BLOG DI BRUNO VERGANI

Radiografie appese a un filo, condivisione di un percorso artistico

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Bruno Vergani

Bruno Vergani

Radiografie appese a un filo. Condivisione di un percorso artistico, davanti al baratro con angoscia parzialmente controllata.

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URL del sito web: http://www.brunovergani.it

Che strano, la santa martella duro, martella a raffica, colpisce di brutto, ma il volto non esprime emozione.

Senza alcun compiacimento paternalistico o vendicativo ottempera una necessità naturale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Martedì, 10 Aprile 2018 11:51

Violenza del semper idem

Ci sono anche i cazzotti spirituali, sono quelli sferrati da chi (in noi e fuori di noi) proclama fisse verità assolute che castrano ulteriori domande e precludono differenti possibilità.

Una sana identità sta agli antipodi da ogni particolarismo e identicità autistica, L’identità per definirsi e consolidarsi necessita di continua e movimentata interpretazione-riformulazione dell’ambiente nel rapporto con tutti gli uomini; interazione universale, creativa e costante dell’Io con ciò che lo circonda e viceversa, così la forza dell’identità è misurabile dalla capacità di fluttuare per riformulare-riformularsi e la miseria dalla statica identicità, vale per l’identità della persona, di un gruppo, di un popolo.

Sabato, 07 Aprile 2018 17:09

Potenze ancestrali

Ognuno ha una qualche credenza, la mia è che il Genius loci delle mie parti - entità simbolo di coloro che, qui, vissero per secoli[1] - stia tramando un regolamento di conti con i nuovi arrivati nel suo territorio.[2]

Ignoro quale sanzione, pena o castigo, gli stia per disporre il dio della contrada, ma so che può programmarla indisturbato: gli imputati, ignari di ricadere nella sua giurisdizione, non hanno sufficienti intelletto e sensibilità per captare il moto della sua incombente onnipervadenza. Può darsi che tale cecità sia già la punizione.

 

 

 

 

 

 

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Venerdì, 06 Aprile 2018 18:50

Apologia della norma

Il paternalista esautora la norma condivisa soppiantandola con la personale benevolenza, così nell’elargire misericordia subordina l'altro tutto a sé, tecnicamente tirannia.

Venerdì, 06 Aprile 2018 18:14

Ora et labora

«Incominciamo a vivere realmente solo alla fine della filosofia, sulla sua rovina, quando abbiamo compreso la sua terribile nullità, e quanto inutile sia stato ricorrere ad essa, poiché non ci è di alcun aiuto» (E. M. Cioran, Précis de décomposition).

Mi è piaciuto questo liberarsi dal massimalismo della filosofia, così ho provato a onorare l’invito mentre la mattina imbiancavo a calce e nel pomeriggio zappavo l’orto, ma in quell’azione-pensiero la filosofia ritornava gloriosa. Irrilevante se zappa o libro, la dinamica assomiglia all’Ora et labora: prega lavorando e lavora pregando; pensa-lavorando-lavora-pensando. 

Alle ortiche si può gettare la professione del filosofo e pure tutta la storia della filosofia - plausibile che Cioran si riferisse a ciò - ma se è vita non può cessare neppure cestinando la vita, perché anche questo sarebbe moto filosofico. Arzigogolato ma filosofico.

Domenica, 01 Aprile 2018 17:32

Pasqua

Sovrano è il libero agente con potere di causare possibilità e fini voluti; condizionato è invece ciò di cui possibilità ed esiti dipendono da altro, buona o cattiva sorte o un dio che risorge per aggiustare le cose.

Concetti piuttosto astratti: in questo mondo la sovranità illimitata non esiste se non come delirio e, se escludiamo l'evento del morire[1], non è poi frequente la figura del condizionato assoluto.

Normalmente siamo signori con sovranità limitata talvolta con ampio, talora più ristretto, spazio di manovra personale (imputabilità-libertà), nel quale siamo autori del nostro soccombere o sorgere.

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1 Anche qui, senza necessità di tirare in ballo il soprannaturale, disponiamo di spazi personali di manovra. Mi riferisco alla Ars moriendi rispetto alla quale il naturalismo coltiva “una plausibile familiarità” (Orlando Franceschelli).

Venerdì, 30 Marzo 2018 10:54

Sversamento

Nell’atto del percepire la persona incontra il mondo, il punto del rendez-vous è preciso, eppure a parità di mondo (circostanza) la percezione varia da persona a persona.

Inevitabilmente interpretiamo soggettivamente il dato di fatto perché percepiamo attrezzati da individuali esperienze acquisite da lungo tempo, che tendiamo a replicare anche in situazioni inedite. Talora vediamo attraverso vere e proprie credenze che imbevono il dato di realtà, a volte alleggerendolo per pascerci d’illusioni, il più delle volte gravandolo di pesi che già albergano in noi, ma estranei alla contingenza.

