La selezione naturale non favorisce i gagliardi ma chi si adatta conformandosi a un sommo funzionamento, insomma i coatti.
Non causa di noi stessi siamo costituiti da miseria, pertanto gerarchicamente incardinati con grado subalterno nella natura che, invece, regna causa di sé. Così, per essere e per potere, ci dobbiamo inglobare nel grande sovrastante funzionamento obbedendo alle sue fagocitanti leggi. Se le cose stanno così, che tale grande funzionamento sia la Natura, un’accademia militare o una Chiesa, poco cambia, perché il nostro potere (libertà) può attuarsi solo ottemperando un imperativo altro e alto.
Basta guardarsi in giro per osservare l’imperversare di un “naturalismo religioso” che, nonostante l’ateismo proclamato dai suoi autori, o meglio l’agnosticismo che oggi fa tanto fighi, impregna il naturale di soprannaturale, emulando i precetti dei monoteismi. Nel leggere un libro di naturalismo sociologico, pubblicato di recente, avevo provato a sostituire “Natura” con “Maria Vergine Immacolata” e il testo accettava l’inserimento senza lamentarsi e senza mostrare sbavature stilistiche. Qualcosa non va.
Vedo due possibilità per emanciparci da questa confusione, la prima è di sostituire quel “adattarsi” con “allearsi”, nonostante la persistenza di retrogusto biblico è già qualcosa. La seconda è non separare la persona dalla Natura, ovvero io, tu, lui, siamo natura: chi cura un giardino sa che la bellezza di una pianta lo spinge a duplicarla e il buon sapore di un frutto a raccoglierlo così da spargerne i semi, insomma appartenenza, nella fattispecie eco-appartenenza. Ma, anche qui, non ci discostiamo poi tanto dalle religioni, cristianesimo cattolico in primis, visto che “appartenenza” è lemma, oltreché strutturale dell' 'ndràngheta, squisitamente ecclesiastico. Si potrebbe obiettare che le narrazioni religiose hanno attinto, a piene mani, dalla natura e che, dunque, i due "fronti" si compenetrano, perlomeno culturalmente. Vero, ma il punto mi sembra un altro: la selezione naturale, più spietata di un inquisitore del medioevo, non contempla il libero arbitrio - del quale homo sapiens detiene il copyright - per questo il rapporto della libertà personale con la natura persiste problematico, come quello del disgraziato cane, libero e potente nello spazio concesso dalla lunghezza della sua catena.
Non ci rimane che sguinzagliarci cercando, caso per caso, di volta in volta, circoscritte personali possibilità (spazi) da indagare e provare, per incontrare una giusta misura della nostra libertà e potere con il resto dell’universo.