BLOG DI BRUNO VERGANI

Radiografie appese a un filo, condivisione di un percorso artistico

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Bruno Vergani

Bruno Vergani

Radiografie appese a un filo. Condivisione di un percorso artistico, davanti al baratro con angoscia parzialmente controllata.

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Giovedì, 27 Dicembre 2018 13:07

Salamandre

Siamo costituiti da una quota di elementi governati da leggi fisse, predeterminate e immutabili, che scoperte e analizzate ci consentono di misurare e prevedere -al netto di accidenti esterni- il nostro vivere. Nondimeno siamo anche costituiti da una cifra incommensurabile, imponderabile e spiazzante, nucleo che invece di funzionare obbedendo a decreti biologici ha lo strano potere di scegliere tutt’altro.

Anfibi con una zampa nella materia e l’altra nello spirito. Per semplificare le cose si è provato a subordinare, ciclicamente, un regno all’altro, affermando lo spirito sopra la materia o la materia sopra lo spirito, ma in quell’avvicendamento di primato non è uscito niente di buono. Anfibi siamo, anfibi rimaniamo.

Lunedì, 24 Dicembre 2018 10:48

Natale

Scorporando i genitori, il luogo di nascita, il DNA ereditato, l’inesorabile passare del tempo, l’umana condizione mortale e le inevitabili fortune e iatture che l’esistenza ci elargisce orba, la precisa situazione che abbiamo è proprio quella -e nient’altro di quella- che abbiamo liberamente scelto e voluto tra innumerevoli e differenti possibilità altre.

Ma il mistero che spiazza le scientifiche analisi della varianza è un altro: anche al lordo di specifici genitori, del preciso luogo di nascita, di un particolare DNA, dell’inesorabile passare del tempo, dell’umana condizione mortale e delle inevitabili fortune e iatture che l’esistenza ci elargisce orba, permane un margine di scelta, tant’è che a parità di condizioni non siamo tutti uguali. Per questo ogni bambino è un avvenimento.

Mercoledì, 19 Dicembre 2018 14:14

Non ne perdere tempo?

Nel leggere alcuni testi di autori portanti del materialismo e del marxismo -Feuerbach, Marx, Engels, Labriola- ho osservato che a differenza della pianta dell’idealismo tedesco che li aveva prodotti -Fichte, Schelling, Hegel-, avevano in parte abdicato dal perseguire una puntuale indagine metafisica, disinteresse confermato dal, successivo, positivismo europeo connesso al darwinismo.

E’ un po’ come se abbiano giudicato inutile, talora fuorviante, indagare sul perché della realtà, preferendo elaborare quello che c’è per ciò che è.

In fin dei conti misura legittima e sana, a patto che permanga un’elaborazione costantemente dialettica senza la pretesa di fondare, su tali basi, una nuova e definitiva metafisica subordinando le altre, sia perché non conosciamo ancora tutto quello che c’è, sia perché di ciò che sappiamo esserci conosciamo ciò che è per noi, non quello che realmente è.

Venerdì, 14 Dicembre 2018 10:55

In principio Dio…

Su quella pagina bianca voleva scrivere Il Tutto, ma malmostoso procrastinava: per scriverlo doveva cominciare da una qualche parte.

Mercoledì, 12 Dicembre 2018 12:25

Dio è morto 2.0

La materia è costituita da atomi e così le cose hanno massa, peso, dimensione, forma e temperatura. Caratteristiche e proprietà della materia che indaghiamo con sempre maggiore precisione.

Andrebbe bene così se non fosse che, in questo affinarsi della tecnologia, ci si allontana dai prerequisiti logici per potere formulare la basilare domanda: “Perché le cose sono invece di non esserci?” Domanda che ne ha dentro un’altra: “L’essere sussisterebbe senza gli enti?”

Quesito antiscientificamente accoppato e così a fare gli scienziati sono rimasti i poeti.