Attraverso condutture del sottosuolo Amrita e liquami migrano nella circostanza reale impregnandola. Come l’occhio non può vedersi non è semplice chiudere il rubinetto per interrompere lo sversamento, meglio essere almeno in due, visto che tubi e scolo siamo noi stessi.

Mercoledì, 28 Marzo 2018 16:17

Il Sublime

Nel dire comune il sublime indica uno stato così elevato che non si va più di corpo, perché lassù ogni materia vira in sostanza aeriforme e celestiale, dall’estetica incantevole. Invece etimologicamente il sublime fotografa uno stato strano ed enigmatico: il trovarsi sulla soglia di un portale eccelso. Come siamo arrivati davanti a quella porta? Cosa ci affascina oltre? E perché mai ci piace stare là con un piede fuori e uno dentro?

La tradizione filosofica ha risolto l’enigma: oltre la soglia non c’è proprio niente di bello, ma solo terrore e dolore ed è proprio questo orrendo che ci attrae e piace. Dinamica inesplicabile eppure confermata dalle tragedie classiche dove l’attrazione è direttamente proporzionale alla truculenza; dal successo di pubblico dei film di guerra, horror e catastrofici; ne è prova anche l’assembramento di curiosi sul ciclista schiacciato dal tram; indizio il numero di visualizzazioni dei video di tsunami asiatici o di decapitazioni mediorientali su YouTube.

Uno star lì da turisti, protetti dalla circostanza che la faccenda durerà solo un po’ e poi si tornerà come sempre a casa, sani e salvi. Risulta piacevole simulare un incontro ravvicinato con la propria morte - espressa dalla morte dei nostri simili, dalla forza della natura, dall’infinito, dalle sterminate galassie - e uscirne indenni. C’è qualcosa di contiguo alla perversione che prova piacere della sofferenza altrui, ma non è sadismo è il sublime: autocompiacimento estetico d'esserci, inspiegabilmente, ancora.

Domenica, 25 Marzo 2018 17:59

I coatti

La selezione naturale non favorisce i gagliardi ma chi si adatta conformandosi a un sommo funzionamento, insomma i coatti.

Non causa di noi stessi siamo costituiti da miseria, pertanto gerarchicamente incardinati con grado subalterno nella natura che, invece, regna causa di sé. Così, per essere e per potere, ci dobbiamo inglobare nel grande sovrastante funzionamento obbedendo alle sue fagocitanti leggi. Se le cose stanno così, che tale grande funzionamento sia la Natura, un’accademia militare o una Chiesa, poco cambia, perché il nostro potere (libertà) può attuarsi solo ottemperando un imperativo altro e alto.

Basta guardarsi in giro per osservare l’imperversare di un “naturalismo religioso” che, nonostante l’ateismo proclamato dai suoi autori, o meglio l’agnosticismo che oggi fa tanto fighi, impregna il naturale di soprannaturale, emulando i precetti dei monoteismi. Nel leggere un libro di naturalismo sociologico, pubblicato di recente, avevo provato a sostituire “Natura” con “Maria Vergine Immacolata” e il testo accettava l’inserimento senza lamentarsi e senza mostrare sbavature stilistiche. Qualcosa non va.

Vedo due possibilità per emanciparci da questa confusione, la prima è di sostituire quel “adattarsi” con “allearsi”, nonostante la persistenza di retrogusto biblico è già qualcosa. La seconda è non separare la persona dalla Natura, ovvero io, tu, lui, siamo natura: chi cura un giardino sa che la bellezza di una pianta lo spinge a duplicarla e il buon sapore di un frutto a raccoglierlo così da spargerne i semi, insomma appartenenza, nella fattispecie eco-appartenenza. Ma, anche qui, non ci discostiamo poi tanto dalle religioni, cristianesimo cattolico in primis, visto che “appartenenza” è lemma, oltreché strutturale dell' 'ndràngheta, squisitamente ecclesiastico. Si potrebbe obiettare che le narrazioni religiose hanno attinto, a piene mani, dalla natura e che, dunque, i due "fronti" si compenetrano, perlomeno culturalmente. Vero, ma il punto mi sembra un altro: la selezione naturale, più spietata di un inquisitore del medioevo, non contempla il libero arbitrio - del quale homo sapiens detiene il copyright - per questo il rapporto della libertà personale con la natura persiste problematico, come quello del disgraziato cane, libero e potente nello spazio concesso dalla lunghezza della sua catena.

Non ci rimane che sguinzagliarci cercando, caso per caso, di volta in volta, circoscritte personali possibilità (spazi) da indagare e provare, per incontrare una giusta misura della nostra libertà e potere con il resto dell’universo.

Domenica, 18 Marzo 2018 12:32

Breve invito all’eremitaggio comunitario

Due le possibilità: o opera un arcano Principio che fa la storia, oppure una società è storicamente determinata da ogni persona che la costituisce.

In entrambi i casi siamo fottuti.

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