Bruno Vergani
Radiografie appese a un filo. Condivisione di un percorso artistico, davanti al baratro con angoscia parzialmente controllata.
Lo strano animale
Eccolo mortale legato a due metri di catena ma ivi e frattanto ecco che si autodetermina s'espande e spazia.
Da dove attingerà tanta potenza?
Colpo di scena
Le Chiese cristiane poggiano su una peculiare narrazione così riassumibile: la natura e gli uomini creati in principio da Dio permanevano, e in qualche modo continuavano a permanere anche nel cristianesimo, in una sorta d’insussistenza ontologica: «Io [Iddio] sono colui che è, e tu [creatura] sei colei che non è» (da santa Caterina da Siena). Il problema è che Dio era concepito, prima dell’avvento di Gesù Cristo, e in ragionevoli strascichi successivi ancora attuali, un Tutt’altro assolutamente trascendente la sua stessa creazione; entità incommensurabile, inesprimibile, inconcepibile, un Aldi là di tutto[1] assoluto.
Stando così le cose vediamo una terra abitata da creature, sì, reali nondimeno ontologicamente insussistenti e da un Dio creatore, sì, plausibile quanto albergante in così alti cieli, tanto altro e oltre, da risultare inconcepibile alle sue stesse creature, ma all’improvviso… Il colpo di scena: il sublime Tutt’altro si fa uomo. L’irrisolvibile è risolto e quell’universale limbo paralizzante di entità rarefatte, per illimitata piccolezza o per infinita grandezza, viene spazzato via per sempre grazie all’incarnazione di Dio in Gesù Cristo e alla Sua presenza sacramentale nella realtà umana della sua Chiesa nel mondo.
Colpo di scena forse grossolano, infantile e infantilizzante, rispetto a più dignitosi e realisti, quanto faticosi, percorsi di ricerca filosofica sulla problematica che Dio meriterebbe dalle sue creature, in ogni caso tanto caro a miliardi di cristiani. Come dargli torto? Tra tutte le storie che l’umanità ha mai concepito n’esiste qualcuna di più affascinante, semplificante e consolatoria?
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1 Formula patristica di stampo neoplatonico attribuita a Gregorio Nazianzeno.
L’arte dei luoghi
Se sbagli i calcoli del calcestruzzo il palazzo viene giù, ma se accetti il patto narrativo anche la costruzione più inverosimile sta su.
C’è una filosofia che prova a mettere un po’ di ordine topico tra i due regni, quella che permane in quello del calcestruzzo, quella che chiede di nascosto l’accettazione di un suo patto narrativo, quella che si barcamena tra i due luoghi e quella che tenta una sintesi.
Bigino, Festival della filosofia d’a-mare: Nietzsche
Al Festival nazionale della filosofia d’a-mare per non filosofi (di professione) svoltosi la scorsa settimana a Castellammare del Golfo, ho partecipato al dibattito pubblico fra i filosofi Alberto Giovanni Biuso e Orlando Franceschelli, tema : «La volontà di potenza in Nietzsche: cosa mi convince, cosa non mi convince».
Entrambi i relatori hanno motivato la grandezza di Nietzsche, filosofo della vita e della libertà metafisica nella dionisiaca interiorizzazione dell’universo, abbraccio che tutto benedice, dimensione altra che ci proietta oltre noi stessi liberandoci.
In alcuni passaggi nei quali Biuso ha citato Nietzsche l’effetto benedicente, per quanto e grazie a come proferito, è stato - almeno per il sottoscritto - avvertibile fisicamente; una sorta di perlocuzione[1], in altre citazioni irrompeva una finezza mozzafiato come quando Nietzsche dice tutta la storia dell’umanità, incipit, svolgimento, epilogo, nelle tre righe che seguono:
«In un angolo remoto dell'universo scintillante e diffuso attraverso infiniti sistemi solari c'era una volta un astro, su cui animali intelligenti scoprirono la conoscenza. Fu il minuto più tracotante e più menzognero della ”storia del mondo”: ma tutto ciò durò soltanto un minuto. Dopo pochi respiri della natura, la stella si irrigidì e gli animali intelligenti dovettero morire.»[2].
Ma veniamo ora alle differenti vedute dei relatori. Per Biuso il pensiero di Nietzsche, se visitato e affrontato nel modo giusto[3], merita onore e genera libertà, mentre Franceschelli ha esposto e motivato con pacata intransigenza radicali perplessità sul tema della Volontà di Potenza e sulla conseguente trasvalutazione di tutti i valori, riserve che provo a condensare mettendoci del mio[4]:
nell’esaltare e glorificare un (presunto) nucleo di Volontà-Potenza nella struttura ontologica della natura - ricordo che qui stiamo parlando di una natura sprovvista di Creatore, o di un Dio che fa tutt'uno con la natura[5] - risulta, sì, evidente che la natura sia mossa da energie e potenze dove la più forte e perfetta può sopraffare la più debole e malriuscita - osservo: sovente ma non sempre (vedi omeostasi, neuroni specchio, ecc.) - ma che la natura sia intimamente costituita e vitalizzata da una qualche volontà (di chi mai?) appare una forzatura, una inoculazione operata da Nietzsche ma estranea alla natura; una facoltà squisitamente umana proiettata sulla natura.
