Io e appartenenza
Se qualcuno non avesse trovato i gemelli sotto alla lupa starebbero ancora là a ululare, per conoscerci persone abbiamo il bisogno vitale di appartenere alla comunità umana. La cosa strana, per certi versi miracolosa, è che questa continua interconnessione costitutiva tra singole unità psichiche, invece di produrre individui sempre più standardizzati e uniformi, perché miscelandosi stemperano vicendevolmente le proprie singolarità, genera al contrario precise individualità, tutte uniche e sempre differenti.
Che si oppone a questo processo producendo disastri è evidentemente l’individualismo personale, ma l’individualismo di gruppo non è meno deleterio. Con individualismo di gruppo intendo quel processo psichico che accade a chi si affilia a certi fondamentalismi, dalle mafie alle sette religiose. Gruppi che sfruttando l’innata potente tendenza d'affidarsi all’Altro, la pervertono spingendo a identificare l’io del partecipante con il gruppo di appartenenza, fino al punto che quell’io si trasformi in un noi [1]. Un (piccolo) noi al posto dell’io, ma in questo essere gruppo invece d’essere qualcuno non si è più nessuno e nessuno è, purtroppo, capace di tutto; se io non esisto anche l’altro non esiste e se gli spacco i denti manco mi accorgo.
______________________________________
1 «L’individuo ha rapporto con Dio solo attraverso il suo popolo, la sua tribù, la sua casta, attraverso appunto la sua appartenenza ad una collettività. Da un punto di vista psicologico si tratta qui di uno stadio iniziale dell’evoluzione umana o religiosa, cioè di una religiosità del noi, di impronta primitiva, in cui il singolo non esiste ancora affatto come individuo autonomo. Questo stadio evolutivo viene definito da C.G. Jung, con l’impiego di un termine dello studioso delle religioni Lévy-Bruhl, come quello della "participation mystique". Ciò significa che si tratta di una partecipazione pre-personale e pre-individuale di ciascuno al tutto». (Hanna Wolff , Vino nuovo - Otri vecchi, il problema d'identità del cristianesimo alla luce della psicologia del profondo).
Qoelet, il giusto tempo
Il 3 ottobre 1966 Emil Cioran scriveva nei suoi Quaderni:
“Stasera verso le undici incontrato Beckett. Siamo entrati in un bar. Abbiamo parlato del più e del meno, di teatro e poi delle nostre rispettive famiglie. Mi ha chiesto se stavo lavorando. Gli rispondo di no, gli spiego l’influenza nefasta che ha sulla mia attività di scrittore il buddhismo, da cui non riesco a staccarmi. Tutta la filosofia indù esercita su di me effetti anestetizzanti”.
Pure a me esercita gli stessi effetti e va bene così, purché non equivochi il giusto momento per vivere e il giusto momento per morire, morendo quando bisogna vivere o accanendomi nel durare nel momento che occorrerà cessare.
Paradigmi
Lo studente della Bocconi, la ragazza olandese degli Hare Krishna e il tifoso laziale, dicono che il mondo è una rappresentazione personale, invece marmotte, querce e grilli affermano che il mondo, ordinato e reale, sta in piedi per conto suo.
Range
Modo empirico per effettuare un emocromo psichico è monitorare il grado di scostamento fra pensiero, parola e prassi.
I valori normali per l'uomo adulto variano tra i 13,5 e i 18 gradi di coerenza, sotto i 13,5 si è macchine, sopra i 18 non si è più padroni in casa propria; nella donna i valori normali variano tra i 12 ed i 16 gradi di coerenza.
Il principio del Nirvana
Ma l’asceta che desiderando una nuova e più piena vita attua la morte del desiderio personale, è mosso da pulsione di vita o di morte?
Strategie
C’erano due fratelli, mentre il mondo indifferente alle loro aspirazioni ideali andava da tutt’altra parte, uno manifestava in piazza l’altro si ritirava in clausura.
Il supremo e un po' noioso dogma del concetto
Istinto, emozione, sentimento, ma è perlopiù il concetto a farci funzionare. Avrebbero potuto essere la musica o gli odori oppure i colori, invece si è imposto il concetto e la sua fondante metafisica.
Non poteva essere che così, il sentimento può comprendere ma è inadatto a definire, configurare, categorizzare, veicolare, collegare e gerarchizzare informazioni così da poterle elaborare.
Davvero performante il concetto, ma niente di più che un mero strumento adatto alla nostra limitata e provvisoria dimensione, la natura sembra farne a meno.
Senso e precetto
Un'esistenza che tende a un fine ultimo, a una meta finale nota, precisa e univoca, si svolgerà ottemperando una procedura.
Misteri canini
Il cane di Hitler amava il suo padrone, così, a pelle, non so se a causa di una sua coscienza molto più limitata rispetto alla nostra o incommensurabilmente più estesa.
L’occhio di Dio
Con lo sguardo svincolato dal suo occhio poneva le cose in un universo non più binario, in quella nuova posizione metafisica nell’ordine del mondo quanto accaduto di irreparabile permaneva ancora irreparabile, ma andava a posto.