Bruno Vergani
Radiografie appese a un filo. Condivisione di un percorso artistico, davanti al baratro con angoscia parzialmente controllata.
Carburanti
Alterno la scassata Peugeot a benzina con la vecchia Golf diesel e distratto stavo per mettere benzina nel diesel. Nei sacrificali rifornimenti ancestrali mica potevano sbagliare nell’alimentare divinità che funzionavano sempre e soltanto a sangue.
Mo basta pecché si' troppo strunzo
La faccenda va avanti almeno da un paio di decenni, ma spinti da una forza oscura non mollano: ogni volta che l’incontro mi vomitano addosso il resoconto degli enormi successi scolastici del figlio. Nonostante l’indifferenza universale li dettagliano ossessivamente al panettiere, li ostentano al meccanico quello che ha l’officina in piazzetta e il figlio disabile. Come i cani che pisciano per strada lo fanno dove si trovano, lo fanno con chicchessia come gli operatori della Fastweb che ognora ti scassano la minchia con telefonate pubblicitarie.
Disgraziato figlio che mai saprà se apprezzato, dall’associazione a delinquere che lo ha generato, per quello che è o per i voti che prende. A mia e sua legittima difesa potrei ricordare ai genitori che Edward Gibbon sentenziava che l’educazione è sempre inutile, eccetto nei casi in cui è superflua. Non esageriamo la scuola è necessaria anche se Darwin, Einstein, Edison, Evariste Galois inventore dell’algebra moderna e Peter Higgs quello del bosone, a scuola andavano male. Però ci sono stati geni che andavano bene, qui il problema non è la scuola e manco i figli, sono loro gli osceni: mica è sano ostentare il figlio a intellettuale status symbol come fanno i provinciali coi loro SUV, veicoli teoricamente capaci di attraversare agilmente la Mauritania che vengono invece utilizzati dalle mamme per accompagnare i bambini a scuola per poi recarsi dalla parrucchiera. Talvolta però, nel fine settimana, riescono ad utilizzare quasi un quindici per cento della loro cilindrata e potenza complessiva, quando il papà porta la famigliola sulle prealpi bergamasche; l’ottantacinque per cento mai utilizzato non "serve" a nulla, se non ad esprimere significati.
Messaggi notori - tipici dei miserabili - quelli dei SUV, espressi attraverso tre funzioni simboliche: sintattiche, pragmatiche e semantiche:
Funzione sintattica, ovvero la relazione ad altri simboli - altre autovetture e guidatori -, nella fattispecie altri genitori e figli: “Io sono più grande, più importante di te”.
Funzione pragmatica, “spostati rapido sennò io ti schiaccio.”
Funzione semantica: ovvero la relazione simbolica diretta al significato che esprime l’oggetto SUV, che grida al mondo per il suo possessore: “Io non sono più povero, ma ricco”, nella fattispecie "Io non sono deficiente ma intelligente", funzione simbolica comprensibile, visto che è maleducato e umiliante andare in giro col portafoglio aperto, nel caso di specie col cervello scoperto e tutti i neuroni in bella vista pornografica, per far vedere quante banconote ci sono dentro che il SUV, o il figlio, si prestino a surrogare il gesto.
La collottola
Dici “gatto” ma in quel suono il gatto non c’è, dici “cat” e l’assenza permane, gridi “chat”, niente. Scrivi “gatto” ma da quei segni il gatto scappa. Allora lo immagini, lo fissi in un disegno, ma il gatto lì non c’è.
Forse è vero: tutti i dualismi implementati dall’uomo: soggetto/oggetto, finito/infinito, fenomeno/noumeno… Provengono da questo peccato originale implicito nel linguaggio; dalla primaria, insolubile, divisione tra significante e significato.
Il gatto? Forse meglio afferrarlo in silenzio dalla collottola.
