Eccolo lì
L’ho visto dietro casa stamattina il motore immobile causa di sé stesso, l’ho visto proprio in faccia in tutta la sua gloria nel germinare di una ghianda di roverella[1].
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1 A iniziare da circa il primo secolo avanti Cristo fino al, più o meno, secondo secolo dopo Cristo, si sono sviluppate concezioni che affermavano il primato del trascendente sull’immanente, del soprasensibile sulla materia. Tradizione che pescando da Platone arriva a Plotino chiamata dagli studiosi Medioplatonisno. Incanalandosi nella dottrina cristiana è giunto fino a noi che buttiamo gli occhi al cielo immaginando i cari defunti soggiornare in un trascendente lassù, anche se alla fine Plotino aveva in parte attenuato le fuorvianti separazioni ontologiche di chi l’aveva preceduto affermando l’Uno. Potenza che fa indissolubilmente ogni cosa e tutte le cose, in cielo e in terra. Anche Gesù di Nazareth evitava smodate separazioni tra il quaggiù e il lassù, a differenza di alcune concezioni dottrinali delle chiese cristiane, a ben vedere più medioplatoniche e gnostiche che cristiane. «Il regno di Dio è come un uomo che getta il seme nella terra; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce; come, egli stesso non lo sa». Mc 4,26-27. Potenza immanente.
Puer
Dopo avermi osservato piantumare il maggiociondolo di qua e i tre ginepri di là mi ha detto d’aver visto un bambino che giocava. Diagnosi azzeccata.
Si imparano parole e si apprendono logiche per funzionare in questo mondo, ma sotto, sotto, alberga un fanciullo immortale che gode dell’inutile.
Tira e molla
Con l’affermarsi del cristianesimo il dio impersonale dei pagani fu spodestato da un Padre creatore davvero particolareggiato. Interessante notare come in quel periodo il Neostoicismo -Seneca, Epitteto, Marco Aurelio- pur permanendo pagano remava nella stessa direzione del cristianesimo, quasi ci fosse il desiderio collettivo che dio avesse finalmente una faccia.
Trovatala è durata secoli e secoli, finché i moderni stanchi della sfacciataggine l’avevano accoppata. Oggi per liberarci dall’ingombro di suoi frammenti residui remiamo in direzione dell’antico impersonale dio pagano, che l’attuale panteismo New Age sta provando a riproporre.
Non possiamo escludere, visti i precedenti storici, che ritrovato quel nebuloso dio ci tornerà la nostalgia di suoi connotati più precisi, ma appena il suo volto si rivelerà con severa precisione lo accopperemo di nuovo fino a quando nostalgici di sue fattezze più definite lo faremo risorgere ancora.
Laicità
La tematica-problematica della laicità non è circoscrivibile alle religioni, l’ottempera ogni professionista che prende molto sul serio il pensiero di chi è profano nella materia.
Un modo di prenderlo sul serio è quello di riordinare quel pensiero se necessario.
Le cose come stanno
Sopra l’intruglio acefalo di umane volubili opinioni anche questa sera il sole è tramontato all’ora prevista. Qualcosa vorrà pur dire.
Lama a doppio taglio
Col suo sapere l’erborista scruta nel prato universi che ad altri sfuggono, ma meglio che eviti d’incedere pettoruto non sempre chi più sa più vede.
L’erudizione è una circoscritta trasmissione in differita che nell'illuminare l'oggetto lo costringe.
Comunque anche se luce parziale, intempestiva e incongrua, sempre meglio del buio pesto.
Coincidenza
Al cospetto dell’ineluttabile due le opzioni, anzi 3 :
1 opporsi
2 rassegnarsi
3 allearsi
L’opzione 3 del far coincidere la propria volontà e persino il personale piacere con l’ineluttabile è squisitamente stoica[1]. Per riuscirci più che sforzo occorre l’accettazione di una ragionata cosmogonia. Per gli stoici tutta la realtà era materia attivata, nel modo migliore possibile, da un immanente principio divino. Tutto dunque necessario, perfetto e giusto, tutto quindi provvidenziale così com’è.
Non so se le cose stiano davvero così, so però dei severi danni che il fatalismo può generare e poi è un bel po' complicato far coincidere la personale volontà con la potenza dell'ineluttabile necessità se ti imbatti in un Hitler, ciò non toglie che in certe circostanze è davvero più conveniente fluire con esse che resistere.
