BLOG DI BRUNO VERGANI

Radiografie appese a un filo, condivisione di un percorso artistico

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Venerdì, 17 Luglio 2015 17:53

Acefalo neo-positivismo anglotecnocratico

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Mi entra in erboristeria un giovane inglese qui in vacanza, lo vedo schizzato e penso rapido: «Questo qui è un deficiente», ma siccome ho l’imprinting cattolico censuro il pensiero e neutro mi pongo in ascolto. Baldanzoso riferisce che opera in una startup a Londra e mi propone di creare nuove autostrade per vendere on-line i miei prodotti su scala planetaria.
Glisso: nel tempo libero e nel limitato pezzo di esistenza che ho ancora da vivere preferirei approfondire la scolastica medioevale che infognarmi nell’invadere il pianeta di mie compresse lassative, per giunta collaborando con quello lì. Finalmente il figuro se ne va e tra me e me penso: «Inglesi del cazzo», ma siccome ho l’imprinting cattolico censuro il pensiero e riprendo a lavorare.

Le chiamano startup e dicono che a Londra e Berlino si trovano le migliori. A Londra un grattacielo apposito ospita le più valorose, una sorta di tempio, di Chiesa, del progresso universale. Ma cosa fanno queste avanguardie storiche e sociali di tanto rivoluzionario? Perlopiù inventano e implementano applicazioni tecnologiche per ottimizzare la vita. Se valutate utili, oppure semplicemente piacciono ai potenziali utenti, permettono agli startupiani di guadagnare denari. Bene. Bravi.
Ma cosa implementato di preciso nel merito? Intrattengono gente con musica e roba simile, fanno apprendere lingue, si occupano di marketing e pubblicità anche con video interattivi, innovano e ottimizzano social e gaming e mettono anche a punto trasferimenti bancari, fanno condividere viaggi in auto. Tra le applicazioni più celebrate una che implementa sistemi innovativi per controllare gli animali domestici quando non si è a casa e un’altra che serve a “incubare” e accelerare lo sviluppo e l’operatività di nuove startup.

Perché tutto questo? E perché sempre accelerare? E in quale direzione?  
Ripensandoci considero il ragazzotto inglese incontrato non deficiente ma semplicemente acefalo, però avendo l’imprinting cattolico censuro il pensiero: l’anglofobia potrebbe essere peccato, veniale ma peccato.

Ultima modifica il Venerdì, 17 Luglio 2015 17:57

2 commenti

  • Link al commento Pietro Sabato, 18 Luglio 2015 05:34 inviato da Pietro

    Meno male che l'apparato censorio ti funziona così bene, così non ti sei nemmeno accorto che quel l'inglese ti stava sui c.

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  • Link al commento Maria DAsaro Giovedì, 23 Luglio 2015 11:40 inviato da Maria DAsaro

    Anch'io, come sai, ho un fortissimo imprinting cattolico, ma da quando ho letto il libro di uno psicoterapeuta (cattolico!) che invita ad ascoltare il corpo "perchè ha sempre ragione" la censura funziona meno ... Un saluto da Palermo.

    Rapporto

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