Autorità
Tra le tipologie di autorità c’è chi è autorevole per ciò che è e chi, scollegato da ciò che è, svolge il ruolo di rappresentare e veicolare un istituito pre-potere.
Versatilità
Più versatile di un coltellino svizzero include dittature e le combatte, ingloba ebraismo e paganesimo, unisce filosofia greca e diritto romano, sta con potenti e poveracci. Per apprezzare l’elasticità onnipervadente della Chiesa cattolica, oltre a studiarne la storia, potrebbe aiutare un giro nei continenti per constatarne le variegate acclimatazioni.
Per chi di fretta bastano e avanzano due giorni come ho fatto io:
il primo partecipando a una conferenza teologica organizzata dalla diocesi di Milano su “fede e ragione", il secondo per salire sul pullman che va in pellegrinaggio al santuario di san Gerardo dalle parti di Avellino, rara esperienza di vivo e partecipato paganesimo contemporaneo.
E’ vero. l’Europa poggia su ‘sta cosa antica, vasta e gommosa. Illuminismo mero rumore metallico di sottofondo.
Gli stivali
Il ragazzo ebreo detenuto nel campo nazista era il servo del capo. La sera quando lo svestiva degli stivali lucidi e della divisa di SS il comandante si dissolveva. Là in canottiera e mutande diventava un poveretto. Un nulla.
Gli toglieva la teoria, la formulazione sistematica di principi presupposti e correlati ruoli. Rimossi rimaneva la realtà, ma durava poco: si sa, società e storia sono perlopiù scritte e determinate dagli stivali.
Puntualità
Ogni parola non dice la cosa ma la indica tra tante. Un traslare e inevitabile metaforizzare. Similitudine condensata, arbitrio condiviso, che invita l’interlocutore a un percorso di risalita alla cosa.
Appurata la complessità della dinamica indispensabile che le parole siano, per quanto possibile, puntuali.
Diario di notte di mezza estate
Nottetempo. 40 gradi. Manco puoi intrattenerti a far sesso con sentimento e neppure senza sentimento come piace a me. Meglio darmi al diario, meglio sistemare gli appunti sparsi per vedere a che punto sono.
Salmo 115, versione 2.0.
Hanno microfoni a interfaccia digitale e altoparlanti al plasma e non parlano,
hanno telescopi gamma a raggi X e non vedono,
hanno antenne radioastronomiche e non odono,
hanno gascromatografi a spettrometria di massa e non odorano.
Hanno microscopi a forza atomica e non palpano,
hanno endoreattori e non camminano;
dalla gola non emettono suoni.
Probabilmente ho voluto diventare così. Può darsi sia nato così, o forse mi ha condizionato quel vecchio prete quand’ero ragazzo, quello che latrava:
“Se non c’è risposta a quel che sei, sei un disgraziato!”
In ogni caso sono qui spinto da una forza che mi ordina:
“Spiega la realtà, dimmi perché ci sei”.
Se glisso l’imperativo mi rode fino a consumarmi. Non posso schiodarmi, devo rispondere; scoprire rapido e rispondere giusto. Il problema è che ho quasi sessanta anni e in cinquanta di questo lavoro forzato il perché esisto non lo so ancora e con Dio permane un flirt complicato. Molto complicato. Eppure in questo operare accade forse una soddisfazione nel momento, o almeno mi sembra.
Le domande a cui devo obbligatoriamente rispondere sono solo due, ma belle precise:
1 Perché ci sono?
2 Mi ha creato un qualche Dio?
Teorie d’immortalità. Top ten.
