Bruno Vergani
Radiografie appese a un filo. Condivisione di un percorso artistico, davanti al baratro con angoscia parzialmente controllata.
Teobotanica
Anche tralasciando le specie nordiche come l’Abete rosso dell’albero di Natale e le esotiche come il Ficus di Siddhartha, bastano il Melo dell’Eden, le Querce di Mamre di Abramo e le canoniche Palme della domenica prima della Pasqua, per giustificare una nuova specializzazione teologica a indirizzo botanico, così da chiarire una volta per tutte quanto Dio ha creato la natura e quanto l’ha copiata.
Movimenti
Probabilmente la maturità avviene quando si migra da sé agli altri espandendosi dal particolare all’universale, passando dall’autobiografia al racconto del mondo, dall’intimismo alla prassi politica, dalla cronaca alla storia.
Interessante osservare che il percorso in direzione opposta, quello introspettivo, conduce alla stessa meta passando dall'intima individualità a vasti e archetipici territori collettivi, dall’emozione personale a territori mitici, da sé all’universo.
Metafisica del Verbasco
Andando per campi additano una pianta nella ghiaia e chiedono all’erborista: « E questa cos’è? » e quello tra nonchalance e tronfiezza sancisce: « Verbascum sinuatum ! »
Sembra che l'erborista in quel proferire porti alla luce da mondi misteriosi un’entità inafferrabile, invece ha soltanto ridetto un umano arbitrio condiviso inventato per inventariare l’universo così da addomesticarlo.
Cos’è per davvero quella cosa (e ogni cosa) nessuno lo sa ancora con certezza. Stiliamo sempre meglio quello che c’è, ma del cos'è ogni cosa che c’è, come è, perché è, ne sappiamo ancora come 2.500 anni fa.
"opinioni di un erborista" video lettura
L’inviato speciale
Siccome l’occhio non può vedersi per introspezionarsi bisogna essere necessariamente in due, uno che fa e uno che lo osserva.
Una buona accoppiata è quella composta, nella medesima persona, da uno scavezzacollo che salta nel vuoto e da un altro che serio e con i piedi per terra descrive con precisione il volo e poi raccatta i pezzi.
Libera circolazione ontologica
Che cosa causa quel particolare piacere che talvolta sperimentiamo nell’osservare la natura? Forse l’intuizione in presa diretta che il nostro pensiero e la montagna che abbiamo davanti funzionano attivati dalla medesima forza. Una sorta di corrispondenza matematica tra l’umano pensiero e gli enti che gli stanno attorno, consapevolezza che il più delle volte sfugge perché subcosciente.
Però di questo labile dissolversi della frontiera che ci separa dalle cose ne permane l’impressione. Produce un pacato piacere composto da un 45% di soddisfazione, da 35% di pace e da un 20% di senso del sublime che genera rispetto, è per questo che tale piacere è silente e non baldante.
Opinioni di un erborista video
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Opinioni di un erborista
Ieri sera abbiamo messo in scena il mio testo “Opinioni di un erborista” grazie alla riscrittura teatrale di Vincenzo Todesco.
Lo leggo nel video sotto.
Composti
Formula dell’acqua H2O, dell’acqua ossigenata H2O2, dell’acqua benedetta?
Accettare di appartenere al sommo funzionamento della natura rifiutando di venirne macinati, così da desiderare di fondersi nell’universo rimanendo ancora se stessi, è una contraddittoria pretesa antropocentrica.
Eppure quel ingenuo arrabattarsi, emulsione di rassegnazione e resistenza, è forse il composto più potente che esiste in natura, indubbiamente il più strano.
Eclissi
All’acme della luna oscurata monitoro le silhouette degli amici nel buio della terrazza, sopra le nostre teste il celeste, perpetuo, funzionamento sentenzia il nostro declino che incombe: siamo ormai vecchi e si avvicina l’epilogo, a uno a uno giù tutti come birilli. Anche i giovani nella migliore delle ipotesi, al netto di possibili accidenti anticipatori, invecchieranno veloci e creperanno a raffica mentre gli inorganici astri continueranno a ruotare senza imprevisti con beffarda precisione.
Il Tiresia di Ovidio profetizzò per Narciso una strana condizione per raggiungere una vecchiaia avanzata e forse serena, sentenziando: «Se non conoscerà se stesso»; un attuarsi del biblico e confortante sereno morire “sazio di giorni” a condizione di permanere sconosciuto a se stesso. Ma l’imperativo antico non era conosci te stesso? Probabilmente Tiresia non ribalta un bel niente, semplicemente dice l’imperativo delfico con angolazione diversa: se conosciamo percependoci centro eterno dell’universo focalizzandoci sui peli delle nostri narici, invece che sulle galassie che si espandono, schiatteremo soffrendo, ma se accettiamo la nostra giusta misura nell’immenso cosmo al quale apparteniamo il declino personale sarà forse più tollerabile.
Per i narcisisti impenitenti post moderni si sta, però, affacciando una terza opzione, quella del postumano. Corrente di pensiero che ipotizza il trasferimento della memoria personale su un supporto meno degradabile dell’attuale carbonio che ci costituisce, come quando si fanno migrare i dati da un obsoleto supporto analogico su un disco di nuova generazione per non perderli. Sembra che il silicio vada bene per la nuova Bibbia 2.0: ed ecco nuovi cieli e nuova terra grazie a innovativi supporti non degradabili dell’Io. Francamente mi sembra più convincente la Bibbia tradizionale specialmente quando proclama l’alleanza tra Dio e gli uomini, quella post diluvio con l’arcobaleno sullo sfondo, territorio narrativo dove il sublime non annichilisce più.
Con Dio non lo so, ma un’alleanza con quel funzionamento naturale che rifiuta predicati e aggettivi -né matrigna (Leopardi), né rassicurante (Rilke)- in fin dei conti ci conviene stringerla. Dopotutto non abbiamo fatto un bel niente per esserci, ha fatto tutto quanto quello spontaneo funzionamento e ha fatto perlopiù bene. Non abbiamo motivo per dubitare della sua capacità progettuale e affidabilità esecutiva nello stato che in futuro incontreremo, qualunque sia.