Sabato, 08 Dicembre 2018 20:51

Libertà nel mondo

Il bel libretto “Libertà nel mondo” di Hans Küng illustra vita e opere di Tommaso Moro (1478-1535), santo al pari del celibe e obbediente “poverello d'Assisi" anche se con moglie, figli, possedimenti e grandissimo potere.

L’Autore non intende riproporre un’agiografia, la descrizione della vita del santo è occasione per dipanare la complessa dinamica del rapporto del cristiano col mondo secolare[1]. Provo a dire in due righe il libro a modo mio: ingenuo e fuorviante ridurre la problematica del cristiano nel mondo ad un aut aut fra cenci di patarini medioevali o casse di champagne del formigonismo di avantieri. Nel solco di san Paolo è invece necessario che il cristiano viva con completa dedizione il suo tempo nel mondo (responsabilità) e insieme- e qui sta il punto- con totale distacco. Così ha fatto Tommaso Moro dedito e responsabile alle faccende di corte e insieme tanto distaccato da preferire il patibolo, quando tali faccende sono entrate in conflitto con la sua coscienza. Le implicazioni logiche arrancano: il cristiano sa che passa la scena di questo mondo, di questo provvisorio tempo, ma nel contempo è consapevole che qui e adesso si gioca la partita.

Non so cosa vincano i cristiani dopo morti, ma so che questa singolare dinamica di dedizione-distacco, ovvero libertà, riguarda tutti. Si chiama vocazione ma Dio non sempre c’entra, assomiglia al mandala di sabbia colorata dei monaci buddisti costruito con estrema cura per essere smantellato. E’ quella strada che se percorsa ci soddisfa, attraversa il mondo ma non è di questo mondo. Se la si perde basta chiedere indicazioni al bambino che eravamo.

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1 Sappiamo che la cultura occidentale è caratterizzata, e in gran parte strutturata, da una miscela di sacro e profano, una mescola di paganesimo, illuminismo, tecnica, tradizione giudaico-cristiana, ecc. ecc. . Il libro di Hans Küng su Moro mi ha riportato alla mente l’analisi del cardinale e teologo francese Yves Marie-Joseph Congar (1904 –1995), espressa nel terzo capitolo del saggio teologico ecclesiologico «Per una teologia del laicato» scritto nel 1956, edito in Italia da Morcelliana. Capitolo che provo a condensare, Congar, fedele al credo cattolico, analizza il piano di Dio dettato nella rivelazione, dal «facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza» all’ultimo capitolo dell’Apocalisse, dove Dio «assumendo lui stesso la carne della nostra umanità» vuole costruire il suo tempio di comunione attraverso Gesù Cristo «capo della Chiesa, ma anche di tutta la creazione»; Regno di Dio universale nel quale Congar dettaglia differenti e complessi aspetti, tra questi quello escatologico dell’ultimo giorno e quello «dinamico o progressivo» del tempo della Chiesa, tempo intermedio del già, dove «Gesù stesso è, in un certo senso, il Regno di Dio» e il non ancora della Parusia, dove Cristo alla fine del piano salvifico ritornerà sulla terra.
Dunque due tappe e in mezzo un tempo intermedio. A che scopo tale tempo? Iddio onnipotente senza indugiare avrebbe potuto terminare il suo piano con l’Ascensione concludendo con la Pentecoste. Congar vede in tale indugio uno scopo preciso: Dio o il Cristo o la Chiesa non sono i soli artefici di tale piano, per giungere a meta è necessario il libero agire degli uomini nella storia perché senza tale cooperazione il Regno di Dio rimarrebbe incompiuto. In tale interpretazione «La regalità di Cristo resta, di diritto, universale» mentre la Chiesa sarebbe un regno spirituale della fede distinto dal «mondo naturale degli uomini e della storia», entrambi differenti coprotagonisti della realizzazione del Regno, «Rendete a Cesare quel che è di Cesare…».
Nel piano unitario di Dio la Chiesa e il mondo sono entrambi finalisticamente ordinati al Regno di Dio, «ma per vie e titoli differenti», così «la regalità universale di Cristo non corrisponde a quella di una regalità ugualmente universale della Chiesa». Ne consegue per il cristiano che il profano sviluppo umano storico non è un processo antagonista e nemico, o nella più misericordiosa interpretazione mero accadimento subalterno da tollerare, ma in quanto forza indispensabile all’accadimento del Regno evento da valorizzare e col quale allearsi. Sacro non contrapposto al profano, quindi non «Resistenza del Mondo ma Resistenza nel Mondo». Tralasciando il possibile effluvio di concezioni hegeliane, riguardo un supremo Principio regolatore della storia avvertibile in Congar, quello che mi sembra puntuale è l’intelligente sintesi, dal punto di vista cattolico, della complessa realtà in una concezione aperta che ricapitola e unifica universalmente. 