1 Individuale anima immortale che continua nell’aldilà;
2 Perdurare nella stirpe travalicando il punto morte nella consegna di cromosomi alla progenie;
3 Essere agilmente rimpiazzato dagli altri nel trionfo della specie sull’individuo;
4 Individuale fama che persiste nel tempo;
5 Personale pensiero, o atto artistico, imperituro;
6 Eterno al di qua mediante sostituzione di corpo (metempsicosi);
7 Perenne al di qua nel fondersi con la natura;
8 ‘O scarafone: emulazione dello scarafaggio che simula d’esser già morto per non essere ucciso;
9 ‘O scarafone mistico: diluizione in vita dell’io mortale che si scioglie in un gruppo di appartenenza e/o in un imperituro ideale, e in versione religiosa mistico-quietistica e in versione ideologico marxista;
10 (New entry!) Interpretarsi, nella fisica dei quanti, a molti mondi.
Nel variegato universo delle bizzarrie dottrinali religiose il primo posto spetta, senza dubbio, al “Ratto salvifico” dove Iddio nella sua infinita misericordia… Zac! A freddo e d’un tratto t’eradica, corporalmente e vegeto, dal mondo per tele-trasportarti all’istante in altra, sublime, dimensione. Tutto sommato non mi dispiacerebbe. In alcune sette orientali si rapano a zero ma lasciano crescere un lungo codino sopra la nuca: è la maniglia lì pronta per Dio che li prende per salvarli. Non male… Tutto sommato a me andrebbe bene anche se mi afferrasse per i coglioni.
Nel tentativo di rispondere da ragazzo mi ero fatto monaco cattolico. Brutta storia. Chissà? Forse avevo sbagliato monastero. Nel mio erano esaltati: definivano la comunione tra gli appartenenti al gruppo con l’affermazione: «Io sono Tu che mi fai», con quel “Tu” intendevano Dio e nel contempo, riferendosi al mistero dell’incarnazione cristiana, ogni aderente al gruppo. Il nome di ogni monaco era ritenuto sacramentalmente unificato all’origine con quelli degli aderenti al gruppo. Comunità giudicata incontro-avvenimento-presenza salvifica, segno sacramentale di Dio stesso e costitutiva l’“Io” di ogni singolo componente. Il singolo uomo non valeva un cazzo, per "essere" doveva diventare cellula appartenente e obbediente alla corporazione, come le api e le formiche sono nulla senza il loro gruppo organizzato, consorziato, congregato, endogamo. Anzi di più: per l’appartenente la dipendenza era assoluta come i buchi nel formaggio che fuori da lì non esistono più. Un più fai parte più sei nel giusto, più fai parte e più vali, più appartieni e più sei redento. Un “Noi” Alfa e Omega super-Ente, consorteria metafisica salvifica, corpo mistico coincidente la presenza di Dio nella storia e strutturante-giustificante alla radice ogni partecipante al gruppo. Imperativo collegiale, familismo su base religiosa. Provinciale noi totalitario-salvifico. Non potevo resistere così ho abbandonato e mi sono dato al pensiero orientale, mica potevo non rispondere alle domande cruciali, mica potevo glissare: una forza ignota mi avrebbe distrutto. Forse Theilhard de Chardin diceva proprio a quelli come me la sentenza: «Non è affatto lontano il giorno in cui l'umanità si troverà biologicamente costretta a scegliere tra il suicidio e l'adorazione». Così, dopo aver abbandonato la Chiesa cattolica nel tentare di trovare una via di mezzo tra suicidio e adorazione avevo visitato filosofie lontane, dèi stranieri direbbe il vecchio testamento. Quando non si sa se Dio esiste o non esiste una buona soluzione è farsi buddhisti o induisti. A ben vedere nella via verso Oriente il Dio nostrano era ancora lì, aveva solamente cambiato nome: si chiamava l’Uno invece che Iddio e mi invitava ancora ad uscire me stesso, per rimanere immobile a guardare lassù le ineffabili, inesprimibili, alte sfere: palloni aerostatici gonfi di Teorie. Come le scale mobili dell’aeroporto che vanno su e giù il Dio cattolico discendeva verso di me, mentre in quegli ambienti ero io che dovevo ascendere a lui, un salire e un scendere nella sostanza proprio uguali. Avevo indagato a fondo, ma la soluzione non l’avevo trovata. Non seguivo pratiche meditative, avevo passato troppi anni in ginocchio davanti a crocifissi di plastica e il mettermi seduto con le gambe incrociate e gli occhi chiusi non mi entusiasmava. Chissà cosa pensavano i miei amici induisti quando rimanevano lì con gli occhi chiusi a meditare? Ascoltavano il respiro? Si sforzavano di non pensare? Forse meglio un crocifisso di plastica. Quando vedevo qualcuno meditare, con gli occhi chiusi e le gambe incrociate, un impulso mi suggeriva di avvicinarmi in silenzio per dargli, a freddo, un calcio nel culo. Non l’ho mai fatto. L’imprinting cattolico me lo ha impedito. Peccato.
