Festeggiava l'undicesimo compleanno con gli amici davanti a un videogioco. Nel guardare il monitor ci capivo poco anche se le scritte che comparivano erano chiare: “Uccidi quei bastardi”, “Bravo! Lo hai annientato”. I ragazzi governavano auto velocissime con una disinvoltura che se replicata sulla Provinciale 106, del nostro mondo, produrrebbe frittate a raffica, ma siccome tutto accadeva dentro il monitor e il nostro mondo permaneva indenne, nell'osservare i due differenti reami e le rispettive giurisdizioni ho avuto la plastica esperienza di cosa sia un paradigma in filosofia e anche in sociologia:
circoscritto sistema concettuale che se abbracciato e vissuto è percepito, all’interno della sua architettura, regno universale. Per certi versi paradigma è sinonimo di narrazione per il potere di quest’ultima di creare mondi.
Ne consegue che ogni paradigma andrebbe individuato distinguendolo dagli altri, in modo che quelli che ci albergano dentro ne prendano coscienza così da comprendere il proprio e, in tale consapevolezza, quelli di altri, giusto per capirsi e evitare frittate (reali).