 

Giovedì, 06 Dicembre 2018 11:43

Fenomenologia di Salvia officinalis

Tra un paio d’ore dovrebbero consegnarmi le cento piante di Salvia officinalis ordinate avantieri. Anche questa volta il lavoro di analizzare e decidere come e dove piantumarle, nel paio d’ettari a disposizione. A filare? A gruppetti di tre? A ruota in gruppo di cinque o di dieci? E perché? In quali punti del fondo? Vicino a quali piante? A quale distanza dai muretti a secco?

Problematica estetica e botanica ma non solo: occorre una sintesi tra il naturale (le salvie) e l’artefatto (la mia scelta nel piantumarle); tra fenomenologia (oggetto) e idealismo (soggetto). Di solito programmo l’operazione razionalmente ma poi con i piedi per terra e la pianta in mano non di rado una strana forza me le fa piantare d’impeto con una precisione millimetrica da tutt’altra parte. Forza ignota efficace nel raggiungere una discreta unificazione del molteplice, come se accordasse il mio punto di vista a quello della salvia.

Forse è la forza che muove gli artisti, ma non escludo che tale interpretazione sia un mio delirio. Sentenzieranno le salvie.

Mercoledì, 05 Dicembre 2018 11:12

Specchio delle mie brame

Immagine, metafora, simbolo, incantesimo, il doppio, l’oltre, il talismano, Narciso, irrompevano in scena quando la bambina si guardava nei grandi specchi del papà, il sarto del paese. La zia l’aveva avvertita: « Attenta che nello specchio appare il diavolo! », è che non voleva che la pargola diventasse vanitosa, non aveva capito che la nipotina si guardava per riconoscersi e scoprirsi.

Faccenda complicata sapere chi si è, così più si guardava e meno s’individuava. Si sa, è il rapporto con gli altri -mica lo specchio- a svelarci chi siamo. Nello specchio le appariva una strana entità, una e quasi trina: lei riflessa mischiata a un’altra lei che immaginava e attivato dal monito della zia il terrore che potesse apparire una entità terza: il diavolo.

Lei resisteva alla paura del diavolo, contava uno, due, tre e fuggiva dallo specchio appena prima che il diavolo le apparisse. Visto che dopo aver contato sino a tre il diavolo non appariva aveva dedotto che per tre secondi poteva guardarsi dentro lo specchio tutte le volte che voleva. Quattro, cinque, sei, sette e non appariva ancora; otto, nove dieci… ma il diavolo non si mostrava perché il daimon era lei.

 

 

Giovedì, 29 Novembre 2018 10:58

Inversione escatologica

Invece di almanaccare sull’ignoto futuro che ci attende dopo la morte si potrebbe percorrere una differente via di indagine focalizzandoci, con una inversione a U, sul personale inizio biologico.

Tutti cominciati senza sforzo e iniziativa individuale grazie a una potenza altra, indizio che grazie a tale potenza finiremo bene.