Deluso avevo anche ipotizzato che forse come i gatti si "è" senza alcun motivo, lo affermava anche l’Advaita vedanta, ma la risposta era troppo nebulosa per ottenere soddisfazione, così per rispondere davvero mi sono dato alla filosofia occidentale. Anche se capivo poco insistevo nel leggere le opere basilari, facevo la faccia da sapiente per dare prova, a me e al mondo, di non essere troppo deficiente. Però dai e dai, avevo scoperto che se Iddio era la Natura avrei forse potuto trovare puntuale risposta e far cessare l’intimo rodere. La Natura è cruciale… Mica piace ai cattolici integralisti, preferiscono la coppia Nulla & Dio. Un’associazione a delinquere metafisica. Bonnie e Clyde sempre presenti nei fondamentalismi religiosi istituzionali. L’infausta metafisica fondamentalista prende forma in tre mosse:
1 Inventa un “Ente Nulla” assoluto;
2 per implementarlo è necessario che sopprima o perlomeno inibisca di brutto - per l’evidenza che ci sono - l’Io, L’Altro e la Natura;
3 lì erige un qualche dio totalitario che fagociti tutto l'esistente.
Roba pericolosa, così per trovare risposta ho preferito flirtare con la Natura implementando un giardino, mi è venuto facile perché per campare faccio l’erborista. Ho avvertito una piacevole soddisfazione nell’osservare l’albero di Ginkgo che avevo piantato tanti anni fa davanti alla casa venduta da tempo, lì che cresce sovrano impipandosi del succedersi dei proprietari. Se Dio c’è deve assomigliare a quel Ginkgo. Non mi piacciono le sistematizzazioni e gli ingrigliamenti del giardino all’italiana e intorno a una nuova casa avevo fatto quello inglese anche se abito in Puglia. Avevo piantato ravvicinati numerosi e differenti cespugli e qualche albero mediterraneo che nel crescere sono diventati contigui, poi si sono mischiati. Avevo lasciato fare alla Natura: il più forte vince e lei fa la regia. All’inizio del percorso c’era un artefatto, poi mi sono omesso per lasciare fare alla sacra Signora immacolata. Trascorso qualche anno avevo visto una macchia mediterranea con estetica piuttosto valorosa e di notevole diversità biologica. Credevo che il processo fosse concluso: indipendentemente dal mio intervento il giardino sarebbe migliorato per naturale spontaneità grazie alla regia della bella Signora. Falso. Senza il mio operare il giardino aveva iniziato a virare al dozzinale, degradato e catatonico come i chilometri di macchia mediterranea che vegeta apatica al bordo della strada provinciale. Porca bestia! La Natura mica era brava come regista, ma una ragazzotta autistica che se non gli dico io se è bella o brutta manco lo sa. Tutto da rifare. Dentro la gravina di Riggio la macchia mediterranea è presente quasi tutta. Ambiente naturalistico mozzafiato eppure gli affreschi della chiesa rupestre informano che fin dal X secolo agli abitanti del luogo non bastavano cielo e terra, acqua e fuoco. Nel risalire avevo incontrato in mezzo ai fichi selvatici tracce d’insediamenti neolitici, sicuramente anche in quel periodo qualcuno avrà piantato un qualche palo, una qualche pietra dritta e grande a forma di cazzo a simbolo di un regista occulto artefice dell’universo naturale. Un corvo reale indifferente a classificazioni botaniche, noncurante di me e registi occulti, volteggiava in silenzio poi gracchiava soddisfatto, forse beffardo. La sanno lunga, i corvi… Però che strano l’albero del fico: foglia a surrogato di umane