Posto che mentre arriva il metrò uno sconosciuto ci spinge sotto:
nel monitorare il folle abbiamo conferma della sovranità del soggetto e nello sfracellarci che tale sovranità è uno sbilenco idealismo ottocentesco.
Radiografie appese a un filo, condivisione di un percorso artistico
Radiografie appese a un filo. Condivisione di un percorso artistico, davanti al baratro con angoscia parzialmente controllata.
Dato che l’agitazione microscopica delle molecole, denominata calore, non può passare da un corpo freddo a uno caldo l’universo si raffredderà fino a fermarsi.
Mentre indaghiamo l'origine di questo caotico movimento in esaurimento, possiamo anche onorarlo con un ceri pasquali, fiamme ricamate sul berretto dei Carabinieri e App torcia degli smartphone accesi con devozione al concerto rock.
Gesti che non servono a nulla se non a tifare per il perdurare della somma combustione.
Nella fascia di terreno contigua alla provinciale ogni due settimane raccatto la spazzatura che puntuali elargiscono gli automobilisti di passaggio, bottiglie di birra Dreher 33, avanzi di weekend barese con riso patate e cozze, piatti e bicchieri di plastica, pannolini smerdati e di tanto in tanto qualche Tampax saturo.
Di fronte a tanta prevedibilità direi con Sartre: "L’inferno sono gli altri" se non fosse che oggi dentro un bustone ho trovato un cane morto, mezza taglia, beige, muso da volpino.
Fantasioso cittadino, chiunque tu sia, grazie!
Ricordo mio nipote quando aveva pochi mesi e mi sorrideva sputando suoni pre-personali. Ieri, trascorsi dieci anni, discutevamo di solventi, soluti e soluzioni sature. Se manterrà la stessa accelerazione tra un paio d’anni frequenterò un novello Einstein e fra quattro la somma decuplicata di Einstein, Goethe più Leonardo Da Vinci se non fosse che tale accelerazione succede solo da 0 a 10 anni.
Come accade quello scatto? E cosa frena dopo i 10? Problema di propulsore, di carburante o di asfalto?
Posto che mentre arriva il metrò uno sconosciuto ci spinge sotto:
nel monitorare il folle abbiamo conferma della sovranità del soggetto e nello sfracellarci che tale sovranità è uno sbilenco idealismo ottocentesco.
Mia madre era morta tragicamente, ricordo che frammista a sofferenza mi albergava dentro un’inopportuna euforia. Per spiegarmi la stranezza avevo ipotizzato un sentimento di liberazione dalla figura materna che, sebbene censurato, emergeva.
Ieri leggendo Karl Jaspers ho visto meglio: l’incomprensibilità, l’incontenibilità, il sentirsi sotto scacco e senza rete procurati da situazioni estreme (situazione limite) coincide col simbolico irrompere di una dimensione Altra e Oltre drammaticamente epifanica, tragica quanto salvifica. Jaspers la definiva "cifra del trascendente”.
Non so se c’è un regista che la dirige, ma so che è meglio stipulare alleanza con tale cifra che porre resistenza.
Nella penultima frazione della sua esistenza era occupato ad aggiustare qualche faccenda, anche se al termine dell’ultima frazione sarebbe comunque morto e quelle faccende, rotte o riparate, non lo avrebbero più riguardato.
E’ che gli garbava raggiustarle. In quel piacere in presa diretta c'è qualcosa di eterno.
Siamo in attesa dello scienziato che analizzando un sasso di Auschwitz e uno di Disneyland oltre alle differenze mineralogiche ne scoprirà di altre.
L'empatia caritatevole verso chi ha subito un accidente, prima che faccenda etica è atto logico visto che potrebbe capitare lo stesso anche a noi.
Festeggiava l'undicesimo compleanno con gli amici davanti a un videogioco. Nel guardare il monitor ci capivo poco anche se le scritte che comparivano erano chiare: “Uccidi quei bastardi”, “Bravo! Lo hai annientato”. I ragazzi governavano auto velocissime con una disinvoltura che se replicata sulla Provinciale 106, del nostro mondo, produrrebbe frittate a raffica, ma siccome tutto accadeva dentro il monitor e il nostro mondo permaneva indenne, nell'osservare i due differenti reami e le rispettive giurisdizioni ho avuto la plastica esperienza di cosa sia un paradigma in filosofia e anche in sociologia:
circoscritto sistema concettuale che se abbracciato e vissuto è percepito, all’interno della sua architettura, regno universale. Per certi versi paradigma è sinonimo di narrazione per il potere di quest’ultima di creare mondi.
Ne consegue che ogni paradigma andrebbe individuato distinguendolo dagli altri, in modo che quelli che ci albergano dentro ne prendano coscienza così da comprendere il proprio e, in tale consapevolezza, quelli di altri, giusto per capirsi e evitare frittate (reali).
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