Olea europaea
L'olivo allo stato naturale è uno sporadico cespuglio piuttosto intricato, con qualche minuscola drupa sopra. Quello diffusissimo nel bacino del Mediterraneo con bella estetica e stracarico di olive è un artefatto umano.
Interessante osservare che più l’olivo viene, da noi, coartato e più si afferma sulle altre specie; ci impegniamo noi, in cambio del suo frutto, a favorire le condizioni migliori per il suo sviluppo. Orchestrando la selezione naturale decidiamo e scegliamo la sopravvivenza dell’olivo e la sua conservazione, plasmandolo nelle condizioni date come la specie più adatta rispetto ad altre.
Visto il suo successo difficile determinare se è l’uomo che coarti l’olivo o è l’olivo che coarta l’uomo, comunque stiano le cose la conseguenza è un reciproco vantaggio. In queste cose il confine fra natura e cultura si fa labile.
Pregiudiziali preclusioni
Si è portati pregiudizialmente a pensare che Darwin e Einstein considerassero il teismo nient’altro che una superstizione infondata e che dopo di loro non abbia più senso[1], ma le cose non stanno proprio così. Darwin non accettava, ma neppure escludeva, la possibilità di Dio[2]; Einstein affermava, seppure con taglio più scientifico-eleatico che teista, la possibilità di una vita personale dopo la morte in quanto la realtà sarebbe un eterno-infinito-presente[3].
Con il loro entrare in scena mi sembra che un bello scossone l’abbiano preso più alcuni passi dei corpi dottrinali delle Chiese che il teismo in sé, a quest’ultimo ci ha pensato Freud.
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1 L’altro giorno ho letto un libro di un americano vescovo in pensione della Chiesa episcopale, che glissando sull'autentico pensiero di Darwin e di Einstein affermava, poggiando su di loro in stile UARR, la fine definitiva del teismo. Probabilmente il nostro vescovo ha equivocato l'indubitabile collassare di quattro assurdi precetti della sua Chiesa con tutto il teismo, che è invece cosa differente da una specifica confessione seppur sovente contigua.
2 Riporto a riguardo una lettera di Darwin ad Asa Gray, altre sulla stessa tematica si possono leggere qui.
Lettera 2814 – C.R. Darwin ad Asa Gray, 22 Maggio 1860
Mio caro Gray,
[…] In merito all’aspetto teologico della domanda; è sempre doloroso per me.— sono sconcertato— non avevo alcun’intenzione di dare un’impronta atea al mio scritto. Ma confesso che non riesco a vedere, chiaramente come altri e come desidererei, prove di un progetto e di benevolenza tutto attorno a noi. Mi sembra ci sia troppa miseria nel mondo. Non riesco a convincermi che un Dio benevolo e onnipotente avrebbe creato di proposito le Ichneumonidæ con l’espressa intenzione che si alimentassero all’interno dei corpi vivi dei vermi, o che un gatto dovesse giocare con i topi. Non credendoci, non vedo alcuna necessità nel credere che l’ideazione dell’occhio sia stata mirata. D’altra parte, non riesco comunque ad accontentarmi di guardare questo meraviglioso universo e specialmente la natura dell’uomo, e di concludere che tutto sia l’esito della forza bruta. Sono incline a guardare tutto come risultante da leggi mirate, con i dettagli, vuoi buoni vuoi cattivi, lasciati all’elaborazione di quello che noi potremmo chiamare caso. Non che questa concezione mi soddisfi affatto. Nel più intimo di me stesso, sento che l’intera materia è troppo profonda per l’intelletto umano. Un cane potrebbe ugualmente speculare sulla mente di Newton. — Lasciamo che ogni uomo speri e creda quel che può. —Concordo certamente con Lei che le mie vedute non sono affatto necessariamente atee. Il fulmine uccide un uomo, che sia un buono o un cattivo, a causa dell’azione esageratamente complessa delle leggi naturali - un bimbo (che potrebbe risultare un idiota) nasce per effetto di leggi ancor più complesse; e non riesco a concepire alcun ragione per cui un uomo, o altro animale, non potrebbe essere stato prodotto ab origine da altre leggi e che tutte queste leggi potrebbero essere state ideate da un Creatore onnisciente, che prevedesse ogni evento e conseguenza futuri. Ma più penso più mi sento sconcertato; come in effetti ho probabilmente palesato in questa lettera.