mutande; maledetto e pure seccato da Gesù perché trovato privo di frutti anche se «non era la stagione dei fichi» Si, si… è in Marco 11 versetti 13-14. Però... Esigente Gesù... Bello strano anche lui a volere i fichi sulla pianta fuori stagione. Sessualità complicata quella del Fico: il maschio si chiama caprifico, nome che evoca perversione severa, ma lui non se la prende, sa che è definizione prodotta da artificio e costruzione culturale tutta umana. Dicevo che il maschio del fico - detto caprifico - fa polline abile nel fecondare ma frutti immangiabili, però ingravida il fico vero - la femmina - che così produce frutti. Il fatto complicato è che nel frutto del maschio caprifico ci sono anche ovari femminili pronti a ricevere il polline dalla parte maschile del medesimo frutto. Tale auto erotismo fecondante produrrebbe frutto se non fosse per la piccola vespa Blastophaga psenes, moscerino col nome da pornostar che dimorando negli “ovari del maschio” li modifica in galle sterili precludendo la formazione del frutto. La piccola vespa si fa perdonare sciamando sulla pianta del fico vero (la femmina) impollinandola. Er famolo strano continua: in moltissime piante di fico il frutto che mangiamo si sviluppa e matura anche senza impollinazione, tuttavia se presente la piccola vespa pure con impollinazione, producendo frutti, di volta, in volta, con sapore e aspetto diverso più o meno come le persone…
Però la filosofia mi ha consolato più della botanica, perché ho constatato che mica sono l’unico maledetto che deve rispondere all’esserci mio e di Dio. Mal comune mezzo gaudio. In qualche modo tutti tendono a spiegare la realtà, impegno sovente intermittente, svogliato, nebuloso, tiepido. Ma i filosofi si sono messi lì, spietati con sé stessi, nel voler rispondere per davvero: «Non mi schiodo finché non scopro e dico giusto.» Così hanno trascorso l’esistenza nell’apprendere e confrontarsi col pensiero di altri e in questo remare hanno detto la loro a beneficio di chi li incontra. Tra i protagonisti della storia della filosofia, degli uomini di pensiero, di scienza e dell’arte, qualcuno avrà anche implementato teorie bislacche e opere mediocri, o operato per ambizione personale e per mera rimunerazione. Ricordo che ad un incontro filosofico un docente aveva iniziando dicendo:
«Io sono…» e annunciando al mondo la sua professione;
«all’interno di tale disciplina…» e ostentando sistematizzazione;
«mi occupo in particolare di…» e sparando la specializzazione.
Poi non lo so più perché ero andato via. Se fosse stato un gastroenterologo al simposio di laparoscopia del colon sarei anche rimasto, il problema è che era un filosofo al convegno filosofico, uno che doveva stimolarmi e anche aiutarmi nel rispondere alle imperative domande… Eppure i più hanno onorato un preciso e dirompente stimolo. Nel leggere gli autori più valorosi, e anche meno valorosi, ogni volta considero con una certa devozione la “molla” che li ha stimolati. Forse Dio è quella molla?
Sulla fontana in piazza è comparsa una scritta: «IO ODIO TUTTI». Invocazione di aiuto, segnale di urgente richiesta di soccorso lanciata nottetempo con la bomboletta spray perchè sia raccolta da qualcuno di passaggio, uno qualsiasi, dunque da tutti. Ma di fronte alla sofferenza molta filosofia annaspa e la teologia arranca come uno storpio… Gesù di Nazareth non arrancava… Chissà cosa gli avrebbe detto a quel disgraziato?
