi sepolti con loro e a capre e gatti va bene così. Sì, a loro basta e avanza intrattenersi col Genius loci.
Oggi il Genius loci è mero termine fenomenologico, tecnico ambientale, architettonico e culturale, che dice l’identità di un luogo. Un po’ poco. Trulli di Puglia, abitazioni ancestrali di pietra a secco col tetto a cono, vissute fino a un recente passato da contadini laboriosi, nell’alcova sempre presente l’immagine del Sacro Cuore, o di San Michele Arcangelo, o della Madonna. Alla morte dei genitori proprietari i figli eredi hanno rotto la tradizione e il trullo dei nonni e dei padri è stato svenduto a turisti inglesi, milanesi e romani. Col ricavato si sono comprati un appartamento in cemento alla periferia del paese, ma il Genius loci è rimasto nel trullo. Inconsapevoli della sua presenza i nuovi arrivati hanno fatto il loro mestiere e le abitazioni in pietra dal tetto a cono si sono trasformate in seconde case di vacanza. L’anno passato un milanese aveva sradicato la vigna per metterci la piscina. Incontrando in un angolo del trullo un vano alcova-altare con l’immagine del Sacro Cuore appesa, aveva sentenziato: «Ma che roba è, Medioevo superstizioso? Dentro questo spazio ci faccio un secondo cesso.» Uscito dal trullo infarto fulminante. Morto. Avevano ragione i pagani, il Genius loci esiste per davvero e si è proprio incazzato.