Sdoppiamento consapevole
La realtà è proprio ciò che abbiamo intorno e irraggiungibilmente oltre la rassegna di apparenze che equivochiamo per essa.
Non ci resta che farci in due.
Genealogia
Mica è facile rassegnarsi d’essere figlio di padre ignoto e di madre catatonica, mica è agevole accettare il ragionevolissimo naturalismo.
Ricircoli
Consideravo che la teoria filosofica dell’eterno ritorno dell'uguale[1] di Nietzsche che attinge dai classici, può essere vista come uno stratagemma narrativo che concilia il libero arbitrio personale con la necessità. Sintesi tra l'assoluta responsabilità personale (perché ciò che scegliamo sarà sempiterno) e la totale necessità (visto che ciò che faremo sarà il suo meccanico ripetersi).
Francamente non so se quello che adesso intendo, voglio e scelgo, lo stia eseguendo liberamente per la prima volta -come Nietzsche sembra affermare-, o se già ottempero il ciclico funzionamento ripetitivo, ma si sa: Nietzsche è come la Bibbia, mica si interpreta letteralmente.
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1 «Questa vita, come tu ora la vivi e l’hai vissuta, dovrai viverla ancora una volta e ancora innumerevoli volte, e non ci sarà in essa mai niente di nuovo, ma ogni dolore e ogni piacere e ogni pensiero e sospiro, e ogni indicibilmente piccola e grande cosa della tua vita dovrà fare ritorno a te, e tutte nella stessa sequenza e successione - e così pure questo ragno e questo lume di luna tra i rami e così pure questo attimo e io stesso. L’eterna clessidra dell’esistenza viene sempre di nuovo capovolta e tu con essa, granello della polvere!» (Friedrich Nietzsche, La gaia scienza e Idilli di Messina, Adelphi 1977).
Reazione & subordinazione
Dopo decenni di sdegno procurato dagli atti di chi fa l’ovvio mestiere di essere semplicemente se stesso, forse meglio non insistere ed escogitare tutt’altro[1] smettendola di disperdere energia[2].
Non abbiamo garanzia che deposto il nostro reagire nuove e insospettate strategie potranno dirimere il penoso presente e neppure che spiazzeremo gli artefici, ma perlomeno ci ritroveremo meno banali di loro.
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1 Ad esempio se avessimo dato una metà dell’energia dispersa nelle beghe di cortile su olgettine e dintorni, in quel lustro avremmo potuto leggere tutte Le Upaniṣad e forse anche ruminare la prima sezione del "Capitale".
2 «Oggi avere potere significa sapere cosa ignorare.» (Yuval Noah Harari, “Homo Deus, breve storia del futuro").
Test
Avvertire noi e gli altri sprovvisti di libero arbitrio e mossi solo da necessità è probabilmente un delirio, eppure se si prova a farlo le relazioni si semplificano e gli atti, anche se non tutti diventano accettabili, si fanno perlomeno più perspicui.
Forse segno di una possibile attendibilità di quel percepire.
Trasmutazione demiurgica
Il pensiero che produce concetti inediti utilizzando necessariamente quelli conosciuti, assomiglia al processo della chimica di sintesi che dalle sostanze esistenti ne fa di nuove.
In entrambi i casi si parte da ciò che c’é ottenendo ciò che non c'era, nuovo esistente col quale possiamo realizzare un ulteriore inedito.
Esagerato definirla creazione, nondimeno ingeneroso giudicarla trasformazione: “nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”, qualcosa si trasmuta.
Prodezze
Ci sono cose, sia materiali, sia spirituali, che erigiamo con impegno, altre che cerchiamo o incontriamo nel loro accadere. Talvolta ci piacciono così come sono, talora le modifichiamo, a volte le rifiutiamo o combattiamo. Nel movimento esistenziale che combina la personale volontà con l’accadere del mondo molto possiamo costruire, plasmare e ordinare, ma quote di inevitabile, di irrisolvibile e di impossibile permarranno gloriose. Queste percentuali immodificabili che incontriamo qua e là tenderanno ad espandersi fino diventare un tutto, visto l’inesorabile epilogo che determina i mortali.
Eppure non è detta l’ultima parola, permane ancora una possibilità nell’impossibilità: possiamo accettare. Dopotutto la pacata, consapevole, accettazione dell’irrisolvibile è forse tra gli atti umani più attivi e coraggiosi, mentre l’arrabattarsi a oltranza per resistervi è forse tra i più statici, sicuramente tra i più umoristici.
Percezione
Un credente può vivere la sua esistenza percependo di essere costantemente visto da Dio e l’ateo no, vivranno sullo stesso pianeta ma in mondi differenti. Gli innamorati si guardano negli occhi, l’oculista lo fa con maggior precisione ma vede tutt’altro. Il processo del percepire è cruciale perché meeting point di me e mondo.
Anche se si può benissimo vivere senza investigare il personale atto percettivo, una sua accurata indagine potrebbe evitarci appuntamenti al buio con tutti i rischi del caso. Possiamo indagare da soli ma non è male attingere stimoli e dritte dalle discipline filosofiche, Kant al riguardo è stato tra i pensatori più puntuali stimolando la ricerca di tanti altri. Portanti anche le discipline psicologiche a iniziare dalla Gestaltpsychologie, psicologia della forma e della rappresentazione. Percepiamo oggetti materiali, corpi umani a iniziare dal nostro, oggetti mentali e spirituali e anche un mix di tutto questo che produce campi con dentro più della somma dei singoli fattori.
Il problema è che l’atto elementare che afferma: ecco la cosa, è adesso qui data esattamente così, potrebbe rivelarsi un approccio ingenuo perché percependo scegliamo le forme del percepito (delineamento), afferrandone alcune ed escludendone altre; giudichiamo il dato arbitrariamente percepito attribuendogli personali gradi di importanza, realtà e valore; con forbici e martello lo collochiamo in un sistema che abbiamo già costituito e lo interpretiamo attraverso la memoria di quanto già percepito, credenze incluse. Basta un momento di distrazione per equivocare la percezione -per Kant “rappresentazione con coscienza”, processo a priori insito in noi- con la sensazione e anche con l’emozione che a differenza del processo percettivo che cerca di vedere la cosa, modificano noi stessi stimolati da ciò che percepiamo per come lo percepiamo, distorsioni comprese. Insomma rappresentiamo il mondo (Schopenhauer) e rappresentarlo -oltreché nel significato di interpretarlo anche in quello di messinscena- è un po' rifarlo
Vecchio sestante
La percezione dello stesso oggetto in questo preciso momento -oggetto Mondo incluso- non è uguale per tutti.
Il concetto del “Qui e Ora” che l’io escogita nell’ingenua credenza di porre coordinate che fissino un punto spazio temporale stabile e univoco nel quale accadono le medesime precise cose, apre invece all'esatto opposto.
Tutti fratelli?
Ci sono persone che immediatamente vediamo e sentiamo nell’istantanea percezione che afferma: sì è proprio lui. Un Tu inconfondibile e indubitabile che s’impone.
Ci sono altre persone che sono meno percepibili, si scorge la silhouette ma anche se palpiamo i loro corpi in tutte le parti permangono entità generiche. Se gli guardiamo dentro gli occhi riteniamo plausibile che ci sia dentro qualcuno, ma quel quid permane nebuloso, un noumeno irraggiungibile.
A me talvolta accade questo azzeramento ontologico dell’altro e non so perché. So però che dipende da me, non da lui.