L’altro giorno mi è entrato in erboristeria un giovane inglese qui in vacanza, era schizzato e ho pensato: «Questo qui - a differenza dei suoi compaesani giardinieri - è proprio un deficiente», ma siccome ho l’imprinting cattolico ho censurato il pensiero e neutro mi sono posto in ascolto. Baldanzoso mi ha riferito che operava in una startup a Londra e mi aveva proposto di creare nuove autostrade per vendere on-line i miei prodotti su scala planetaria.
Avevo glissato: nel tempo libero e nel limitato pezzo di esistenza che ho ancora da vivere preferirei approfondire la scolastica medioevale così da rispondere alle due domande, invece d’infognarmi nell’invadere il pianeta di mie compresse lassative collaborando con quello lì. Finalmente il figuro se n’era andato, tra me e me avevo considerato: «Inglesi del cazzo», ma siccome ho l’imprinting cattolico avevo censurato il pensiero e ripreso a lavorare.
Le chiamano startup e dicono che a Londra e Berlino si trovano le migliori. A Londra un grattacielo apposito ospita le più valorose, una sorta di tempio, di Chiesa, del progresso universale. Ma cosa fanno queste avanguardie storiche e sociali di tanto rivoluzionario? Perlopiù inventano e implementano applicazioni tecnologiche per ottimizzare la vita. Se valutate utili, oppure semplicemente piacciono ai potenziali utenti, permettono agli startupiani di guadagnare denari. Bene. Bravi.
Ma cosa implementato di preciso? Intrattengono gente con musica e roba simile, fanno apprendere lingue, si occupano di marketing e pubblicità anche con video interattivi, innovano e ottimizzano social e gaming e mettono anche a punto trasferimenti bancari, fanno condividere viaggi in auto. Tra le applicazioni più celebrate una che implementa sistemi innovativi per controllare gli animali domestici quando non si è a casa e un’altra che serve a “incubare” e accelerare lo sviluppo e l’operatività di nuove startup.
Perché tutto questo? E perché sempre accelerare? E in quale direzione?
Ripensandoci considero il ragazzotto inglese non deficiente ma acefalo, però avendo l’imprinting cattolico censuro il pensiero: l’anglofobia potrebbe essere peccato, veniale ma peccato. Mentre io brancolo a lui basta e avanza il suo iPad, crede che sia diretta espansione del suo sistema nervoso centrale e considera che funzioni anche meglio di lui perché l’iPad non sbaglia e non si ammala. Come quel ragazzo biondiccio che avevo visto nell’andare a Napoli, quello che sedeva solo al tavolo dell’Autogrill. Con la mano destra portava alla bocca polpettine, preciso le inseriva attraverso un angusto varco tra l’angolo delle labbra e la cannuccia della CocaCola che succhiava. Con la sinistra digitava SMS sull’ iPhone da dove un filo gli portava musica nelle orecchie che canticchiava sottovoce mentre coi piedi teneva il tempo. Eseguiva tutto al meglio, era così abile che frattanto avrebbe anche potuto farsi una sega senza interrompere tutto il resto. Forse le divisioni non derivano dal conflitto tra devoti di teismi e seguaci di ateismi, ma tra misurati e smisurati.
Il tempo passa e io devo rispondere. Ma non è che forse Dio è lo Stato? Lo Stato italiano? Indipendentemente dalla contingenza che il virus dell’epatite C l'hai contratto accidentalmente per trasfusione durante intervento chirurgico, o quasi intenzionalmente nel farti “pere” riutilizzando siringa monouso per risparmiare 20 centesimi, ti assiste a gratis e a oltranza per mero titolo di cittadinanza. Forse lo Stato non è Dio… però nel caso di specie gli assomiglia un po’. No. Questo è un territorio insidioso, questo è territorio ideologico e anche comunista, da quelle parti c’è gente che giudica “filosofo reale” quello della prassi; per loro è valoroso chi partecipa all’assemblea di condominio e acchiappanuvole chi nel piantare la salvia ascolta il vento.