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1 Ricordo di uno scritto antico di impronta stoica che per esemplificare la possibile coincidenza tra ciò che vuoi e ciò che accade, faceva l’esempio di un cane legato a un carro in movimento. Diceva più o meno coì, vado a braccio: se il cane si opporrà alla costrizione seguirà ugualmente il carro spezzandosi le zampe nel suo opporsi al trascinamento e più resisterà più le spezzerà. Se invece vorrà muoversi proprio in quel preciso momento, giusto in quella direzione, esattamente a quella velocità con assoluto piacere… Ma esiste un cane così?
La casa di Henriette
Si possono vedere le cose in un determinato tempo e luogo nella loro empirica concretezza, modo che i filosofi definiscono con il concetto di ontico, oppure attraverso l’approccio ontologico che, prescindendo dallo spazio geografico e dal tempo storico, prova ad indagare la radice universale dell’essere. Il romanzo di Domenico Barrilà “La casa di Henriette", con sottotitolo “Lontano. Fino alle tue radici”, Sonda Edizioni, si muove compenetrando i due livelli.
Giunto nel penultimo atto della sua esistenza l’Autore ci illustra una singolare vicenda autobiografica. Messina, Gran camposanto, non più adolescente ma non ancora uomo nel far visita alla tomba dell’amato padre inciampa in quella abbandonata di una bambina dal nome straniero, morta nel 1883. Momento epifanico. Da quell’istante una forza ignota lo attirerà in quel luogo e lo muoverà alla vita. Restaurerà e curerà quella tomba dimenticata da Dio e dagli uomini e nei decenni a seguire indagherà per conoscere e decifrare quella bambina. Indagine storica e metafisica.
Come in ogni autobiografia, e in ogni vita, anche in questa la parte più potente sta all’inizio, dove viene affrontata la sofferenza irredenta del bambino orfano di padre e della misteriosa bambina morta prematuramente: il dolore dell’umanità tutta. Sofferenza che senza ragione colpisce gli innocenti, così, a capocchia, di fronte alla quale può risultare ragionevole teorizzare la schopenhaueriana mistica pacificante del meglio non essere mai stati. Tentazione di sempiterna immobilità che il protagonista supera nell’adottare quella tomba, atto che inventa e costruisce un senso al mondo.
Bello lo stile del romanzo grazie all’intercalare di episodi di vita, nei primi capitoli perlopiù vita di strada, mischiati a riflessioni che rasentano, piacevolmente, il saggio. Barrilà è psicoterapeuta, ma il romanzo non è per nulla psicologico, eppure per dinamica osmotica conduce il lettore a riflettere -nel senso di rispecchiarsi e di meditare- su nodi e snodi della personale biografia. Tre le forze in campo, la gloria dell’insensato inorganico, l’umana iniziativa che gli resiste e la natura coi suoi cipressi che si flettono alle raffiche di vento; natura che riordina le cose e consola nel suo potente esserci.
L’indagine per conoscere l’identità della bambina porterà l’Autore in luoghi lontani e vicini, in tempi presenti e remoti, contigui alla sua figura fino ad intercettare dei suoi lontani parenti. Alcuni capitoli del romanzo si attardano, forse più del necessario, nel dettagliare nomi, date ed eventi storici. Un rendicontare vicende ottocentesche e dei primi del Novecento comunque utile, specialmente oggi, per cogliere quell’intreccio di accadimenti che hanno forgiato il nostro continente attraverso scambi e contaminazioni proficue quanto dimenticate.
Il cerchio si stringerà sempre di più e non si staccheranno gli occhi dal libro per sapere chi era quella bambina. Alla fine il suo volto ci sarà svelato, senza però trionfare, l’Autore sa che l’avevamo capito dalle prime pagine che quella bambina era la sua anima.
Domenico Barrilà
“La casa di Henriette – Lontano. Fino alle tue radici”,
Sonda Edizioni
Il nucleo
Sbucciando come una cipolla l’accadimento d’essere vivo ho rimosso gli aspetti vitali del relazionarsi, potere, agire, intendere, volere, riflettere, scegliere, conoscere, emozionarsi, pensare a questo e quello e ho constatato che, invece di vegetare, ero ancora pimpante nel corpo che funziona autonomo e permette il piacevole pensiero: sono.
In fin dei conti necessitiamo davvero di poco già immersi in questa abbondanza.
Resoconto dell’indicibile
Non era intangibile perché posizionato tanto in alto da risultare irraggiungibile come i biscotti in cima alla credenza, era ineffabile perché in progress. A tratti acciuffabile nel suo movimento.