Denominare, sistematizzare, categorizzare, ordinare, disciplinare, classificare... Sono i logici prerequisiti per capire e per dirci l’emporio della realtà. Quelli della mia generazione l’hanno compreso dall’asilo asteggiando su un foglio a quadrettoni delle asticelle identiche di misura, ognuna conforme all’indicazione dell’educatore. E così, grazie a quelle remote asticelle equidistanti e ritte, oggi possiamo definire cosa sono gli animali ripetendo in coro (col dizionario Garzanti):
«Animali: organismi viventi dotati di sensi e di movimento autonomo»,
anche se potremmo invece dire a ruota libera (con J. L. Borges, L'idioma analitico di John Wilkins):
«E' scritto che gli animali si dividono in
(a) appartenenti all'Imperatore,
(b) imbalsamati,
(c) ammaestrati,
(d) lattonzoli,
(e) sirene,
(f) favolosi,
(g) cani randagi,
(h) inclusi in questa classificazione,
(i) che s'agitano come pazzi,
(j) innumerevoli,
(k) disegnati con un pennello finissimo di pelo di cammello,
(l) eccetera,
(m) che hanno rotto il vaso,
(n) che da lontano sembrano mosche.»
Tutte definizioni di per sé sensate ma sprovviste di criterio tassonomico. E perché no? Non possiamo escludere che tutta questa, seppure necessaria, sistematizzazione sia un po’ metterci i bastoni fra le ruote? Freud, per certe cose, pensava di sì:
«Il successo della psicoanalisi dipende dal fatto che egli [il paziente] osservi e comunichi tutto ciò che gli passa per la mente e non sia tentato di sopprimere un'idea perché gli sembra insignificante o non pertinente, un'altra perché gli sembra assurda: che deve comportarsi con tutta imparzialità nei confronti di ciò che gli viene in mente, perché dipenderebbe proprio dalla critica se non riuscisse a trovare la soluzione del sogno, dell'idea ossessiva, e così via, di cui si è in cerca.» (L'interpretazione dei sogni.)
A. Einstein iniziava le sue ricerche alla larga da mediazioni logiche, che recuperava solo nella fase di verifica:
«L'immagine più semplice che ci si può formare dell'origine di una scienza empirica è quella che si basa sul metodo induttivo. Fatti singoli vengono scelti e raggruppati in modo da lasciare emergere con chiarezza la relazione legiforme che li connette […]. Già un rapido sguardo allo sviluppo effettivo della scienza mostra che i grandi progressi della conoscenza scientifica si sono avuti solo in piccola parte in questo modo. Infatti, se il ricercatore si avvicinasse alle cose senza una qualche idea preconcetta, come potrebbe egli cogliere dall’enorme quantità di una complicatissima esperienza quei fatti che sono abbastanza semplici da rendere palesi relazioni legiformi? Galilei non avrebbe mai potuto trovare la legge della caduta libera dei gravi senza l'idea preconcetta che i rapporti che troviamo di fatto sono complicati dagli effetti della resistenza dell'aria, e che quindi dobbiamo considerare cadute di gravi in cui tale resistenza gioca un ruolo sostanzialmente nullo. I progressi veramente grandi della conoscenza della natura si sono avuti da una via quasi diametralmente opposta a quella dell'induzione […]. Il ricercatore […] non perviene al suo sistema teorico per via metodica, induttiva; egli piuttosto, si avvicina ai fatti tramite una scelta intuitiva tra teorie pensabili, basate su assiomi. (Induzione e deduzione nella fisica).
Necessario sistematizzare, categorizzare e disciplinare così da capire e capirci, ma il primo articolo di tale ordinamento dovrebbe forse recitare: “Siffatto ordinamento strumento parziale e provvisorio per indagare la realtà non va equivocato per essa.”