Non lo so e non so più che fare: constato che le cose reali sono tre:
Io pensiero-corpo, l'Altro, la Natura e forse, da una qualche parte, Dio. Se indago da dove provengono e perché rischio d’infognarmi nell’irreale, se non me lo chiedo anche. Forse aveva ragione Isaia, il profeta:
«Perché i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie - oracolo del Signore. Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri.»
Se non fosse per questa forza ignota che mi rode dentro mollerei l’osso… Si proprio come avevo fatto con l’urologo di Bari: a lui affidato nel profondo sonno dell'anestesia - come quando Gesù sulla barca nella tempesta «se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva» - mi aveva ricostruito l’uretere sinistro a nuovo, un po' come quando digerisco l'insalata di cetrioli con la menta senza conoscere l'ABC della gastroenterologia. Sono passati decenni e l'uretere funziona a meraviglia. Forse Dio è l’urologo di Bari?
Se fossi partorito in questo momento come percepirei la realtà? Ce ne vuole di straniamento dal mondo e dai ricordi accumulati per rispondere. Forse aiutano i primi due minuti appena dopo il risveglio: assomigliano ad un tornare al mio primo ricordo, quando avevo più o meno un anno e nell’osservare il fuoco di una stufa sapevo di esserci. Fuoco d’essere-pensiero ancora qui immutato sorto spontaneo non so da dove, non conosco il perché, non so come. E’ l’unico capitale che ho? Trascorsi i due primi minuti mi lavo la faccia, se sono di fretta solo gli occhi e siccome ho l’imprinting cattolico commento con Gesù: «Quando l’occhio è puro tutto il corpo è puro.» Nell’acqua del lavabo incontro la natura, poi leggo le notizie e assurge la cultura, così il capitale primario dell’Io pensante nell’incontrare nuovi evidenti fattori e, pur senza sapere perché e senza conoscere chi è, fluttua relazionandosi con essi. Mi torna alla mente il colloquio con Nicodemo nel vangelo di Giovanni, quando Gesù gli avrebbe detto:« Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va: così è di chiunque è nato dallo Spirito ». Ma io non sono Nicodemo, io devo rispondere solo a due domande però belle precise:
1 Perché ci sono?
2 Mi ha creato un qualche Dio?
L'affermava Hegel, lo sosteneva Freud: l’uomo è caratterizzato da desiderio. Lo sentenziava, a modo suo, anche Gesù: “dov’è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore.”
Nell’osservare che senza tale motore stramazzo nel catatonico lo dico anch’io.
Ma come si è costituita tale forza motrice? Appurato che un gatto, se sano, desidera più di un’ameba e di norma un uomo più di un gatto, probabilmente l’umano desiderio si è prodotto per lentissimo evolversi di forze e moti della natura che - dall’inorganico all’organico, dall’organico all’individuo, dall’individuo al soggetto - hanno assunto gradualmente tale specifica forma; nondimeno, vista la sorprendente peculiarità di tale accadimento che è l’uomo, non possiamo escludere che il desiderio si sia attivato d’un botto stimolato da precisa e improvvisa eccitazione esterna. Quale? Quando? Come? E Perché?