Sono profondamente colpito dalla Sua gentilezza e dal Suo interesse.— Sinceramente e cordialmente Suo,
Charles Darwin
3 Albert Einstein così conclude la celebre lettera di condoglianze alla famiglia di Michele Besso, suo fraterno amico: “Ora ha lasciato questo strano mondo un po’ prima di me. Non significa niente. Per noi fisici credenti [credenti nella fisica], la distinzione tra presente, passato e futuro non è che un'illusione cocciuta e persistente."
I girasoli
Che problematizza la possibilità del libero arbitrio è l'ordine delle leggi fisiche che nel funzionamento naturale determinano immodificabili concatenazioni di causa ed effetto, forza che fa ruotare parallelamente coatti tutti i girasoli nella stessa programmata direzione. Anche noi, seppur enormemente più complessi, siamo costituiti dalle stesse particelle dei girasoli e obbediamo alle medesime leggi[1].
Ma non è finita qui, un altro scossone destabilizza le fondamenta del libero arbitrio, pensiamo all'ontologia parmenidea dell’Essere uno-eterno-ingenerato-indivisibile; immobilità blindata all'insorgere di qualsivoglia divenire: continuo-infinito-presente tutto e sempre compiutamente qui, che ci preclude il potere e la possibilità di scegliere[2].
Nonostante i due scossoni il buon senso ci suggerisce che anche oggi ci sono state cose che per nostra libera scelta sono accadute altrimenti proprio così, invece che cosà, perché lo abbiamo coscientemente voluto e scelto. A ben osservare già gli animali di una stessa specie non si comportano, a differenza dei girasoli, tutti allo stesso modo e non solo per differenze genetiche e ambientali. Chi li frequenta da vicino sa che a parità di condizioni eriditate e contingenti ogni esemplare esprime caratteristiche quote di manifestazioni individuali anarchiche a funzionamenti programmati, singolarità che evidenziamo affibbiando agli animali domestici un nome proprio; coi girasoli perlopiù evitiamo.
Per risolvere l’antinomia tra un sommo meccanicistico funzionamento affermabile logicamente e la libertà individuale che constatiamo empiricamente, si potrebbe ipotizzare che tale libertà preesista in nuce, o in un qualche modo, nella natura stessa. Se un po' libertà di scelta l'abbiamo da qualche parte ci sarà pur arrivata.
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1 Anche il teismo non è immune dalla problematica, basti considerare il percorso di una certa teologia fra XIII e XIV Secolo, che tentava di conciliare la divina Potentia absoluta (Dio sovrano e onnipotente) con la divina Potentia ordinata della creazione, ordinamento che pure l'Onnipotente era costretto a ottemperare.
2 Anche con questo il teismo ha dovuto fare i conti -al momento non del tutto risolti- a seguito del neoplatonismo migrato nel corpo dottrinale della Chiesa nascente, l’ingarbugliata dottrina della predestinazione è la logica conseguenza.
Agent causation
Sono decine le differenti opzioni teoriche che la filosofia ci offre per risolvere il problema del libero arbitrio, ma mica è semplice abbracciarne una. Il problema è che considerando, da una parte, l’evidente possibilità che abbiamo di scegliere questo invece di quello e, dall’altra, l’osservazione che tutti i fenomeni e gli eventi naturali sono necessariamente e meccanicisticamente determinati da altri precedenti eventi, non vedo ragione per cui gli umani dovrebbero fare eccezione.
Nella confusione è un po' da invidiare la soddisfazione della madre che prende a ciabattate il figlio che mal si comporta. Sembra atto istintivo e reattivo, invece ce ne vuole di impegno per riconoscere nel figlio -e, dunque, nell’evento Homo sapiens- l’assoluta autodeterminazione di ognuno; soggetto agent causation dicono oggi alcuni filosofi, vale a dire potere attivo effettivo in capo all’agente, ovvero libertà e per questo responsabilità e personale imputabilità.
Che percorso teoretico avrà svolto la signora per raggiungere una così indubitabile certezza?
Inorganica forza vitale
Oggi i gatti sono eccitati da improvvisi scoppiettii, sono i baccelli del glicine che hanno iniziato ad aprirsi sparando i semi intorno. I baccelli sono da tempo morti e rinsecchiti eppur si muovono al tempo giusto della semina, prima si torcono a spirale e poi si spaccano di colpo spargendo i semi intorno gonfi del loro programma genetico.
In quei baccelli secchi non c’è traccia di metabolismo e quel muoversi è puramente meccanico, un mero mutamento di strutture fisiche procurato da temperature e umidità, nondimeno moto vitale nel suo determinare con estrema precisione il programmato processo riproduttivo.