Nella storia della Filosofia il concetto di volontà ha avuto numerose e differenti interpretazioni, talora la volontà è stata vista subordinata all’intelletto, talvolta invece vista superiore ad esso, in ogni caso per gli uomini di pensiero che ci hanno preceduto, come peraltro nel sentire comune, l’atto di volontà per costituirsi e attuarsi necessita di un soggetto pensante (uomo, Dio), o perlomeno senziente, e di un fine (piacere, scopo); un qualcuno che da qui (non necessariamente un punto-luogo fisico o temporale) intende, desidera, andare là, o che una cosa adesso così dopo (futuro) sia cosà, in tal senso una volontà assolutamente cieca è un ossimoro: se c'è volontà c'è imputabilità (libertà). Tutto questo fino a Schopenhauer che viceversa proclama, guardando a Oriente, una Volontà di vivere che non solo permea gli umani corpi nel loro innato e riscontrabile tendere al piacere e a perdurare, invece che al soffrire e perire. Il punto è che per Schopenhauer tale Volontà struttura, oltre ai nostri corpi, tutto l’esistente, inorganico incluso. Volontà, dunque, radice noumenica della realtà. Mai visto una pietra costituita non solo dalla energia che gli fa girare gli elettroni dentro, ma da pura Volontà? Lo sciamanesimo la vede da sempre e così numerosi filoni del pensiero orientale, dalle nostre parti solo qualcuno dopo Schopenhauer. Nella proclamazione della nicciana Volontà di potenza possiamo, quindi, scorgere una sorta di deificazione-antropomorfizzazione della natura enunciata da Schopenhauer. Agli antipodi di Nietzsche, Schopenhauer esorterà a scendere dal treno in corsa del nostro universo mentre Nietzsche a prenderne il timone, ma il territorio filosofico e narrativo dove ci muoviamo è il medesimo, o perlomeno contiguo.
Karl Löwith annota nella Volontà di Potenza di Nietzsche un atto reattivo, e proprio per questo specularmente intimo, al cristianesimo storico. Ricordo Cioran che consapevole di tale possibile specularità commentava il suo velenosissimo dire di Dio così: «Il sarcasmo con cui l’ho glorificato», edificio opposto ma costruito con mattoni di uguale sostanza. Per quanto ho compreso Löwith pur cogliendo il pensiero sorgivo, autorale, di Volontà-Potenza enunciato da Nietzsche, ne individua al contempo l’origine reattiva (anticristiana); concezione derivante da processi storici e sociali, nella fattispecie dalla morale cristiana espressa nella storia della Chiesa, specialmente protestante, nei confronti della quale Nietzsche si poneva-opponendosi nel suo tempo, insomma una costruzione con tratti parodici avente una precisa e individuabile genesi ontologico-sociale (Lukács, Preve), più stimolata da pastori moralisti che da un ancestrale Dioniso danzante. In effetti il concetto di Volontà non trova particolare rilievo nella grecità classica e diviene invece determinante nella Scolastica medievale.
Non so se, come ammonisce Franceschelli, coloro che oggi hanno potere sul mondo, o lo avranno in futuro, possano o potranno perpetrare violenze stimolati e giustificati da una interpretazione letterale della ottocentesca nicciana Volontà di Potenza, così da bastonare con soddisfazione cosmica il subalterno che gli capita a tiro. La conoscono tale Volontà-Potenza? E' la concezione di Nietzsche a traboccare di insidie oppure fanno tutto da soli perché il male è insito nell'uomo? La visitano? Per fiumi carsici può, o potrà, forse riapparire? Sanno chi ne è il padre? Nel frattempo teniamoci cara la sua benedizione.
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1 Per saperne di più un giro su Wikipedia: «Teoria degli atti linguistici».
2 Incipit «Su verità e menzogna in senso extramorale, in La filosofia nell'epoca tragica dei greci e Scritti dal 1870 al 1873», traduzione di Giorgio Colli, Adelphi, Milano 2006.
3 Tematica che Alberto G. Biuso ha sviluppato puntuale nel suo saggio «Nomadismo e benedizione. Ciò che bisogna sapere prima di leggere Nietzsche», Di Girolamo, 2006.
4 Problematica che Orlando Franceschelli ha affrontato esaurientemente nel suo ultimo saggio «In nome del bene e del male - Filosofia, laicità e ricerca di senso.», Donzelli Editore, 2018.
5 «E dico Dio totalmente infinito, perché tutto lui è in tutto il mondo, ed in ciascuna sua parte infinitamente e totalmente.» (G. Bruno, Dialoghi metafisici, Firenze, Sansoni 1985).