Avevo conosciuto un gruppo di meditazione che nell’aprire a caso il Vangelo interpretava il passo che capitava come un diretto manifestarsi divino che in tempo reale prescriveva precetti salvifici ad hoc. Una sorta di I Ching, di roulette metafisica dove il numero uscente era in quel preciso momento il consiglio giusto per il meditante. Così in cerca di prescrizioni per lenirmi l’angoscia di non saper rispondere alle due domande li emulo in versione pagana e apro a capocchia i Saggi di Montaigne, cosicché un qualche dio mi elargisca istruzioni. Mi parla alla pagina 1.199, probabilmente quella che mi merito. C’è scritto che i re della dinastia dei Merovingi ottenevano soddisfazione girando per il paese sopra a un carro tirato da quattro buoi; l’imperatore Fermo attaccava al cocchio quattro struzzi enormi e sembrava volare; Marc’Antonio entrava in Roma trainato da leoni insieme a una ragazza suonatrice; Eliogabalo aggiungeva ai leoni qualche tigre, talvolta attaccava al carro cervi o quattro cani, però completa soddisfazione la otteneva nel farsi trainare da quattro ragazze ignude con anche lui nudo sul cocchio. Minchia che prescrizione severa! Buon Gesù salvami tu.
La molla
In qualche modo tutti tendono a spiegare la realtà, impegno sovente intermittente, svogliato, nebuloso, tiepido, ma pochi si sono messi lì, spietati con sé stessi, nel voler rispondere per davvero proponendosi: «Non mi schiodo finché non scopro e dico giusto.» Così hanno trascorso decenni nell’apprendere il pensiero di altri e in questo remare hanno detto la loro a beneficio di chi li incontra.
Tra i protagonisti della storia della filosofia, degli uomini di pensiero, di scienza e dell’arte, qualcuno avrà anche implementato teorie bislacche e opere mediocri, o operato per ambizione personale e per mera rimunerazione, ma i più hanno onorato un preciso e dirompente stimolo. Nel leggere gli autori più valorosi, e anche meno valorosi, ogni volta considero con una certa devozione la “molla” che li ha stimolati. Se Dio c’è è quella molla.
Acefalo neo-positivismo anglotecnocratico
Mi entra in erboristeria un giovane inglese qui in vacanza, lo vedo schizzato e penso rapido: «Questo qui è un deficiente», ma siccome ho l’imprinting cattolico censuro il pensiero e neutro mi pongo in ascolto. Baldanzoso riferisce che opera in una startup a Londra e mi propone di creare nuove autostrade per vendere on-line i miei prodotti su scala planetaria.
Glisso: nel tempo libero e nel limitato pezzo di esistenza che ho ancora da vivere preferirei approfondire la scolastica medioevale che infognarmi nell’invadere il pianeta di mie compresse lassative, per giunta collaborando con quello lì. Finalmente il figuro se ne va e tra me e me penso: «Inglesi del cazzo», ma siccome ho l’imprinting cattolico censuro il pensiero e riprendo a lavorare.
Le chiamano startup e dicono che a Londra e Berlino si trovano le migliori. A Londra un grattacielo apposito ospita le più valorose, una sorta di tempio, di Chiesa, del progresso universale. Ma cosa fanno queste avanguardie storiche e sociali di tanto rivoluzionario? Perlopiù inventano e implementano applicazioni tecnologiche per ottimizzare la vita. Se valutate utili, oppure semplicemente piacciono ai potenziali utenti, permettono agli startupiani di guadagnare denari. Bene. Bravi.
Ma cosa implementato di preciso nel merito? Intrattengono gente con musica e roba simile, fanno apprendere lingue, si occupano di marketing e pubblicità anche con video interattivi, innovano e ottimizzano social e gaming e mettono anche a punto trasferimenti bancari, fanno condividere viaggi in auto. Tra le applicazioni più celebrate una che implementa sistemi innovativi per controllare gli animali domestici quando non si è a casa e un’altra che serve a “incubare” e accelerare lo sviluppo e l’operatività di nuove startup.
Perché tutto questo? E perché sempre accelerare? E in quale direzione?
Ripensandoci considero il ragazzotto inglese incontrato non deficiente ma semplicemente acefalo, però avendo l’imprinting cattolico censuro il pensiero: l’anglofobia potrebbe essere peccato, veniale ma peccato.