Nel funzionamento naturale il confine tra l’inorganico e l’organico, l'inanimato e il mondo vivente, non è poi così netto.
cm³
Ecco che implementiamo mito, poesia e musica per essere ricompresi in un racconto condiviso, interpretiamo la Natura così da consolarci nell’appartenervi, costruiamo Dio per essere salvati da un’alleanza e lo eliminiamo se non funziona più, facciamo scienza per indagare le cose e la tecnica per farle funzionare e la filosofia per provar, di tutto questo, a capirci qualcosa.
Strano che quel modesto ingrossarsi di un cervello di scimmia abbia, nel bene e nel male, prodotto tanto. Ma che ci sarà mai dentro quel paio di cm³ in più?
Metafisicamente ibridi
“E voi chi dite che Io sia?” e suo malgrado, eterogenesi dei fini, fondò la cristologia, quell’estenuante ricerca che prova a definire quote e a calcolare percentuali dell’umanità e della divinità di Gesù, pancia della storia della Chiesa che ha determinato l’intero pensiero occidentale.
Non poteva essere che così: la domanda precede il cristianesimo nel suo implicito chiedere a ognuno di noi: “Tu che sei?” riformulazione dell’antica esortazione “Conosci te stesso”, che il neoparmenidismo alla Severino ha riproposto affermando che “siamo re che si credono mendicanti”; re nel sempiterno essere che ci costituisce, mendicanti nel susseguirsi dell’apparire delle contingenze.
Che siamo non lo so, ma che siamo metafisicamente ibridi mi sembra certo.
Tutto da rifare
Con tutta la potenza che Dio ci ha messo per farsi uomo, non so se l’abbia presa tanto bene quando gli uomini l’hanno ritrasformato in dio.
Coerenza incoerente/incoerenza coerente
Un certo tradizionalismo cattolico afferma il perfetto coincidere di Gesù Cristo col Magistero della Chiesa, in quanto sacra istituzione che per volontà di Dio manifesterebbe nella storia il mistero dell’incarnazione di Cristo. Tradizione vivente che permetterebbe agli uomini del nostro tempo di incontrare il Dio eterno. Istituzione divina che nella sua oggettiva alterità smantellerebbe alla radice le nostre inconsce e intimistiche proiezioni assemblanti un dio costituito da parti di noi stessi, invece del Dio vero.
In tale concezione ecclesiologica un qualsiasi differenziare Gesù Cristo dal Magistero, o la dottrina della Chiesa dai vangeli, è divisione impensabile. Nel periodo di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI -papati perlopiù fedeli a questa linea- il primato dell’entità Gesù-Chiesa-Vangelo-Dottrina era stato spesso brandito contro l’assedio, in fin dei conti più supposto che reale, delle differenti e circostanti culture[1].
Coloro che all’interno della Chiesa esprimevano degli argomentati distinguo venivano richiamati all’obbedienza papale, al punto che il dogma ottocentesco della sua infallibilità era tornato alla ribalta. Il fedele tradizionalista professava il Pastor Aeternus, proclamava il Pastor Aeternus, enfatizzava il Pastor Aeternus e gli arrivava tra capo e collo Papa Francesco che, impegnato in cose ben più urgenti e serie, evitava di interpretare il Pastor Aeternus; svolta storica[2].
Ma può esistere un evento più tragicomico per il tradizionalista, che più è fedele alla sua concezione dottrinale obbedendo al Papa più la tradisce visto che il Papa lo invita a tutt’altre fedeltà? Costretto in un aut-aut paradossale e irrisolvibile fra coerenza incoerente o incoerenza coerente. Un po’ di solidarietà se la merita tutta[3].
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1 «Come se la “verità” fosse una persona così indifesa e goffa, da aver bisogno di difensori!» (Nietzsche, Al di là del bene e del male)
2 Ieri ho visto un video dove Mons. Corrado Lorefice arcivescovo di Palermo, scandagliando le ragioni che hanno generato connivenze tra una certa Chiesa e la mafia scorgeva un “meccanismo clericale perverso [dove] invece di mettere al centro il vangelo si [è] perseguita la logica di mettere al centro la Chiesa […] la conservazione dell’istituzione più di tutto e prima di tutto.” Un capovolgimento di galassie rispetto a una consolidata e opposta concezione dottrinale che solo pochi anni fa imperversava.
3 Tutto sommato meglio un irriducibile rispetto a chi si conforma di continuo a dove tira il vento.
Lettera ai romani
Questa mattina ho constatato che senza gemere attendendo con impazienza la rivelazione dei figli di Dio, così da essere liberate da ancestrali caducità, sottomissioni e corruzioni, le gemme dell’ippocastano sono più turgide di ieri, così, per conto loro.