Farmacodinamica
Le piante officinali contengono molecole che estratte e somministrate esplicano un’azione sull’organismo umano, principi attivi dotati, dunque, di forza fisiologica come il cibo e l’acqua. Potenze efficienti che da una goccia di sperma, essenza di una bistecca e una mela mangiate da mio padre, mi han fatto feto e poi uomo. La vita che siamo in qualche modo continuerà ritornando mela e poi inorganico, cenere di magnesio e zolfo.
Ma in questo migrare di elementi da dove proviene l’umano pensiero? Se sprovvisti di Creatore il pensiero albergherà, necessariamente e in potenza, all'interno degli elementi stessi, manifestandosi spontaneamente in particolari condizioni e concatenazioni per poi ritornare latente in altre, permanendo quieto nell’essenza del fuoco, dell’aria, della terra e dell’acqua. Dinamica non meno sorprendente di un Creatore all’opera.
Filosofia della vita
Poto l’uva fragola del pergolato. Tutto qui, davvero semplice. In questa volontà che corregge il ciclo spontaneo della vite - dal produrre frutto per autoperpetuarsi al fare da ornamento e ombra all’homo sapiens che ci passa sotto - definisci, o escludi, dettagliando nel merito:
il soggetto o i soggetti implicati; l'oggetto o gli oggetti in campo; le dinamiche e i funzionamenti complessivi; le energie e le potenze coinvolte; il preciso rapporto tra esse; la volontà razionale o cieca delle stesse; la libertà e l'ordine dei moti osservati.
Vista la complessità non sarebbe poi male rispondere raccontando una favola e non è escluso che Schopenhauer, Nietzsche, Hegel e pure Kierkegaard in qualche loro passaggio l'abbiano raccontata.
Montagne russe
Intercalo la lettura del Così parlò Zarathustra alle note biografiche sull'Autore poste alla fine del volume, e mentre vedo un uomo-dio danzante in nuovi universi scorgo il suo creatore che soffre malmostoso in un’angusta camera di albergo.
Però qualsiasi giudizio sullo scostamento sarebbe grossolano, meglio cogliere che tra i due non c’è differenza.
Pedigree di Dio
Nel redigere il pedigree di Homo sapiens a un certo punto incontriamo degli ancestrali e gibbosi ominidi che rizzandosi in piedi iniziavano a inventare credenze, officiare riti, raccontare storie, ideare culture. A immaginare dimensioni soprannaturali, generare dèi, a unire arbitrariamente eventi (magia) per poi correlarli con criterio più oggettivo (scienza). A concepire estetiche ed etiche, a produrre artefatti e linguaggi di simboli condivisi implementando civiltà.
Poggiamo, dunque, su artifici così efficienti da plasmare la realtà. Possiamo interpretare lo strano sviluppo di quegli ominidi enfatizzando il prima e il dopo, ma è forse più ragionevole non fissarsi sulla svolta per ammirare il processo senza soluzione di continuità evitando di separare l'artificiale dal naturale, in fondo un nido di passero e uno Space Shuttle appartengono al medesimo regno, espressioni della stessa potenza.
In definitiva anche Dio, quello soprannaturale, lo si potrebbe interpretare come una singolarità prodotta dal processo naturale espresso dalla storia, entità escogitata ed editata dall'umanità che anche i non credenti e gli agnostici dovrebbero riconoscere - gli atei già lo fanno nel loro definirsi tali - in quanto accadimento forse non reale ma comunque efficace, e nel bene, e nel male.
Amici
Con qualcuno ho pranzato tante volte permanendo estraneo, con qualcun altro sono diventato amico nel leggere un suo libro senza averlo mai visto, percezione poi confermata nell’incontrarlo di persona.
L’amicizia è di pensiero.
Mistica della bestia
Al primo caffè programmo la potatura dell’uva fragola, Stalin alla stessa ora firmava l’esecuzione di condannati a morte. Liste di decine, di centinaia, di migliaia di condannati. Provo a superare il ribrezzo per le Grandi purghe e come fa un attore col personaggio che vuole mettere in scena entro nella mossa di quella mano di uomo che firma le condanne:
plausibile che non firmasse obtorto collo ma con soddisfazione. Soddisfatto di cosa? E da dove attingeva tale inumana levità? Quale pensiero attivava e sosteneva quel “procedete!”? Perché per scelte del genere non basta la cattiveria personale e neppure un progetto ideologico che per realizzarsi programma l’eliminazione di elementi di disturbo. C’è di più, c'è altro:
forse quelle firme non sono attivate da circoscritti voglio questo, non voglio quello, ma da un desiderio di personale assoluta infinitezza alla quale, paradossalmente, soggiace anche l’io del carnefice: una sorta di mistica dove il soggetto per raggiungere una divina onnipotenza si omette. Un emulare l’impersonale (non imputabile) natura che tira dritto nel suo costante accrescere, senza però ricalcarne ordine e misura.