Sabato, 24 Novembre 2018 17:45

A briglia sciolta

Denominare, sistematizzare, categorizzare, ordinare, disciplinare, classificare... Sono i logici prerequisiti per capire e per dirci l’emporio della realtà. Quelli della mia generazione l’hanno compreso dall’asilo asteggiando su un foglio a quadrettoni delle asticelle identiche di misura, ognuna conforme all’indicazione dell’educatore. E così, grazie a quelle remote asticelle equidistanti e ritte, oggi possiamo definire cosa sono gli animali ripetendo in coro (col dizionario Garzanti):
«Animali: organismi viventi dotati di sensi e di movimento autonomo»,
anche se potremmo invece dire a ruota libera (con J. L. Borges, L'idioma analitico di John Wilkins):

«E' scritto che gli animali si dividono in
(a) appartenenti all'Imperatore,
(b) imbalsamati,
(c) ammaestrati,
(d) lattonzoli,
(e) sirene,
(f) favolosi,
(g) cani randagi,
(h) inclusi in questa classificazione,
(i) che s'agitano come pazzi,
(j) innumerevoli,
(k) disegnati con un pennello finissimo di pelo di cammello,
(l) eccetera,
(m) che hanno rotto il vaso,
(n) che da lontano sembrano mosche.»

Tutte definizioni di per sé sensate ma sprovviste di criterio tassonomico. E perché no? Non possiamo escludere che tutta questa, seppure necessaria, sistematizzazione sia un po’ metterci i bastoni fra le ruote? Freud, per certe cose, pensava di sì:

«Il successo della psicoanalisi dipende dal fatto che egli [il paziente] osservi e comunichi tutto ciò che gli passa per la mente e non sia tentato di sopprimere un'idea perché gli sembra insignificante o non pertinente, un'altra perché gli sembra assurda: che deve comportarsi con tutta imparzialità nei confronti di ciò che gli viene in mente, perché dipenderebbe proprio dalla critica se non riuscisse a trovare la soluzione del sogno, dell'idea ossessiva, e così via, di cui si è in cerca.» (L'interpretazione dei sogni.)

A. Einstein iniziava le sue ricerche alla larga da mediazioni logiche, che recuperava solo nella fase di verifica:

«L'immagine più semplice che ci si può formare dell'origine di una scienza empirica è quella che si basa sul metodo induttivo. Fatti singoli vengono scelti e raggruppati in modo da lasciare emergere con chiarezza la relazione legiforme che li connette […]. Già un rapido sguardo allo sviluppo effettivo della scienza mostra che i grandi progressi della conoscenza scientifica si sono avuti solo in piccola parte in questo modo. Infatti, se il ricercatore si avvicinasse alle cose senza una qualche idea preconcetta, come potrebbe egli cogliere dall’enorme quantità di una complicatissima esperienza quei fatti che sono abbastanza semplici da rendere palesi relazioni legiformi? Galilei non avrebbe mai potuto trovare la legge della caduta libera dei gravi senza l'idea preconcetta che i rapporti che troviamo di fatto sono complicati dagli effetti della resistenza dell'aria, e che quindi dobbiamo considerare cadute di gravi in cui tale resistenza gioca un ruolo sostanzialmente nullo. I progressi veramente grandi della conoscenza della natura si sono avuti da una via quasi diametralmente opposta a quella dell'induzione […]. Il ricercatore […] non perviene al suo sistema teorico per via metodica, induttiva; egli piuttosto, si avvicina ai fatti tramite una scelta intuitiva tra teorie pensabili, basate su assiomi. (Induzione e deduzione nella fisica).

Necessario sistematizzare, categorizzare e disciplinare così da capire e capirci, ma il primo articolo di tale ordinamento dovrebbe forse recitare: “Siffatto ordinamento strumento parziale e provvisorio per indagare la realtà non va equivocato per essa.”

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