Può anche essere che ciò che chiamiamo io sia nient’altro che una credenza o una convenzione, che sia sprovvisto di unità e identità propria, che non sperimenti alcunché ma che sia invece prodotto delle esperienze:
“fasci o collezioni di differenti percezioni che si susseguono con una inconcepibile rapidità, in un perpetuo flusso e movimento”, perché “la mente è una specie di teatro, dove le diverse percezioni fanno la loro apparizione, passano e ripassano, scivolano e si mescolano con un’infinita varietà di atteggiamenti”, come sosteneva Hume.
Ma come è mai possibile che questo teatro senza regista, che questo indeterminato flusso di percezioni di nessuno, sia consapevole della propria struttura, al punto da poterla dettagliare con tanta precisione come ha fatto Hume? Non appena affermi d’essere nessuno sei subito qualcuno.